martedì 29 maggio 2018

L'uomo e la Storia

Col Socialismo si scopre 
il Mondo del Lavoro


All'inizio del Novecento la paga di un bracciante è di una lira nel Nord Italia, meno e molto meno nella Sicilia dei latifondisti. A Vaccarizzo, masseria nel territorio di Contessa si offriva a un "iurnateri" un pezzo di pane e qualcosa ancora (pane, formaggio) da portare a casa, da offrire alla numerosa famiglia.
Il Movimento de Fasci siciliani, prima espressione di ciò che andava modulandosi il Partito Socialista era stato soffocato a colpi di fucilate e di arresti in massa. Da Contessa emigrarono a centinaia le persone ridotte alla fame e terrorizzate dal clima repressivo.

All'inizio del Novecento il Partito Socialista si era organizzato e strutturato sull'intero territorio del Paese e gli scioperi nelle campagne per migliori condizioni diventano frequenti. Pelizza de Volpedo porta a termine il famoso quadro "Il Quarto Stato", la massa di scamiciati, con donne e bambini che avanzano orgogliosamente. 
Dice: "Sento che adesso non è più l'epoca di fare l'arte per l'arte, ma l'arte per l'umanità" . 

E' il liberale Giovanni Giolitti che comincia a capire le esigenze del mondo del lavoro che specialmente nel Nord ormai si ritrovava nelle Leghe della Camera del Lavoro (CGIL) e politicamente nel Psi guidato da Filippo Turati, un riformista.
Caldeggiate dal deputato ed economista Luigi Luzzatti,  viene varata  la legge n 251 del 31 maggio 1903 che istituiva l'Istituto Autonomo Case Popolari.
Nel primo decennio del secolo soprattutto nel Nord, Lombardia in testa, decolla il processo di industrializzazione. A Torino è appena sorta la Fabbrica Italiana Automobili Torino (Fiat). I proprietari sono nove soci, tra i quali il cavaliere Giovanni Agnelli. La prima vettura prodotta è una seicento che ha la velocità massima di 35 km/ora.

Nelle campagne iniziano ad usarsi nuovi fertilizzanti, antiparassitari e soprattutto macchine. Il cambiamento comunque è lento e non uniforme sul territorio nazionale. La mentalità complessiva del Paese è prevalentemente conservatrice. La cultura riformista si radica soprattutto nel Nord dove la coscienza operaia che si alimenta nelle fabbriche assicura la conquista di numerosi municipi ai socialisti soprattutto nelle grandi città.
In quel primo decennio del Novecento serviva sia nelle fabbriche che nelle campagne molta manodopera e prevalevano le famiglie con dieci e più figli.

Il vocabolario delle famiglie, dei circoli nelle piazze di paesi e città si arricchiva di nuovi termini: socialismo, modernismo, sindacalismo e nel mondo della cultura, un pò più tardi,  pure di "futurismo", che si sarebbe presentato col Manifesto sulla rivista Figaro: "Noi vogliamo esaltare il  movimento aggressivo, l'insonnia febbrile, il passo di corsa, il salto mortale, lo schiaffo e il pugno. Noi vogliamo glorificare la guerra, sola igiene del mondo".

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