sabato 25 luglio 2020

Alle radici del Cristianesimo


Oggi, quarta domenica di luglio 2020, nella Chiesa cattolica di rito  bizantina, si proclama il brano del Vangelo di Matteo 14, 14-22

Date loro voi stessi da mangiare !

14, 14 E, uscito, vide molta folla
          ed ebbe compassione di loro
          e curò i loro infermi.

14,15 Ora, giunta la sera,
          gli si avvicinarono i discepoli 
          dicendo:
          Deserto è il luogo
          e l'ora è già passata;
          congeda le folle,
          che vadano nei villaggi
          e si comprino cibi.

14,16 Ora Gesù disse loro;
          Non hanno bisogno di andare;
          date loro voi stessi da mangiare!
         
14,17 Ora gli dicono:
          Non abbiamo qui
          se non cinque pani e due pesci.

14,18 Ora disse:
          Portateli qui a me!

14,19 E, ordinato alle folle di sdraiarsi sull'erba,
          presi i cinque pani e i due pesci,
          alzati gli occhi al cielo,
          benedisse,
          spezzò
          e diede
          i pani ai discepoli
          e i discepoli alle folle.

14,20 E mangiarono tutti
          e furono saziati;
          e levarono di ciò che sovrabondò dei pezzi
          dodici ceste piene.

14,21 Ora quelli che mangiarono
          erano circa cinquemila uomini,
          senza le donne e i bambini.

14,22 E subito costrinse i suoi discepoli
          a entrare nella barca
          a precederlo nell'altra riva,
          finchè non avesse congedato le folle.

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L'uomo è ciò che mangia
Il racconto a sfondo messianico, richiama l'eucarestia, pieno di misericordia, guarisce le folle (vv. 13-14); 
i discepoli hanno un programma diverso dal suo (vv. 15-18);
lui prende il pane, benedice e lo dà a loro perchè ne offrano a tutti (vv. 19-20).

Silvano Fausti
(1940-2015), gesuita, è stato docente di Teologia

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Due domeniche passate abbiamo offerto a leggere su questa pagina domenicale alcuni brani ripresi dall'Introduzione  del libro  di Jean Claude Larchet (Terapia delle malattie spirituali), ed. San Paolo.
Proponiamo altro testo per concludere la lettura della introduzione.

Questa immagine possiede, peraltro, un fondamento scritturistico particolarmente solido. Il Redentore è anche il Salvatore; se noi siamo riscattati, siamo anche salvati: ora si dimentica troppo spesso che il verbo "salvare", frequentemente usato nel Nuovo Testamento, significa, non solo "liberare" o "trarre fuori da un pericolo", ma anche "guarire", e che il termine "soteria" (salvezza) indica non solo la liberazione, ma anche la guarigione. Il nome stesso di Gesù significa "Jhwh salva" (cfr Mt. 1,21; At 4,12), in altre parole, dunque"guarisce". E il Cristo presenta se stesso, molto direttamente, come un medico (cfr. Mt. 8,16-17; 9,12; Mc. 2,17; Lc 4,18.23). Del resto, è come tale che spesso i profeti lo annunciano (cfr. Is 53,5; Sal 102,3) e che gli evangelisti lo caratterizzano (cfer Mt 8,16-17); la stessa parabola evangelica del Buon Samaritano può essere a buon diritto considerata come una rappresentazione del Cristo Medicoi. Durante la sua vita terrena, infine, diversi suoi contemporanei andarono da lui come verso un medico.
 
 I Padri, quasi unanimemente, e fin dai primi secoli, gli attribuiranno in modo corrente il nome di Medico, aggiungendovi spesso i qualificativi di "grande", "celeste", "supremo", precisando inoltre, secondo il contesto  "dei corpi", "delle anime", più frequentemente  "delle anime e dei corpi", sottolineando che è tutto l'uomo che egli è venuto a guarire, Questa definizione appare al centro stesso della liturgia di San Giovanni Crisostomo e nella maggior parte  delle formule sacramentali. La si ritrova costantemente in quasi tutti i servizi liturgici della Chiesa ortodossa e in molte formule di preghiera,

Se Cristo appare un medico e la salvezza che egli porta come una guarigione, ciò vuol dire che l'umanità è malata. Osservando nello stato adamico primordiale lo stato di salute dell'umanità, i Padri e tutta la Tradizione vedono nello stato di peccato che caratterizza l'umanità decaduta in seguito al peccato originale uno stato di malattia multiforme che colpisce l'uomo in tutto il suo essere. Questa concezione di umanità malata di peccato trova un fondamento scritturistico ((Mic 7,2; Is 1,6; Ger. 8,22; 28,9; Sal 13,7; 143,5) approfondito dai Padri. Questi, sulla scia dei profeti, ricordano l'impotenza degli uomini dell'Antica Alleanza a trovare un rimedio ai loro mali, tanto questi sono gravi, ricordano, altresì, la loro invocazione a Dio, lungo le generazioni e la risposta favorevole di Dio che ha voluto l'Incarnazione del Verbo l'unico, perchè Dio, in grado di compiere la guarigione che essi attendevano.
   E' così che in questi momenti diversi, l'opera salvifica di Dio-uomo appare come il processo della guarigione, nella sua persona, dell'intera umanità che egli ha assunto e della restituzione all'umanità dello stato di salute spirituale che essa ha in origine conosciuto. In questo modo, il Cristo ha  portato alla perfezione della deificazione la natura umana così restaurata.

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Jean Claude Larchet
 

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