martedì 7 aprile 2020

Cosa significa essere albanesi. Una lunga cronistoria

Dalla rivista Limes stralciamo alcuni testi

Il dibattito sulla nazione albanese è oggi dominato da quella che si chiama «questione nazionale» (çështja kombëtare). 
La questione nazionale ha origine dalla differenza esistente tra l’estensione dello Stato albanese e quella delle terre nazionali. Le frontiere stabilite nel 1913 per il nuovo Stato lasciano effettivamente fuori una parte importante dei territori popolati da albanesi e rivendicati dall’Albania fin dagli inizi del movimento nazionale, alla metà del XIX secolo: una parte del Montenegro (in particolare, la città di Dulcigno), 
il Kosovo, la Macedonia occidentale, 
la Ciamuria (in Epiro) 
e una parte della Macedonia greca (Kastoria, Florina). 
Tenuto conto delle concorrenti pretese di ognuno dei paesi balcanici e del generale sentimento di ingiustizia provocato dai trattati successivi alla prima guerra mondiale, la situazione albanese non è eccezionale; essa è presentata, tuttavia, come una specificità nazionale e dunque come un’ingiustizia: i vicini possiedono terre che non dovrebbero appartenere a loro. È frequente sentir dire, così, che «l’Albania è il solo paese circondato da territorio nazionale», o il solo paese «le cui frontiere sono circondate, esteriormente, da territorio nazionale» [4]. Un esempio dimostrerà l’importanza di questa mancanza di territorio quale è sentita dalla popolazione locale.


Se la Ciamuria, la Macedonia e il Kosovo sono grandi cause nazionali, almeno nelle affermazioni dei media e della classe politica, nessuna di tali regioni ingloba la regione greca situata di fronte alla città di Korçë, nell’Albania sud-orientale. 
Al di là di Korçë, tuttavia, i dintorni di Kastoria e Florina assumono un’importanza particolare: gli albanesi fanno notare che sebbene i villaggi dell’unità amministrativa di Kastoria siano abitati attualmente da greci e i villaggi dell’unità amministrativa di Florina siano stati e siano ancora oggi in parte abitati da slavofoni, tutta la regione è albanese e costituisce una parte dei «territori albanesi» (troje shqiptare), indipendentemente dalla popolazione che oggi li occupa. Se attualmente la popolazione non è più albanese – dicono – è perché gli albanesi sono stati scacciati. In realtà, quando fu effettuato uno scambio di popolazione tra Grecia e Turchia, in seguito al trattato di Losanna del 1923, gli abitanti di questi villaggi, in maggioranza musulmani, furono spostati verso la Turchia anche se erano di lingua albanese, e le loro case furono occupate da cristiani provenienti dall’Asia minore. Un piccolo numero di musulmani, tuttavia, attraversò la frontiera albanese e i loro discendenti vivono ancora oggi in Albania.


Il ragionamento che oggi si fa in Albania si presenta sotto due diverse forme: l’una veicolata da una locale élite intellettuale interessata alla storia dell’Albania e alla definizione delle sue frontiere, e l’altra portata avanti dai discendenti dei vecchi abitanti di questi villaggi, entrati in Albania nel 1924. Entrambe le versioni offrono un chiarimento sulla questione nazionale, in particolare sulla mancanza del territorio inerente alla nozione di patria, poiché si afferma che i villaggi di Kastoria appartengono alla «patria» (atdhevatan).


L’argomento principale della prima variante del discorso sui villaggi di Kastoria consiste nel dire che le frontiere attualmente albanesi, che datano 1913 (con leggere modifiche apportate nel 1924), non sono sempre state quelle di oggi e «in passato erano spostate molto più avanti». Si può così sostenere, come fa il direttore della scuola di un villaggio frontaliero albanese, che «in passato, le frontiere dell’Albania giungevano fino a Preveza, Grevera e Tessalonica (in Grecia). A nord, l’Albania comprendeva Dulcigno, Plav e tutto l’attuale Kosovo; in Macedonia, Tetovo e Skopje. L’Albania è stata impiccolita dalle grandi potenze». Poiché l’esistenza di «terra nazionale» oltre le frontiere statali non è limitata a territori a sud dell’Albania, la versione storica permette di riproporre la questione dei villaggi di Kastoria nell’ambito di un discorso generale sull’Albania. Nella differenza tra le frontiere nazionali e quelle dello Stato viene così messa in giuoco l’identità nazionale.


Le origini della versione storica sono politiche e possono essere rintracciate fin dalla fine del XIX secolo tra i promotori dell’indipendenza albanese. La stessa definizione «estremista» dei territori albanesi si trova in un libro recente di Rexhep Qosja [5], scrittore e uomo politico del Kosovo: tutto quello che non rientrava nelle frontiere degli Stati balcanici già costituiti nel 1912 (Grecia, Serbia, Montenegro, Bulgaria) è potenzialmente albanese e ogni acquisizione ottenuta da questi Stati dopo il 1912 è considerata una perdita subita dall’Albania.


La seconda variante può essere definita popolare, poiché non è proposta come un enunciato scientifico, ma è sorta dall’esperienza stessa della gente che dovette abbandonare i villaggi di Kastoria nel 1924. Secondo tale variante, fino al 1924 questi villaggi erano stati abitati da albanesi in maggioranza musulmani, che dovettero abbandonare le loro case, le loro terre e i loro beni quando «i greci deci­sero che la Grecia fosse dei cristiani». Un abitante di un villaggio frontaliero racconta: «Io sono nato nel febbraio 1924. Allora l’Albania si estendeva fino a Tessalonica… Mio padre parlava spesso di Revan (il suo villaggio natale, in Grecia); è morto con la parola patria sulle labbra».


Questa versione, come si vede, nasce da un’esperienza vissuta, quella dello scambio di popolazione tra la Grecia e la Turchia, avvenuto nel 1923. Contrariamente ai musulmani della Ciamuria, in Epiro, riconosciuti come albanesi e pertanto esclusi dallo scambio, sembra che la sorte dei musulmani di Kastoria, pure albanofoni, ma la cui «albanità» non fu riconosciuta, sia stata diversa. Ancora nel 1998 i musulmani albanofoni del vicino territorio albanese si definiscono «turchi», intendendo con ciò che sono musulmani.


Si noterà anche la dimensione religiosa della versione popolare: gli albanesi affermano di essere stati scacciati, in quanto musulmani, da un paese cristiano. La ragione per la quale viene sviluppato un discorso apparentemente irredentista non è tanto la speranza di veder l’Albania occupare un così vasto territorio, conformemente alla prima versione, e neppure la speranza di recuperare i soli villaggi di Kastoria. Bisogna piuttosto distinguere, nell’una e nell’altra variante, due essenziali dimensioni.



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