giovedì 2 giugno 2016

Uomini, fatti, eventi. Come li ricordiamo oggi

2 giugno 1946

Dopo una guerra sanguinosa e vent’anni di fascismo, l’Italia è chiamata ad un doppio compito: esprimersi, attraverso un referendum istituzionale, sulla forma dello Stato (monarchico o repubblicano) e votare i partiti che saranno rappresentati all’Assemblea Costituente. 
Dopo molto tempo gli italiani tornano a votare democraticamente (in Italia non si vota dal 1924, escludendo i plebisciti del ’29 e del ’34) e, inoltre, si tratta della prima consultazione in cui hanno diritto di voto le donne (la legge che estendeva il voto alle donne era stata approvata nel gennaio 1945). 


La dura battaglia sul voto nel referendum vede schierati
socialisti, 
comunisti 
e repubblicani 
a favore della Repubblica, mentre 
monarchici, 
liberali 
e qualunquisti 
sono favorevoli al mantenimento della Monarchia; 
nella Democrazia Cristiana, si svolge una accesa discussione interna e prevale una posizione (non molto convinta) favorevole alla Repubblica.

Nel referendum prevale la scelta per la Repubblica con 12.717.923 voti contro 10.719.284.

Il ministro degli Interni, il socialista Romita, non rivelò fino all’ultimo l’esito della consultazione per evitare che, in un momento così delicato, potessero prendere il sopravvento emozioni incontrollate. 
Durante lo spoglio prevalsero in un primo momento i voti monarchici, poi, con l’arrivo dei dati del Nord, la bilancia si spostò definitivamente dalla parte della Repubblica.

Il risultato definitivo fu proclamato solo il pomeriggio del 5 giugno; è da questo ritardo che nacque la credenza che Romita fosse intervenuto per contraffare il voto. Ma, come testimoniò, attraverso un’accurata inchiesta, l’autorevole giornalista liberale Barzini (che tra l’altro era stato favorevole alla Monarchia), vi erano state certamente molte irregolarità e non tutte dello stesso colore, ma non tali da rovesciare un risultato così nettamente favorevole alla Repubblica (2 milioni di voti). 
Barzini riconobbe che Romita, pur essendo entusiasticamente repubblicano, si era comportato con impeccabile imparzialità.

Dopo il referendum ha inizio un braccio di ferro tra i Savoia e il Governo. Umberto II non riconosce il risultato, ritenendolo provvisorio, mentre per De Gasperi e i suoi alleati l’esito naturale della consultazione è il passaggio di consegne di tutte le funzioni del Re al Presidente del Consiglio. 
Si tratta di uno scontro che terminerà solo con il polemico proclama alla nazione che Umberto rivolgerà agli italiani alla vigilia della sua partenza per l’esilio portoghese

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