sabato 21 luglio 2018

Sicilia e politici. La Corte Costituzionale ci salva da una ulteriore abbondanza di politicanti

La Regine Sicilia, nella terra dove i politici
amano il dolce dormire, avrebbe voluto
ripristinare l'elezione popolare
degli organi di governo delle Province.

Insomma un carico di trenta/quaranta
politicanti per ogni provincia, come se
non bastasse l'inconcludenza dei 70
di Sala d'Ercole.

Plaudiamo alla Corte Costituzionale, che
-comunque- su puri presupposti giuridici
(e non politici) ha bloccato l'ulteriore
reggimento di politicanti da dover
mantenere. 
La Corte Costituzionale è intervenuta sull'assetto istituzionale delle ex Province siciliane. I nostri politici (Ars) avevano, in controtendenza con quanto avviene nel resto dell'Italia, ripristinato l'elezione degli organi di governo delle province (presidente, Giunta, Assemblea) come se qui da noi avessimo carenza di politicanti e perdi-tempo.

La Corte ha proprio annullate le norme regionali che avevano reintrodotto l’elezione diretta degli organi amministrativi delle ex province. La “legge Delrio”, nazionale, che ha riformato gli enti locali di “area vasta”, si applicherà pertanto anche in Sicilia, nonostante il suo Statuto speciale. La Consulta ha deciso, anche prendendo come riferimento precedenti sentenze, che “le disposizioni sulla elezione indiretta degli organi territoriali, contenute nella legge n. 56 del 2014, si qualificano come «norme fondamentali delle riforme economico-sociali, che, in base all’art. 14 dello statuto speciale per la regione siciliana, costituiscono un limite anche all’esercizio delle competenze legislative di tipo esclusivo» (sentenza n. 153 del 1995; nello stesso senso sentenza n. 265 del 2013)”.
Le foto di questa pagina
attengono allo stato delle strade
provinciali di collegamento con
Contessa Entellina.
Le sporadiche manutenzioni avvengono
con i criteri "tappa buchi". 
Per Nello Musumeci, presidente della Regione Sicilia, “La sentenza della Corte costituzionale – al di là del marginale aspetto delle Province – suona ad offesa della dignità del popolo siciliano e della sua plurisecolare vocazione autonomistica”.  “L’avere di fatto cancellato, con un colpo di spugna, l’articolo 15 del nostro Statuto che riserva alla «legislazione esclusiva della Regione la materia di organizzazione e controllo degli enti locali» denuncia il malcelato e progressivo tentativo romano di smantellare l’Istituto autonomistico. A questo punto noi siciliani siamo chiamati a prendere una decisione non più rinviabile: o rinunciamo definitivamente alla nostra Autonomia, accettando il cinismo dello Stato accentratore, o ricorriamo alla magistratura sovranazionale nell’ultimo tentativo di difendere la nostra stessa identità. Per questo, ho concordato col presidente del Parlamento siciliano la convocazione di un’apposita seduta d’Aula per raccogliere la condivisione di tutti i deputati”.

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