martedì 29 settembre 2020

L'Italia fascistizzata. ll razzismo emergente dai discorsi politici, mediatici e istituzionali dei nostri giorni (5)

 Il  Fascismo, oltre che la dittatura,

realizzò uno stato totalitario?

Premesse al Fascismo, per capire perchè si arrivò ad esso

L'unificazione italiana, l'abbiamo appreso dai libri scolastici, è avvenuta su iniziativa e determinazione del regno di Sardegna (o come lo denominano alcuni storici del regno del Piemonte). In una prima fase ci fu il sostegno francese all'unificazione italiana ma successivamente si ebbe un periodo di contrarietà  francese. Con Napoleone III infatti, che ritenne di avere bisogno del sostegno dei cattolici d'oltralpe, la Francia sostenne il potere temporale di Pio IX, ma dopo la sconfitta di Sedan, Roma potè senza ostacoli diventare  capitale del Regno d'Italia.

Molti problemi insorti nel dopo unità -tuttavia- lasciavano nei patrioti un grande senso di incompiutezza della stessa unificazione del Paese. Molti territori "irredenti" restavano infatti ancora fuori dai confini sotto il governo dell'Austria (il Trentino e Trieste) e tanti "nazionalisti"  ponevano pure all'attenzione del paese ciò che chiamavano mance  date a Napoleone III nel 1860 riferendosi a Nizza e Savoia. 

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All'inizio del 1900 l'Italia, aderente alla Triplice Alleanza (Germania, Austro-Ungheria, Italia) rallentò i rapporti con questa per riavvicinarsi alla Francia e da subuto i movimenti irredentistici anti-austriaci presero vigore fino al punto che nel 1915 l'Italia, dopo una breve pausa di neutralità, entra in guerra alleandosi con i paesi dell'Intesa che le avevano promesso i territori detenuti dall'Austria.

L'Italia non era affatto unificata ancora nel 1915

In realtà l'Italia del primo Novecento non era per niente unificata. Il Mezzogiorno non era semplicemente sottosviluppato ma agli occhi di tanti era una "colonia" del Nord. Era stato il Nord a volere l'unificazione -ad esclusione di F. Crispi- e a prevalere nell'azione dei governi succedutisi erano solamente gli interessi del Nord. I giornali ancora recentemente ricordano che Cavour, padre dell'unità d'Italia, non mise mai piede nelle regioni del Sud al pari di Giolitti che fece un solo viaggio in una regione meridionale. Il Meridione, nel quadro di grande disinteresse nei suoi riguardi che ci fu dal 1860 al 1914 non potè che peggiorare le sue condizioni. Il protezionismo varato nel 1878 e l'aggravio delle tariffe del 1887, nell'interesse delle industrie del Nord, non fecero altro che impoverire  ulteriormente il Sud che non potè più esportare gran parte delle derrate agricole (olio, vino, frutta ...). Nello stesso comparto agricolo il Meridione non riuscì a reggere la concorrenza del Nord non solo per l'avversione della classe politica settentrionale ma anche per ragioni naturali connesse al sottosviluppo: scarsità di terre fertili ed irrigate, carenza di carbone e possibilità di produrre energia elettrica, lontananza dai mercati del Nord Europa. Peraltro l'assetto agricolo meridionale e soprattutto siciliano era caratterizzato dalla presenza del latifondo e dalla relativa produzione estensiva, oltre che dall'assoluta mancanza di investimenti.

Il Sud non perdette tempo, dal 1860 dell'Unità del Paese, a divenire "palla al piede" della neo-nata Italia. Nessun governo dell'Italia liberale  mai provò ad affrontare quella realtà che dall'unificazione in poi vide di anno in anno aggravarsi la situazione socio-economica. Si, qualche sparuta iniziativa fu varata: esenzioni fiscali ai latifondisti, sovvenzioni a chi intendesse impiantare industrie, piccoli sforzi per dei tratti di ferrovia. Ma il governo mai intese affrontare sul serio la condizione del Sud.

Da un volume di storia leggo che nel periodo 1862-1896 lo Stato spese in lavori idraulici: 270milioni al Nord, 187 al Centro e 3 milioni al Sud. Per le opere portuali il Nord ricevette 142 milioni ed il Sud 86 milioni. Nel periodo giolittiano furono varate tantissime leggi per sviluppare la Sicilia, la Basilicata, la Sardegna: gli effetti furono semplicissimi, quelle leggi oltre che essere pubblicate sulla gazzetta ufficiale non videro mai alcun effetto, nessuno provò ad applicarle.

Tutti ci chiediamo: "cosa fecero le classi dirigenti meridionali del dopo-unità?". In una prima fase reagirono con una ferma opposizione nei confronti del nuovo governo dell'Unità ma essendosi rivelata infruttuosa scelsero, esse che erano tutte composte da agrari latifondisti, di venire ad una intesa con la borghesia settentrionale: Investimenti e sviluppo al Nord e conservazione del potere economico nelle campagne e del potere politico locale nel Sud. Sorsè così "l'alleanza" fra gli industriali settentrionali e i latifondisti meridionali, denunciato sui libri di Gramsci che volle mettere in luce l'allargamento del fossato che separava le due Italie. Pure lo storico Sergio Romano scrisse che bisognava scegliere "fra due diverse strategie: l'accumulazione capitalistica o l'integrazione sociale. La classe dirigente scelse la prima senza esitare" consapevole degli effetti e degli squilibri socio-economici che ne sarebbero conseguiti.

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