martedì 7 marzo 2017

Politica. Ci chiediamo perchè Enti economici e/o Spa a prevalente capitale pubblico facciano donazioni alle Fondazioni dei politici

Gli italiani, dietro il paravento della privancy, non sanno
a chi il Romeo di turno faccia regalie
La Politica è diventato -cosi pare a chi scrive- il terreno di scontro non degli uomini migliori di cui una società (comunità) disponga in virtù delle loro visioni, intuiti ed intelligenze da asservire alla crescita di tutti ma il terreno dove si concepiscono strategie di rapina e deperimento dei molti a beneficio di ristretti gruppi rapaci.  
Se lo schema ipotizzato è realistico, è più che evidente che le persone "serie" ormai non si occupano di politica, o se lo fanno vivono ai margini di essa. 
La rapina ai danni dei molti in Italia non necessita di racconti o spiegazioni; basta entrare in una libreria e comprare qualsiasi testo di Storia della Repubblica: viene quasi da dire che non è esistito un solo semestre dal 1948 in poi senza imbrogli e illegalità a beneficio di gruppi, correnti, partiti e/o mascalzoni singoli. 
Il pensiero, l'esperienza, la conoscenza e la logica pubblica dovrebbero essere coltivati e perseguiti dalle Università e dagli intellettuali che lì lavorano. Quella è la sede dove con risorse pubbliche deve svilupparsi, in via prioritaria e prevalente, la cultura pubblica, soprattutto quella che investe l'intera comunità.
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Nel nostro Bel Paese si contano 65 fondazioni politiche, cresciute notevolmente dopo l'abolizione del finanziamento pubblico ai partiti; sono organismi che vivono di denaro ... la cui trasparenza è tutta da interpretare. 
Solamente 4 fondazioni, su 65, in Italia rendono pubblico l'elenco dei donatori (e qui spuntano Organismi pubblici o semipubblici, che -verosimilmente- nulla donano alle Università di Stato).
Il 93,33% omette, con la ottima scusa della privacy, di rendere accessibile l'elenco dei soci e dei donatori. 

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