giovedì 1 ottobre 2020

Contesa Entellina e Territorio. Cosa c'è da valorizzare (6)

Tesori ritrovati

1968-2008

Storia e Cultura Artistica

nell'Abbazia di Santa Maria del Bosco di Calatamauro

e nel suo territorio dal XII al XIX secolo

a cura di Mariny Guttilla

 III. La Mostra

Per tale ragione, di tali tesori ritrovati appariva insufficiente la sola, seppure significativa, ricostruzione storica quanto diventava necessaria, -e per taluni aspetti determinante- la ricostituzione visiva. Perchè i frammenti della storia e della memoria, dell'arte e della spiritualità monastica si potessero alfine ricomporre, risarcendo idealmente le trame interrotte del tessuto culturale in cui un tempo erano inseriti.

I due dipinti:
la buona morte
e
la cattiva morte

si trovano a Contessa Entellina
nella Chiesa di Santa Maria della Favara.

I dipinti, di dimensione modeste, che con
evidenza mostrano la mano del cappuccino
 Felice da Sambuca, trattano temi di repertorio
nella produzione del pittore nonchè nelle
finalità didascaliche di un ordine dedito
per statuto all'elemosina, alla penitenza e
alla mortificazione della carne. Riconducibili
quindi ad un ordine monastico, anche se non
direttamente benedettino, i due dipinti sono
in questa sede a riprova di un filone divergente
dai consueti canoni accademici, che, seppure legato 
a quel carattere strettamente pietistico-devozionale
diffuso nell'ambito dell'entroterra palermitano
grazie al permanere di una religiosità popolare,
appare dotato di una più fresca ed accattivante 
inventiva. E' quella appunto interpretata da Felice,
che conferisce agli exempla virtutis, cari alla
committenza religiosa, nuovo gusto e sapore,
distaccandosi nettamente dalla retorica accademica,
e spesso importata, degli Ordini "maggiori".
Le due piccole, gradevolissime tele rendono
testimonianza di quel filone più autenticamente
popolare, che sebbene su un piano diverso è stato
messo in relazione  con la pittura del Traversi,
ma che in rapporto alla visione caricaturale e
corrosiva, quasi dissacrante e grottesca della
società del tempo  portata avanti da 
quest'ultimo, rivendica il ruolo di "arte popolare",
fatta di una quotidianità più autenticamente
genuina e senza risvolti accusatori, che così
come si distacca nettamente dalla retorica
ufficiale con altrettanta decisione prende
le distanze dalla polemica sociologica.

Il commento è tratto dal
testo "Tesori ritrovati 1968-2008"
curato da Mariny Guttilla (pagg,
180-181)


Intesa nel significato reale di "ritrovamento", l'idea di base è stata quella, come si diceva, di riunificare tali testimonianze dello splendore dell'abbazia - dipinti, sculture, pergamene, arredi liturgici, bassorilievi, intagli lignei, maioliche, testi a stampa - collegate dalla comune appartenenza alla storia e alla vita culturale benedettina, nel primo tentativo di ricomposizione ed insieme di esposizione del patrimonio abbaziale, messo a confronto con altre opere  nell'ambito della produzione artistica del territorio. Sul fronte dell'arte è apparso opportuno, infatti, istituire collegamenti tra i valori impliciti delle opere e dei materiali oggi in frammenti con altri manufatti  della cultura artistica  del territorio in un sistema di rimandi, che aiuti i contemporanei a chiarire l'intreccio delle connessioni fra i luoghi e la storia. In altri termini, l'intenzione alla base  del progetto scientifico, oltre alle ragioni fondanti della "riunificazione" visiva, è stata quella di collegare i processi messi in moto ed elaborati all'atto della produzione artistica sia al contesto storico e geografico, sia agli orientamenti culturali e al gusto estetico dei committenti: semplici religiosi, abati o notabili influenti, ai fini di una maggiore comprensione proprio delle opere stesse e di un'area culturale di cui divenivano espressione -un ambito geografico, peraltro, considerato "periferico" rispetto al "centro" delle città capitali - in una visione più articolata dei rapporti che interagiscono fra opere d'arte e contesto storico, e tra centri di produzione dell'arte e luoghi del sapere e della storia.

L'ordinamento espositivo risponde -a mio avviso - al raggiungimento degli obiettivi  previsti. Un percorso unitario -introdotto da un pannello didattico sulla collocazione geografica, ambientale e paesagistica del sito -è affiancato da tavole con regesti cronologici della storia della Sicilia e della genesi costruttiva dell'abbazia e accompagnato da tre video che descrivono gli ambienti architettonici del monastero, lo stato attuale della chiesa con i fregi ornamentali superstiti accanto alla originaria disposizione delle cappelle e degli arredi decorativi, altari, balaustre, cornici e ornati in stucco, maioliche, elementi lignei e lapidei, individuati nella loro primitivsa collocazione grazie ad antiche riproduzioni fotografiche.

Chi è interessato può leggere il precedente testo, pigiando, su 

II Metodologia di ricerca storica e documentaria

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