domenica 12 aprile 2020

La Sindone e la narrazione. Ancora oggi resiste l'antico enigma

La Sindone è forse la reliquia più famosa e più sbalorditiva della cristianità. 
La datazione al carbonio14 ha definitivamente stabilito che si tratta di un manufatto medievale, ma ancora oggi molti devoti non accettano il verdetto della scienza e suggeriscono svariate ipotesi alternative per inficiare la datazione di laboratorio e continuare a credere che il telo di Torino abbia davvero avvolto il cadavere di Gesù.
Paolo Cortesi

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Dal 1390 e quindi dal rescritto di Clemente VII passeranno ventotto anni senza che della Sindone si sia saputo nulla. Una circostanza che appare inquietante, scive Paolo Cortesi.
Nel 1418  Lirey si venne a trovare nella parte del territorio dominata dai Borgognoni ed i francesi alleati con gli invasori.
I canonici di Lirey ritennero prudente custodire la preziosa reliquia in un luogo più sicuro di quanto non fosse  il minuscolo villaggio dell'Aube; si rivolsero a Humbert conte de la Roche, signore di Villersexel e di Lirey, genero e successore di Geoffroy II de Charny.
Il 6 luglio 1418, il conte rilasciò una ricevuta ai canonici con la quale riconosceva di ricevere in custodia il tesoro della chiesa: il documento elencava gli oggetti che Humbert prendeva sotto la sua protezione, primo dei quali era "un drappo ove si trova la figura o rappresentazione del sudario di Nostro Signore Gesù cristo, il quale è dentro un cofano  ornato dello stemma dei de Charny".
Figura o rappresentazione ..? l'indicazione non lascia dubbi sul fatto che i canonici e Humbert de la Roche fossero consapevoli che il Sudario era un'opera di riproduzione, un'immagine che rimandava a un originale che non pretendeva di essere.
Non appena la tribulation, così fosse finita, il conte avrebbe restituito tutto il tesoro della chiesa di Santa Maria di Lirey ai suoi "amici cappellani", legittimi unici proprietari.
Humbert morì prima che gli fosse chiesta la restituzione della Sindone e la sua vedova, Margherita de Charny, si rifiutò di riconsegnare le reliquie, Sindone compresa, ai canonici che le chiesero più volte e, quando videro che la signora non ne voleva proprio sapere di rispettare l'accordo sottoscritto dal marito, si rivolsero ai giudici della corte di Dole che nei giorni 8 e 9 maggio 1443, emisero la loro sentenza: Margherita doveva rendere la sacra immagine.
Essa ottenne una dilazione e la stessa corte  la autorizzò a tenere presso di sé la reliquia fino all'8 maggio 1446 a condizione di pagare una forte indennità ai canonici ricavata dalle offerte dei devoti che ella avrebbe raccolto. Segno che attorno alla Sindone ruotava un giro di denaro.
Ancora nel 1446 Margherita non intese restituire la Sindone e al successivo processo e sentenza del 18 luglio 1447 ebbe una ulteriore dilazione fino al 28 ottobre 1449.
In quel Medioevo si assistette al trionfo delle reliquie e Margherita iniziò un tour della Sindone sino in Belgio, piuttosto che attendere i pellegrini.
Qualche tempo dopo Margherita regalò la reliquia alla moglie di Ludovico, duca di Savoia ed era l'anno 1453.

(Stiamo seguendo la traccia del testo di Paolo Cortesi)


(Segue)

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