domenica 31 maggio 2020

Cognomi e Storia. Italiani di origine albanese: Cuccia ....... a cura di Mimmo Cuccia

Cuccia 

























I Cuccia nell’Albania di Skanderbeg

Museo di Croja, esterno
I Cuccia, nella forma albanese Kuka o Kuçi, sono molto presenti nei testi che parlano della biografia dello Skanderbeg, delle sue imprese militari e della sua azione politica.
Nel “Tesoro di Notizie su de’ Macedoni” di Nicolò Chetta, pubblicato nel 2002 a cura del Comune di Contessa Entellina e dell’Università degli Studi di Palermo, nelle pagine 264, 268 e 273, si parla diffusamente delle imprese militari ediplomatiche di Paolo Cucchia, inviato come ambasciatore di Giorgio Castriota presso il Papa e il re Alfonso di Napoli. Di Giorgio Cucchia si parla nelle pagine 295, 300. Anche Giorgio Cucchia, cappellano dello Skanderbeg, compì per conto del principe albanese missioni diplomatiche presso il Pontefice di Roma. Sempre nello stesso volume del Chetta, a pag. 309, si parla di un Giorgio Cucchia, valoroso ufficiale dell’esercito albanese, catturato e scorticato vivo assieme ad altri sette eroi i cui nomi sono: Musacho Angelina, Gino Mysak, Giovanni Perlato, Nicolò Elisio, Giovanni Manessi, Vladenio Giuriz e Moise, questi ultimi due nipoti dello Skanderbeg.
Il cognome Cucchia è presente in molte altre pagine dell’opera del Chetta. Oltre che alle pagine 511 e 512 del volume, al paragrafo 253 “Catalogo delle siciliote famiglie albane”, in cui si parla delle famiglie albanesi presenti in Sicilia, i Cucchia vengono citati alle pagine 258, 335, 345, 375, 453, 444, 445, 446, 453, 454 e 470.
Dell’episodio della cattura e della condanna a morte di Giorgio Cucchia e degli altri sette valorosi ufficiali dell’esercito albanese parlano anche le altre biografie dello Skanderbeg. Vedasi “Storia di Giorgio Castriotto sopprannominato Scanderbeg Principe dell’Albania” pagine 184 e 185. Il volume, pubblicato a Palermo nel 1847, dalla Tipografia di Domenico Oliveri, è stato ripubblicato in ristampa anastatica dal Comune di Contessa Entellina nel 1998. Sempre nello stesso volume, a pag. 242, viene riprodotto il diploma di Giovanni di Aragona, indirizzato al nipote Ferdinando, re di Napoli, con cui raccomanda i nobili albanesesi, consanguinei dello Skanderbeg: Petrus Emmanuel de Pravatà, Zaccarias Croppa, Petrus Cuccia e Paulus Manisis. L’ autore dice che il diploma si trova nella Memoria di Palazzo Adriano del prof. Crispi, stampata nel 1827.
Dei Cuccia e di altre illustri famiglie albanesi dei tempi dello Skanderbeg, si parla anche nel volume “I Castriota Principi d’Albania” – Origine della Famiglia Castriota - edita da Valletta Tipografia del “Malta” nel 1929, e precisamente nelle pagine 36, 37 e 38.
Dai documenti e dai testi consultati o citati quello che parla dei rapporti di consanguineità tra i Castriota e i Cuccia è il diploma del re Giovanni di Aragona dell’ 8 ottobre 1467. Tale documento della cancelleria di Barcellona è stato alla base delle ricostruzioni storiche successive ed era stato pacificamente accetato dalla storiografia arbëreshë e italiana.  Se tale documento fosse frutto di un falso, così come sostiene il prof. Matteo Mandalà nel volume “Mundus vult decipi”, edito a Palermo nel 2007 da A.C. Mirror, mancherebbe il fondamento di tale ricostruzione storica. In ogni caso resta, comunque, storicamente provato il rapporto tra lo Skanderbeg e alcuni esponenti della famiglia Kuka o Kuçi, presenti nelle imprese militari e nelle missioni diplomatiche del Principe albanese, di cui parlano diverse biografie dello Skanderbeg.
I Cuccia e altre famiglie albanesi [1] del periodo di Skanderbeg sono presenti, oltre che nei saggi storici [2], anche nelle opere letterarie, del prof. Giuseppe Schirò, Direttore del R. Istituto Orientale di Napoli[3] . In tali opere di natura poetica, scritte sia in italiano che in albanese lo Schirò affronta il tema della loro emigrazione in Sicilia, dopo che era venuta meno in patria ogni possibilità di resistenza contro l’invasore ottomano in Albania.
Domenico Cuccia
   



[1] Reres, Cropa, Pravatà, Paolo Manes, Skirò, Musacchia, Bideri, Masrek e altri.
[2] Giuseppe Schirò, Opere VIII Saggi, “Cenni sulla origine delle colonie albanesi di Sicilia”.
[3] Giuseppe Schirò, Opere III e IV, “Te dheu i huaj” (edizione del 1940). Volume III Canto V pagine 150 e 151; vol. IV Canto II “Gli Antenati”, pagine 60 e 61, pagine; Canto VII “Giovanni Kastriota”, pagine 290 e 291.

