domenica 28 maggio 2017

L'editoriale di Eugenio Scalfari su La Repubblica

Se l'egoismo globale ci tiene tutti prigionieri

Papa Francesco, che resta il solo a predicare l’apertura di ciascuno verso gli altri, disse che tanti “Tu” diventano “Noi” e quando questo avviene quel “Noi” universale determina la rivoluzione. Aveva ed ha perfettamente ragione, ma sta avvenendo l’inverso: il “Tu” regredisce all’“Io”. 
Un “Io” globale e cioè l’egoismo fatto persona


Ogni giorno che passa la confusione aumenta, ma quale ne è la causa? Forse la globalizzazione? Forse l’aumento dell’egoismo in ogni individuo, in ogni famiglia, in ogni tribù, in ogni istituzione, in ogni Stato? La risposta è affermativa: globalizzazione ed egoismo. Ma perché? Speravamo che la globalizzazione fosse un elemento di progresso, sempre che ciascuno si adeguasse a un mutamento così sconvolgente e salutare. Invece sta avvenendo il contrario e il motivo è evidente: la società globale era aperta, sollecitava una apertura che si estendesse a tutti i popoli e a tutte le comunità, a tutti gli interessi in concorrenza tra loro, a tutti i popoli che abitano la nostra Terra. E invece…

Invece improvvisamente la società globale ha trasformato se stessa: è diventata un elemento di chiusura. È difficile capire se quella chiusura provenga dall’aumento dell’egoismo o sia stata la globalità a determinarla provocando la chiusura di ogni persona, istituzione e interesse in se stesso.

Papa Francesco, che resta il solo a predicare l’apertura di ciascuno verso gli altri, disse che tanti “Tu” diventano “Noi” e quando questo avviene quel “Noi” universale determina la rivoluzione. Aveva ed ha perfettamente ragione, ma sta avvenendo l’inverso: il “Tu” regredisce all’“Io”. Un “Io” globale e cioè l’egoismo fatto persona.

E siccome le persone sono dovunque e operano dovunque, il loro se stesso come unico o prevalente segno di valore provoca la chiusura della società globale. La risposta sarebbe una resistenza positiva, l’ “Io” non è una soluzione ma una regressione terribilmente negativa e se vogliamo vederne l’eventuale progressione ci troveremo di fronte a una generale anarchia e al pericolo che ne deriva, cioè l’avvento delle dittature. I fatti raccontati dalla storia sono questi. Spesso li dimentichiamo o non li comprendiamo nella loro essenza ma li stiamo vivendo proprio in questi giorni ed è bene che lo comprendiamo.

Dal G7 non ci si aspettava molto: di quei Sette infatti solo gli Stati Uniti d’America hanno un’importanza mondiale. Gli altri Paesi contano poco o niente. Non vi partecipa la Russia né la Cina. C’è la Germania, che un peso ce l’ha e la Francia che l’aveva e spera ora di riacquistarlo; ma sono pesi e stazze d’importanza media. L’Italia nel caso attuale è l’ospite con funzione di mediatore e moderatore. Un compito che Gentiloni sta svolgendo meglio che può, ma come stazza siamo a quella di una macchinetta utilitaria. Gli Usa, come abbiamo detto, hanno una stazza di massimo livello, diciamo una Ferrari o una Volkswagen di lusso o un’Alfa Romeo, ma l’autista è privo di esperienza e di conoscenza della politica mondiale, dominato da un “Io” assai potente ma incapace di equilibrio istituzionale e politico. L’anno prossimo ci sarà un G20 e lì il palcoscenico ospita quasi tutti i protagonisti mondiali ed in più alcune grandi istituzioni politiche e bancarie. Il G20 potrà esaminare una situazione che va di male in peggio. Speriamo che lo faccia e assuma qualche provvedimento migliorativo.

Infine c’è — per guardare e intervenire nel mondo intero — l’Onu dove tutti i paesi esistenti come Stati sono rappresentati. Ma chi conta veramente all’Onu è il Consiglio di sicurezza con cinque rappresentanti permanenti e altri che li affiancano a turno. I Cinque, quelli sì hanno un peso, o meglio avrebbero un peso ma ciascuno di loro ha un diritto di veto che impedisce qualunque intervento o decisione che non piaccia a tutti e questo, salvo casi molto rari, non avviene quasi mai sicché il potere dell’Onu è puramente simbolico. Il “Noi” non c’è neanche lì e quindi non c’è alcuna linea di globalità aperta ma soltanto interessi protetti e chiusi.
Questa è la rassegna delle Istituzioni e questo è lo stato confusionale del mondo che abitiamo.

I popoli, quelli sì, potrebbero riaprire un’evoluzione sociale ed economica e sarebbe un loro interesse farlo; ma chi sono i popoli? Chi li guida, chi li educa, chi li dirige? Il Califfato musulmano dirige una specie di popolo che è viceversa un gruppo di criminali come raramente è esistito nel mondo, che uccide innocenti, donne, vecchi, bambini. Se ci fosse l’Inferno meriterebbero di essere distrutti tra le fiamme. Il mondo civile, quello che difende la sua natura, la sua visione ideale, i suoi valori, le sue religioni, dovrebbe dichiarare guerra al Califfato. Teoricamente l’ha dichiarata ma praticamente nessuno la fa salvo alcune interposte e affittate santerie. Ci vorrebbe invece una guerra vera ma nessuno vuole farla e anche qui prevalgono gli “Io” e non i “Noi”.

