sabato 13 gennaio 2018

Terremoto del Belice. La lunga, complessa e -ad oggi- incompleta Ricostruzione del tessuto infrastrutturale e socio-economico

Il terremoto che squassò il Belìce cinquant’anni fa – nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968 morirono quasi 300 persone (ma il numero esatto non si saprà mai), 1000 furono i feriti e 70 mila gli sfollati – rase al suolo paesi abitati soprattutto da vecchi, donne e bambini, visto che gli uomini erano emigrati in cerca di lavoro. 
E portò alla luce una realtà sconosciuta, quella della Sicilia rurale e arretrata che lo Stato aveva dimenticato. 
Il terremoto del Belìce fu il primo grande “caso” del dopoguerra che mise a nudo l’impreparazione dei soccorritori, l’inerzia dello Stato, lo squallore dei luoghi dove ancora, nel 1976, 47 mila persone vivevano nelle baracche. Le ultime 250 furono distrutte nel 2006.

Il Giornale di Sicilia, il 14 Gennaio 1973, quinto anniversario, pubblica un servizio speciale  su due
pagine:  12  e 13.
  Nel Belice aspettano  ancora la  vita
e affronta il problema della ricostruzione  dei privati in un dibattito a cui partecipano  i sindaci Vito
Bellafiore di S.Ninfa, Ludovico Corrao di Gibellina, Enzo Culicchia di Partanna, Calogero Triolo di
Montevago, Giuseppe di Stefano di Calatafimi, Francesco Di Martino di Contessa  Entellina, e il
parroco di Santa Ninfa, Don Atonio Riboldi.

Di quelle due pagine ci piace riportare qui, in questo cinquantennio dal terremoto il punto di vista del
sindaco di Contessa Entellina di allora, Francesco Di Martino.


Quando noi addebitiamo la responsabilità alla burocrazia , dobbiamo essere molto più chiari. Qui il problema
non è di addebitare le responsabilità al funzionario, perché i ritardi della burocrazia sono una chiara scelta
politica. Abbiamo visto che quando c’è  stata la volontà non ci sono state difficoltà  di natura burocratica; 
quando invece è venuta meno la volontà politica sono spuntate le difficoltà di natura burocratica. Sul
problema posto dal coordinatore del dibattito, cioè le condizioni economiche della zona, devo dire che
vi sono delle responsabilità politiche molto precise. Si sapeva dall’indomani del terremoto che nella
zona non esisteva manodopera specializzata, carpentieri,ferraioli in grado di potere procedere alla
ricostruzione immediata, tanto è vero che le imprese  sono costrette  a  portare da fuori  i lavoratori
specializzati. Nessuna iniziativa concreta è stata portata avanti per specializzare  questa manodopera.
Poi non  c’è dubbio che c’è stata una tendenza da parte delle popolazioni  verso l’assistenza. C’è
l’esempio della distribuzione dei fondi RAI, abbiamo visto che tipo di forze hanno portato avanti la
lotta  per la distribuzione pro-capite  di questi fondi,  ed è un fatto molto scandaloso.  Sono stati la
destra  democristiana e i fascisti  che hanno voluto  la  distribuzione   pro-capite  dei fondi RAI e che
purtroppo  molte amministrazioni comunali a  direzione democratica  e di sinistra hanno dovuto subire.
Non c’è dubbio che vi è stato uno sparuto  gruppo di amministrazioni comunali che hanno fatto  in
ritardo delle scelte, però la maggior parte  abbiamo adottato  in tempo  gli strumenti  urbanistici per
la ricostruzione.  Però, la Regione ha  affidato l’incarico per la redazione del piano particolareggiato 
del mio comune con due anni  e mezzo di ritardo. I progettisti incaricati  dall’assessorato  regionale
allo Sviluppo Economico, hanno consegnato  il piano particolareggiato  con un anno di ritardo.
Noi siamo dinanzi  ad una popolazione  la quale  ha una completa sfiducia  verso le istituzioni  dello
Stato  e della Regione  ed è convinta  di essere stata ingannata. E forse  si può anche giustificare  la
tendenza continua  a chiedere  l’assistenza  e a non guardare  ai grossi problemi  della ricostruzione  e
dello sviluppo  delle nostre zone . Quindi, si pone anche un problema di educazione politica e anche civica
verso queste popolazioni. >
...
Riportiamo pure un breve intervento di Don Riboldi:
  Io me  la prendo  con rabbia  … perché dopo cinque  anni ormai la gente non distingue più  tra ESPI,
ESA  e Regione, ecc. … di chi sono le responsabilità, e poi  se la prende con Voi  che siete  i più visibili,
io mi trovo stordito da tutte queste leggi  citate … , ma dico è possibile che l’Italia, che  si vanta di essere
la sesta potenza industriale del  mondo non riesce ad organizzare 10 paesini? Io non sono un padre di
famiglia, ma se lo fossi  sarei già impazzito di fronte ai mie figli, perché non avrei  prospettive da dare loro
…..Quì …occorre una mobilitazione generale  immediata perché i tempi non siano lunghi…!.
Il cittadino ha il senso che la ricostruzione si è fermata. Il pericolo è nella rassegnazione. .. e invece
noi   possiamo e dobbiamo dare questa speranza …..>

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