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I Cuccia in Albania e in Italia
I Cuccia o Cucchia, in albanese Ku¢i o Kuka, sono presenti in varie zone dell’Albania. Nel nord est del paese vi è la città e il distretto di Kukës con una popolazione di circa 48.000 abitanti. Nel museo nazionale di Kruja, nella sezione dei principali collaboratori dello Skanderbeg, è esposta la statua di  Pal Kuka, con la didascalia che si trattava di un diplomatico; tale statua è stata da me fotografata. I testi di storia che parlano delle gesta di Skanderbeg riferiscono, oltre alle missioni diplomatiche di Pal Kuka, di un Giorgio Kuka cappellano di Skanderbeg, di un Giorgio Kuka, ufficiale dell’esercito albanese, caduto nelle mani dei turchi e da questi scorticato vivo, assieme ad altri sette eroi, di un Bajano Kuka. Un Oso Kuka è stato un eroe albanese di Scutari e la sua abitazione è in atto adibita a Museo.
Le notizie riportate sono state acquisite dalle tre biografie di Skanderbeg di cui sono in possesso. Per quanto riguarda Giorgio Cuchia i testi parlano di un cappellano dello Skanderbeg e di un ufficiale dell’esercito albanese, catturato e trucidato dai turchi (non so se si tratti della stessa persona).

Nicolò Chetta, rettore del Seminario Greco-Albanese di Palermo,  nato a Contessa Entellina il 31/07/1741 e deceduto a Palermo il 15/11/1803,  li ritiene originari della Macedonia, provenienti da un’area vicina all’attuale Albania. Il cognome albanese Kuça, Cuchia nei primi atti in latino volgare, redatti in Sicilia,  si è trasformato in Cuccia ed è presente in tutte le comunità albanofone siciliane.

In Sicilia, nei documenti riportati in pubblicazioni da me consultate, per la prima volta si incontra un Luca Cuchia e un Petrus Cuchia nel 1501 tra i firmatari dei Capitoli di Mezzojuso [1]; si incontrano un Ioannis Cuccia, Iuratorum huius universitatis Terrae Comitissae,  firmatario nel 1520 dei Capitoli di Contessa,   e un Leoluca Cuccia, magistro, tra i testimoni del Notaio [2]. Ancora a Contessa Entellina ritrovo ufficialmente il cognome Cuchia in un censimento (chiamato Rilevo) del 1593 [3]. Il cognome Cuccia è, inoltre, più volte citato nel saggio storico “Cenni sulle origini delle colonie albanesi di Sicilia” del prof.Giuseppe Schirò, docente di lingua e letteratura albanese presso il Regio Istituto Orientale di Napoli.

Bisogna tenere presente che tutti i capitoli di concessione dei terreni agli albanesi furono scritti in latinis vulgaribus da notai non albanesi, che traducevano nel volgare in uso in Sicilia i nomi albanesi. I membri delle comunità arbëreshë, che conoscevano entrambe le lingue, si impegnavano a spiegare ai loro connazionali i contenuti degli atti sottoscritti.
Gli immigrati albanesi in Italia hanno dovuto lottare duramemente per non essere sottoposti a un processo di latinizzazione forzata e per mantenere un rito, quello bizantino, che in un periodo di controriforma religiosa veniva visto, soprattutto dai vescovi latini, quasi come ortodosso scismatico. Qualche volta i vescovi ci sono riusciti, vedasi San’Angelo Muxaro, in Sicilia, o Spezzano albanese, in Calabria, dove il prete di rito greco è stato arrestato - con l’accordo tra il vescovo e il barone del luogo- ed è morto in prigione, mentre  tutto il popolo è diventato di rito latino.


