giovedì 9 gennaio 2020

14 gennaio 1968. Sono sempre meno le persone che ricordano (1)

Sbaglia chi pensa che
Ricostruzione del Belice
significasse  semplicemente
"case antisismiche" e nient'altro

Sul Blog, in passato, abbiamo provato a conservare la memoria su quanto accaduto nella Valle del Belice e soprattutto a Contessa, in quel gennaio del 1968. Lo abbiamo fatto sulla base di una consapevolezza: fra una o due (o forse tre decine di anni) saranno poche unità le persone che di quell'evento conserveranno esperienza e memoria. 
La ricostruzione è stata lenta,
frutto di mille lotte e di grandi battaglie .
Lo Stato ha privilegiato l'aspetto
assistenziale. "Avrebbe dovuto invece
puntare sulla rinascita", dice 
Vito Bellafiore,
allungo sindaco di Santa Ninfa
,
deputato regionale e senatore, e
protagonista con altre figure storiche
degli scioperi, delle proteste e delle
manifestazioni dei terremotati del
Belice.
Bellafiore oggi continua a essere
un testimone attento, ma
anche critico, di una tragedia infinita.
Non solo ne conserva lucidamente l
a memoria sin dalla notte in cui i paesi
della Valle vennero sconvolti dal
terremoto ma ricorre alla sua lunga
esperienza di amministratore per
raccontare, dice, "fatti e misfatti"
della ricostruzione. Lo fa anche
con un libro ("Storia del Belice. Dal terremoto
alla rinascita negata") in cui
traccia il bilancio di un "eterno presente".
Il fervore e la rabbia di quegli
anni fanno capolino tra i documenti
ufficiali e le tre relazioni al
Parlamento che Bellafiore ha firmato tra il
1994 e il 1999.
La memoria è elemento fondamentale per la vita individuale e soprattutto comunitaria. Secondo il veterano del giornalismo italiano, Eugenio Scalfari, nella memoria il tempo dominante è il "passato" poichè il presente passa rapidamente quando è il futuro a scacciarlo rapidamente. 
Da noi, a Contessa, nella Valle, si sta purtroppo verificando che non c'è -in assoluto- alcun futuro che riesca a scacciare via il passato. 

Come non constatare che in quest'angolo di Sicilia non esiste -purtroppo, lo ripetiamo-  una classe politica in grado di sviluppare un disegno di crescita del post-terremoto del 1968 ?, nel senso che finita la ri-costruzione delle case si sarebbe dovuto sviluppare un modello di crescita espressione del terzo millennio ?

I Sindaci dell'immediato post-terremoto erano tutti, proprio tutti, politici e tutti mostrarono la loro attitudine diventando componenti delle assemblee legislative, sia regionale (ars) che nazionali (camera o senato).
In assoluta carenza di un disegno socio-economico e culturale a beneficio della Valle e del suo destino umano per il futuro, che ovviamente non vorremmo cristallizzato e ferreo (che non appartiene agli esseri uomini, e lo dimostra la fallimentare esperienza nei paesi dell'est europeo), ma adattabile allo spirito dei tempi, continueremo sul Blog a occuparci di Storia e di inadeguatezza della nostra viabilità e dei servizi territoriali che dovrebbero caratterizzare un paese che -si dice- occupa l'ottavo posto fra le potenze mondiali. 
Negli anni sessanta e fino a non molti anni fa l'Italia era la quinta potenza (economica) del pianeta. 

Il nostro presente, su cui il blog da tempo si intrattiene, è quello della "desertificazione", termine che usiamo come equipollente allo spopolamento di Contessa Entellina, e non solo di essa; basta fare un giro per le strade dei nuovi centri abitati di Poggioreale, Salaparuta (vicini a noi) per rendersi conto che chi pensava  e tuttora pensa che "ricostruzione" significasse solamente case nuove e amplificazione dell'urbanizzazione non possiede lungimiranza.

L'emigrazione, che già nel 1968 era abbastanza spinta, fu nel dopo terremoto contratta, ma dagli anni novanta del '900 ad oggi ha ripreso un ritmo accelerato e parecchio più accentuato.  Nelle intenzioni dei sindaci di allora, poi divenuti quasi tutti legislatori, "Ricostruzione" non significò mai semplicemente (esclusivamente) nuove abitazioni, bensì rinascita dall'arretratezza verso una società nuova, ossia con possibilità di godere delle opportunità del terzo millennio per abbandonare l'assetto mediovale-contadino che avevano reso la Valle l'area più arretrata del Paese e della stessa Sicilia.

Come uscirne ? Per chi scrive, basterebbe ripigliare le intenzioni ed i disegni di legge presentati nelle varie assemblee legislative dai Bellafiore, Montalbano, Gulotta, Di Martino, Corrao etc, aggiornarli ed impegnarsi per la valorizzazione del territorio.
Quei sindaci fecero tutti, indipendentemente dalla loro appartenenza politica, la loro parte; adesso che la Valle ha perso la gran parte dei suoi giovani è necessario, è urgente, rilanciare la parte socio-economica dei disegni di sviluppo che essi avevano previsto.
Più tempo passerà e meno giovani ci saranno nella Valle e meno gente (i pensionati?) avrà voglia di lottare per il progresso e la rinascita di quest'angolo di Sicilia.

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