È vero che se quei comandanti del Califfato fossero presi e resi impotenti continuerebbero ad esistere le “periferie” del mondo, e continuerebbero purtroppo il loro lavoro che credono sia rivoluzionario ma è soltanto criminale. Ma quanto durerebbe questa situazione se i comandanti del Califfato fossero stati battuti e distrutti? Forse qualche anno ma non di più, soprattutto se le periferie del mondo fossero bonificate in tutte le nazioni con una politica sociale e culturale adeguata. E qui compare anche un’altra questione gigantesca che si chiama emigrazione e riguarda soprattutto l’Africa. È il continente del domani. Oggi, gran parte del suo territorio, giace nella miseria e nella schiavitù, della cui soluzione dovrebbero occuparsi le nazioni di più elevato benessere e civiltà. Il tema Africa e altri analoghi devono essere al più presto affrontati ma finora ben pochi ne parlano.

Qualcuno ha suggerito che per l’Africa ci vorrebbe una sorta di piano Marshall finanziato dall’Europa e dall’America. Quel piano Marshall africano trasferirebbe le migrazioni, darebbe lavoro e slancio alle varie comunità africane che ne hanno estremo bisogno e che sono i tre quarti del continente, con le sole eccezioni del Sudafrica, del Kenya e dell’Etiopia. I vantaggi per l’Africa e per il mondo sarebbero notevolissimi: la popolazione africana aumenterebbe in pochi anni ed avrebbe lavoro, educazione e civiltà e ci sarebbe perfino una immigrazione di segno contrario perché molti giovani, soprattutto energici, andrebbero a lavorare dall’Europa in Africa creando imprese ed altre attività positive. Inutile aggiungere che questo sarebbe un colpo mortale anche contro il radicalismo islamico e favorirebbe la fratellanza religiosa tra i vari monoteismi. Purtroppo però il presidente Trump ha già detto di no a questa proposta. Mentre il grande impero occidentale ha una politica protezionistica a tutti gli effetti. E questo è un guaio non da poco. Il piano Marshall africano potrebbe vararlo l’Europa, ma la Germania probabilmente non ci starebbe. E poi l’Europa non c’è e, se Macron non riesce a far cambiare il verso all’andamento generale, l’Europa non nascerà.

Per chiudere dovrei parlare di alcune novità che riguardano l’Italia e una serie di iniziative per fare la legge elettorale. Ne stanno parlando Renzi, Berlusconi, Salvini e Grillo e sembra che abbiano raggiunto un accordo sull’adozione del sistema elettorale tedesco, in parte proporzionale e in parte maggioritario. Ma qui ci sono alcune errori in partenza: il numero dei deputati alla Camera tedesca non è fisso come in Italia (630 deputati) ma variabile. Inoltre la Camera Alta (quella connessa con le Regioni) è in gran parte composta dai dirigenti dei Länder che non vengono eletti ma inviati dai Länder tra i propri dirigenti.

Comunque queste differenze non è difficile superarle e quindi il modello tedesco sarà probabilmente adottato. Si sta già formando una sorta di quadrumvirato tra il Pd di Renzi, il Movimento 5 Stelle di Grillo, Berlusconi e Salvini. Probabilmente, in vista di elezioni che avverrebbero tra la fine di settembre e i primi di ottobre, Berlusconi farà un’alleanza elettorale con Salvini e allora il quadrumvirato diventerà triumvirato. Le elezioni con questa nuova legge elettorale che sarà tra pochi giorni approvata dal triumvirato, collocherà ciascuno dei tre più o meno intorno al 30 per cento. Una situazione assolutamente ingovernabile che imporrà alleanze post elettorali. Ma tra chi? I grillini stanno da soli e se si alleassero con uno dei tre dopo poco il loro movimento sarebbe scomparso. Non resta dunque che l’alleanza tra il Pd renziano e il berlusconismo variamente rappresentato: dall’accordo con Salvini all’accordo con i moderati di Alfano. Ma si creerebbe una situazione di due contro uno e quindi alla fine l’alleanza non può essere altro che quella tra il Pd renziano e un Berlusconi almeno per metà salviniano. Grillo da solo. È governabile un Paese in queste condizioni? Io non credo.

Ci sarebbe in teoria un’altra soluzione che ho più volte indicato in queste mie uscite domenicali: una legge elettorale che prevede non più liste uniche ma, per chi lo vuole, liste di coalizione. A quel punto il Pd potrebbe coalizzarsi con una sinistra messa insieme da Pisapia e anche con un centro di moderati come quelli di Alfano ed altri della stessa natura: moderati non di destra ma del centro. Purtroppo manca una visione di sinistra e se quella non c’è è molto difficile concepirne la sua azione.

Quella visione fu propria di Romano Prodi e poi di Veltroni e poi di Enrico Letta e anche di Monti. E attualmente in qualche modo ce l’hanno Gentiloni, Minniti, Franceschini, e soprattutto il presidente Mattarella. Coraggio, provateci e probabilmente ci riuscirete e in quel caso, insieme ai francesi di Macron, si potrà costruire l’Europa. Sarebbe un avvenire molto auspicabile e se riuscisse canteremo tutti insieme la Marsigliese che non è una canzone della Francia soltanto ma dell’Europa e quindi di quel “Noi” che finalmente farebbe la sua positiva pacifica e splendida rivoluzione.

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