Una circostanza, invocata dagli albanesi d’Italia a loro favore nei confronti di chi li guardava con sospetto, era il ricordo di Giorgio Castriota, definito dal Papa Atleta di Cristo, e i legami che legavano i profughi alle gesta dell’eroe albanese. Il re di Napoli era grato al Castriota per l’aiuto ricevuto nella lotta contro gli angioini e i nobili infedeli. Dopo il tentativo fallito, di Giovanni Castriota, di riaccendere la lotta in Albania (anno 1482) [1] e la caduta di Corone (anno 1532) vennero nell’Italia meridionale e in Sicilia, con gli altri profughi, i più stretti collaboratori dello Skanderbeg, moglie e figli compresi, e successivamente molti coronei.
Un documento, richiamato da alcune famiglie arbëreshë per tutelare la propria posizione, era una lettera del re Giovanni II d’Aragona al proprio nipote Ferdinando, re di Napoli, datata 8 ottobre 1467, in cui raccomandava alcuni nobili albanesi, definiti consanguinei dello Skanderbeg. L’autenticità di tale lettera, su cui si era basata tutta la storiografia arbëreshe a cominciare da Pompilio Rodotà, dal prof. Giuseppe Schirò, docente di Lingua e Letteratura albanese presso il Regio Istituto orientale di Napoli,  dal prof. Alessandro Schirò, dal sacerdote Spiridione Lo Iacono e altri, è stata recentemente messa in dubbio dal prof. Matteo Mandalà dell’Università di Palermo, in un suo libro intitolato: “Mundus vult decipi”.  In tale saggio l’autore, sulla base di una ipotesi avanzata anche da altri, ipotizza un falso. Lo stesso rilievo di falsità viene mosso nei confronti di un altro documento, sempre rilasciato dalla cancelleria di Barcellona, e datato 18 ottobre 1467.
In ogni caso, la mancata autenticità del documento della cancelleria del regno di Aragona non rileva ai fini della corrispondenza tra il cognome Kuka presente in Albania, ai tempi dello Skanderbeg, e il cognome Cuchia o Cuccia presente nelle colonie albanesi della Sicilia. Tale tesi è suffragata non solo da tutti gli storiografi  arbëresh ma anche dagli altri studiosi. Vedasi  il saggio: “Sviluppi onomastico-toponomastico tribali delle comunità albanesi di Sicilia” del prof. Giuseppe Valentini S.J, titolare della cattedra di albanese dell’Università di Palermo nel secondo dopoguerra. In tale saggio il Valentini studia l’etimologia e la provenienza di 48 famiglie siciliane di origine albanese. Per quanto riguarda i Kuçi (e non  Kuqi) il prof. Valentini ipotizza una antichissima origine nella località presidiata di Cucci, nel limite danubiano  di Pannonia, nel secolo IV.  Secondo il Valentini  i Kuçi furono una forte tribù albanese del nord, verso la piana di Podgorica, nominati fin dal 1335 e poi nel 1416 e, come una vera comunità, nel 1455.   Sempre il Valentini ci dice che il cognome Kuçi, per quanto con varia grafia, è largamente presente  tra gli stradioti, dal 1482 al 1547, con almeno 19 nominativi. Per il prof. Valentini, che conosceva bene l’Albania avendovi vissuto a lungo, è ipotizzabile che i Cuccia che sono presenti in Sicilia siano venuti direttamente dalla Grecia. In ogni caso  secondo il suddetto professore,  considerata la vastità dei toponimi, è difficile rintracciare la precisa origine albanese.
Durante la mia permanenza a Tirana, nel luglio del 2017, ho letto l’annuncio funebre di un Kuqi.
 I Cuccia, assieme ad altre famiglie albanesi  (Musacchia, Reres, Schirò e altri) hanno assunto un ruolo di rilievo nelle nostre comunità e, in atto, sono presenti in tutte le comunità albanofone della Sicilia. Ci sono, inoltre, altri Cuccia le cui famiglie provenivano dai centri albanofoni della Sicilia, presenti a Palermo e in altre città della Sicilia e d’Italia. Nell’ambito dei comuni di origine gli stessi hanno svolto nel passato, e continuano a svolgere, ruoli rilevanti nella comunità. Molti sono stati avvocati, notai, medici, insegnanti, dirigenti della Pubblica Amministrazione, sindaci, papas.  A Palermo una via è dedicata a Simone Cuccia, avvocato e noto giurista, docente di diritto penale dell’Università di Palermo e per diversi anni membro della Camera dei deputati. A Enrico Cuccia, di origine siculo albanese e uno dei più importanti banchieri dell’Italia del secondo dopoguerra, è dedicata una piazza di Milano.
I testi richiamati  descrivono pure le altre famiglie albanesi presenti in Sicilia, chi vuole approfondire la storia e l’etimologia dei cognomi delle altre famiglie lo può, pertanto, fare attingendo alle opere degli autori citati. Fornirò qualche notizia su alcune di queste famiglie, i cui nomi sono ancora presenti in Albania come ho potuto personalmente constatare, in uno scritto successivo. 

Domenico Cuccia

[1] I nomi di Luca Cuchia e Petro Cuchia, quali firmatari dei Capitoli di Mezzoiuso, sono riportati nel volume I Capitoli delle Colonie Greco Albanesi di Sicilia, raccolti e pubblicati da Giuseppe La Mantia, a pag. 51.
[2] Il nome di Ioannis Cuccia, quale firmatario dei Capitoli di Contessa, e di Leoluca Cuccia quale testimone del Notaro, sono riportati nel volume I Capitoli delle Colonie Greco Albanesi di Sicilia, raccolti e pubblicati da Giuseppe La Mantia, a pag. 52 e 57.
 [3] Il rilevo (censimento) del  1593, riportato nel volume di Alessandro Schirò “ Guida Illustrata delle Colonie Albanesi di Sicilia”, registra la presenza tra la popolazione di Contessa di Antonina La Cucchja, vedova con due figli, a pag. 21. 
[4] Secondo il prof. Giuseppe Schirò, dopo il fallimento della riconquista dell’Albania nel 1482, attuato da Giovanni Castriota figlio dello Skanderbeg, molti profughi  provenienti dalla città di Himarë, nella prefettura di Vlorë,  emigrarono in Sicilia, fondando la colonia di Piana degli albanesi. La tesi è stata fatta propria da alcune guide turistiche dell’Albania. Vedasi “Conoscere l’Albania”, testo in italiano pag. 103.

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