domenica 13 maggio 2018

Hanno detto .... ...

Sul governo sovranista che potrebbe
nascere c'è chi pensa bene e chi
addirittura prefigura uno scenario "greco"

GIANFRANCO PASQUINO, politologo
Al momento, non so quanto temporaneamente, hanno molto di che rallegrarsi tutti coloro che volevano il governo dei “vincitori”. Sì, certo, le Cinque stelle sono il partito più votato e la Lega ha addirittura quadruplicato i suoi voti dal 2013 al 2018. Quindi, il loro eventuale governo non tradisce il mandato elettorale, anzi, sarebbe il modo migliore, ancorché non l’unico, per tradurlo nei fatti. Tuttavia, nelle democrazie parlamentari i governi non sono mai una semplice faccenda numerica. Per fare uno solo dei diversi esempi possibili, in Portogallo, il partito più votato, PDS, conservatori, sta, alquanto irritato, all’opposizione di una coalizione di sinistra (già, proprio così). Comunque, i numeri parlamentari italiani offrivano/offrono almeno tre altre possibilità. I governi si costruiscono su affinità politiche e compatibilità programmatiche, tutte da verificare.
Sono certamente molto soddisfatti tutti quegli elettori che hanno scelto pentastellati e leghisti per esprimere il loro forte dissenso e risentimento ne confronti della politica italiana com’è, da tempo, dei politici al governo e delle loro politiche. Quasi nulla di tutto questo può essere definito con il termine tanto onnicomprensivo quanto vago, populismo. È facilmente accertabile che qualche striscia di populismo c’è, eccome, sia nel M5S sia nella Lega, ma sconsiglio di usare il termine contro tutto quello che non piace, come fanno imprenditori, giornalisti, professori, spesso parte dell’establishment e come tali non sempre erroneamente criticati. Cinque stelle e Lega rappresentano con notevoli diversità elettorati insoddisfatti e trascurati che, giustamente, adesso, pensano di avere maturato la loro rivincita. Con la Lega molto forte al Nord e con il Movimento dominante nel Sud Italia, mi avventuro a sostenere che la loro azione politica potrebbe portare ad una sorta di ricomposizione dell’unità nazionale. Alla prova dei fatti, chi sa se le diversità saranno foriere, invece, di scontri?
FEDERICO FUBINI, giornalista del Corriere della Sera
Luigi Di Maio ieri ha rassicurato gli osservatori che seguono dall’estero le prove di alleanza fra M5S e Lega, e il suo messaggio non è sfuggito. «Questo governo non è una minaccia per l’Europa», ha detto il capo politico dei 5 Stelle. Resta un aspetto che anche per Di Maio sarebbe stato prematuro chiarire: di cosa stanno parlando quelle due forze. Gli esperti di 5 Stelle e Lega lavorano su una serie di capitoli dei quali per adesso trapelano solo i titoli. Tra questi, accanto alla «flat tax», il più ermetico: «Studio sui minibot», si legge nella nota diffusa giovedì dai due gruppi. Si tratta di una proposta, avanzata dalla Lega, di emettere titoli di Stato in tagli piccolissimi che si diffondano tra la popolazione e diventino simili a banconote, strumenti di pagamento paralleli all’euro. Sembra di averla già sentita, questa proposta. A qualcosa di simile aveva pensato Yanis Varoufakis a pochi giorni dal referendum sul programma della troika, quello che finì per portare al suo licenziamento dal posto di ministro delle Finanze greco.
Per l’appunto fu il Corriere della Seraa rivelare l’esistenza di quel piano «segreto» (2 luglio 2015). Emettere «minibot», titoli di Stato in piccolissimi tagli che i cittadini si possano scambiare, equivale di fatto a cercare di creare una moneta parallela all’euro. Può funzionare? Sul piano giuridico no, perché in Italia e in altri 18 Paesi la Banca centrale europea ha il monopolio di emissione della moneta; qualunque tentativo di sovrapporsi alla Bce metterebbe l’Italia in una rotta di collisione istituzionale con il resto d’Europa. Ma sul piano pratico? Emettere «minibot» equivale a produrre debito pubblico in più, magari per finanziare certe promesse elettorali. A quel punto le agenzie di rating, che giudicano la capacità dell’Italia di onorare i propri impegni, dovrebbero tenere conto che questi ultimi sono diventati più onerosi. Declassamenti del giudizio di solvibilità seguirebbero inevitabilmente. A quel punto il valore dei «minibot» (e di tutto il debito) scenderebbe e gli italiani farebbero di tutto per non farsi pagare in quella «moneta» votata alla svalutazione, che una volta partita non può che accelerare. All’estero poi non vorrebbero neanche vedere «banconote» simili: non si paga il gas russo in «minibot».
Con un dettaglio in più: una serie di declassamenti del rating porterebbero il debito dell’Italia a un livello — già oggi non lontano — al quale la Bce può fornire liquidità alle banche solo se il Paese accetta un programma della troika. Dunque studiare i «minibot» ha senso, sì. Ma solo per concludere che è meglio riporre l’idea nel cassetto. Chiusa bene.

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