sabato 19 ottobre 2019

Flash sulla nostra Storia

No all'affitto
Si all'enfiteusi

Nostro proposito è quello di intrattenerci, per qualche tempo, sulla Storia del territorio contessioto -sotto il profilo socioeconomico- degli ultimi cinquecento anni. 
Fermo restando che ci occuperemo anche delle vicende politiche e di potere del periodo iniziale dell'epoca moderna (dalla scoperta dell'America alla Rivoluzione Francese) e di quella contemporanea (dalla fine del feudalesimo ai nostri giorni) nostro intento e nostra modalità di ricordare i cinquecento anni dalla fondazione di Contessa è -e sarà- di capire i tanti come e i tanti perchè la nostra comunità non è mai cresciuta in termini socio-culturali quanto nel frattempo il resto del mondo occidentale lo ha potuto fare a più latitudini.

Avremo più di un anno fino alla data simbolo del 2 dicembre p.v. (rievocazione dei Capitoli) per riflettere e approfondire (per chi lo vorrà) ragioni e ostacoli che hanno fatto del nostro paesino una culla che oltre un secolo e mezzo prepara la gente all'emigrazione ulteriore verso il mondo aperto e interessante quale ci appare ai nostri giorni.
Qualcuno ci evidenzia che il nostro taglio è poco patriottico. Mah !
^^^^^
^^^
Prima di addentrarci nell'esame del tipo di contratto che Alfonso Cardona propose alle persone eminenti della comunità arbëresh quel 2 dicembre 1520 (enfiteusi) dobbiamo ricordare che la presenza sul territorio di rifugiati albanesi risaliva ad almeno due generazioni precedenti, dalla seconda metà del XV secolo, quando erano arrivate le prime avanguardie dai Balcani, terrà legata alla Storia europea, ma ormai da decenni minacciata dal prorompere di forze e culture molto diverse ed avverse alla visione cristiana della vita. Punto fermo è sicuramente il 1453, anno in cui finisce nelle mani di Maometto II la Nuova Roma (Costantinopoli).
Erano genti quelle giunte nei territori dei Cardona prive ormai di identità e pure di visibilità sul piano pubblico, diremmo oggi. 
Dissentiamo quindi da quanto la pubblicistica locale finora riporta su Antonio e su Alfonso Cardona, benefattori degli ar
bëreshe in quel tramonto del Medio Evo. Nè d'altronde -va pure detto-  quei baroni erano dei sadici. Quelli erano tempi in cui non tutti gli esseri umani erano "persone". Oggi diciamo non tutti si è cittadini a cui fanno capo diritti/doveri. Infatti per tanti di noi italiani non sussiste la "persona" -e tutto ciò che il termine comporta- nei tanti immigrati che premono ai confini della "civile" Europa. Gli arbëreshe di Contessa secondo i riveli del cinquecento-seicento mostrano continui trasferimenti altrove di già residenti nella giovane comunità successiva all'ottenimento dei Capitoli, non tanto nei paesi vicini (Bisacquino, Chiusa ,,,) bensì verso Palazzo Adriano e Piana degli Albanesi. 

Per bloccare il de-flusso delle braccia lavorative i Cardona nel 1517 cercarono un rimedio e proposero ai personaggi influenti della comunità l'affitto dei feudi di Sarradamo-Musiche. Evidentemente, anche con il regime di affitto di due feudi, il deflusso dei residenti  nei casali continuò. Ad andare via fra un rivelo e l'altro sono coloro che possedevano un discreto patrimonio in termini di bestiame. Ad andare via furono quindi coloro che, in quei tempi non prosperi, possedevano una qualche forma di benessere.
Quel patto proposto dai Cardona (ossia l'affitto, senza credibile futuro) era -e non c'era da dubitarne- a tutto beneficio del barone e non dava sicurezza sul domani a chi non pensava più -ormai- di dover tornare un giorno in Albania, invasa dai turchi.

Quelle iniziali comunità presenti sul territorio oggi contessioto vivevano in piccoli gruppi, in quelli che in precedenti pagine abbiamo definito casali, case sparse fra Scirotta, Musiche e forse altrove. Meglio dire pagliai o impianti similari, stante la loro non stabile persistenza sui territori. 
Non era quindi ospitalità e benevolenza quella dei Peralta-Cardona, ma una forma di sfruttamento degli immigrati come oggi tanti di noi italiani usiamo fare con gli immigrati dei nostri giorni.
L'enfiteusi
Riteniamo opportuno riportare qualche considerazione relativamente alla natura del contratto agrario medievale in genere, che, pur nella sua strutturazione generale, presenta una grande varietà di figure economiche e giuridiche. 
Stefano Jacini, politico ed economista italiano della seconda metà dell'Ottocento, afferma che il contratto fra barone/suddito « non è dovuta al caso, ma alle condizioni locali, di clima, di terreno, di mercato, di vicinanza o lontananza da grossi e popolosi centri, che suggeriscono piuttosto questa che quella coltivazione; a ciascuna coltivazione, secondo che esige maggiore o minore diligenza per parte del coltivatore per ottenere il prodotto che si vuole, determina la convenienza di cointeressare più o meno il coltivatore nel prodotto, o di escluderlo dalla cointeressenza, corrispondendogli un salario, o di cedergli tutto il prodotto verso il corrispettivo di una determinata somma annua di denaro o di generi in natura, che è poi il piccolo affitto ».
Questa affermazione troverà piena conferma attraverso l'analisi dei singoli contratti tipici (l'affitto prima e l'enfiteusi dopo) che i Cardona proposero.
L'enfiteusi, originaria del cinquecento, come si sa, origina nell'oriente greco-romano, e si distingue nettamente dalle altre forme contrattuali per il suo carattere precipuo di locazione perpetua, od anche « ad longum tempus », conservante anche la finalità originaria, il « fiteuein », ossia il miglioramento del terreno agrario e la promessa di un futuro prossimo a ripopolare con altri sudditi il nuovo paese in modo da renderlo, secondo gli usi del tempo, idoneo a diventare una "Terra" con tutti gli organi/uffici previsti. Organi ed uffici comunque che i Cardona si riservano di dispiegare con persone che essi faranno arrivare dalle aree del messinese.   Persone di loro fiducia.

Temi quelli riportati su cui torneremo.

Nessun commento:

Posta un commento