sabato 26 maggio 2018

Hanno detto ... ...

L’Europa non si fida del nascituro governo 

italiano. E lo spread rialza la testa. Ma diventerà 

davvero preoccupante quando Draghi chiuderà 

il paracadute per la nostra finanza pubblica.


Settimanale Spiegel 

“Italia scroccona, colpa di Draghi”,

«I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa»

«Come si dovrebbe definire il comportamento di una nazione che prima chiede qualcosa per lasciarsi finanziare il suo proverbiale “dolce far niente”, e poi minaccia coloro che dovrebbero pagare se questi insistono sul regolamento dei debiti? Chiedere l’elemosina sarebbe un concetto sbagliato. I mendicanti almeno dicono grazie, quando gli si dà qualcosa. Scrocconi aggressivi si avvicina di più» alla condotta dell’Italia. 
«In effetti si procede verso il ricatto», continua Spiegel, affermando che «rispetto all’Italia la Grecia è una bazzecola». «Se gli italiani decidono di non voler assolvere ai loro pagamenti, l’euro è alla fine e la Germania perderà tutti i soldi impegnati per salvarlo», si legge anche. E l’uomo che «ha fornito l’arma» che l’Italia punta contro i suoi vicini «siede a Francoforte», aggiunge il magazine, tirando in ballo Mario Draghi. Il «whatever it takes» pronunciato dal presidente della Bce nel momento più critico dell’eurocrisi, è la tesi, «è stato notato a Roma». «E adesso alla Bce non resta altro che continuare la sua politica perché ogni rialzo dei tassi porterebbe lo Stato italiano all’incapacità di pagare». 

L’articolo si conclude con un’osservazione dal tono quasi personale: «Io non ho nulla contro persone che vivono al di sopra delle loro possibilità. Per me l’Italia può continuare a praticare l’evasione fiscale come sport nazionale. Trovo però incomprensibile che si vogliano addossare i costi delle proprie decisioni politiche ad altri che hanno un’altra concezione della politica. Questo difficilmente si concilia con il mio concetto di democrazia». «Chi vorrebbe essere considerato uno scroccone? Gli italiani, così almeno pare, hanno superato questa forma di orgoglio nazionale» 
(Testo italiano ripreso dal giornale La Stampa)

EMANUELE MACALUSO, già dirigente della Sinistra
I giornali europei continuano a pubblicare editoriali molto preoccupati per il riverbero che la anomala situazione politica italiana potrà avere nell’Unione europea e più in generale nella vita politica del nostro continente. Nei giorni scorsi, il francese Le Monde (se ricordo bene) osservava che l’Italia è il Paese che ha concorso alla costruzione dell’Ue ma è anche il Paese che si appresta ad avere un governo costruito e retto da partiti antieuropei e antisistema.
Negli altri Paesi queste forze preoccupano ma sono in netta minoranza. È un fatto che fa riflettere anche sulla nostra storia. Nelle elezioni politiche del 1919, che si svolsero per la prima volta con il metodo proporzionale, il partito socialista e il partito popolare di Sturzo avevano la maggioranza in parlamento ma non costituirono mai un governo. E dai governi di Nitti e Facta, nel 1922, l’Italia diventa il primo paese europeo che conosce il fascismo. Sia chiaro, oggi non vedo e non c’è il fascismo alle porte anche se padre e figlio Di Battista minacciarono l’assalto della folla al Quirinale se il suo inquilino non avesse ubbidito ai loro ordini.
Certo, non c’è il fascismo. C’è però una similitudine dei comportamenti dell’establishment di allora e di oggi. Il fascismo vinse per la viltà della monarchia e per la compiacenza di forze liberali, cattoliche, per il transito di pezzi consistenti dell’establishment al nuovo potere. Oggi, la coalizione grillino-leghista ha reclutato pezzi dell’establishment che diceva di voler abbattere. Il candidato presidente del Consiglio, come abbiamo notato, si è arrampicato per appartenere alla casta di professionisti al servizio del potere, da chiunque incarnato.
Ieri ho scritto che il problema della coalizione antieuropea non era identificabile solo con il professor Savona come possibile ministro dell’Economia. Il quale, peraltro, ha un curriculum non taroccato e di tutto rispetto, come grande professionista dell’establishment: Banca d’Italia, Università, ministro di più governi e incarichi in tante occasioni in cui si esercita il potere.
Insomma, le preoccupazioni e gli allarmi europei per l’insediamento di un governo antisistema si verificano con il concorso di personale dello stesso sistema. E se il potere grillino-leghista dovesse consolidarsi, i transiti si moltiplicherebbero. In questo trasformismo c’è una somiglianza con i processi politici che si verificarono negli Anni Venti e che coinvolsero anche pezzi della sinistra. Ripeto: oggi non è il fascismo alle porte. Ma si verifica una preoccupante involuzione della vita democratica su cui, a mio avviso, non si riflette abbastanza.

VITO MANCUSO, scrittore
Io credo alla cura della forma perché la sostanza senza forma non esiste e il modo migliore di servire la sostanza è curare la forma. Per questo mi spaventa la foto del Presidente della Camera che ascolta l’inno del nostro paese con le mani in tasca. Quell’inno siamo noi.

MATTIA FELTRI, giornalista de La Stampa
Vabbè, il governo sarà quello che sarà, ma perlomeno promette di riuscire un’opposizione coi fiocchi. Una come non se n’erano viste prima. Responsabile. Civile. Elevata. Attenta agli interessi del Paese. Per esempio Giorgia Meloni, di solito tanto friccicarella. Appena è passata all’opposizione è diventata una specie di Metternich. Ieri ha detto di essere dispiaciuta di vedere Sergio Mattarella così ingerente sulla scelta di Paolo Savona all’Economia, così cocciutamente attaccato a quel che resta della Costituzione che lo obbliga a nominare i ministri. E Renzi? Mai stato all’opposizione in vita sua ma già è un oppositore nato: ha promesso di verificare che il governo mantenga le promesse fatte in campagna elettorale. Reddito di cittadinanza, uscita dall’euro, flat tax, e se dimenticano qualcosa sono guai, sciopero generale.  

Matteo Orfini, invece, che nasce dalemiano, e dunque è un veterano dell’opposizione, ha subito dimostrato da quale scuola viene, e ha detto che Marco Minniti, parlando dell’immigrazione incontrollata come di un pericolo, ha sdoganato le destre. Avrebbe invece dovuto parlare dell’immigrazione incontrollata come di un ballo delle debuttanti, e andavano dritti a Palazzo Chigi. Una menzione speciale la si vuole fare di Maurizio Martina, che nel ruolo di reggente del Pd sarà il pontefice delle opposizioni, e riferendosi a Matteo Salvini ha detto, su Twitter, che non si governa da Facebook. Beh, siamo a cavallo. Sono talmente bravi ma talmente bravi a fare opposizione che da lì non li scalza nessuno.

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