lunedì 23 maggio 2016

Flash sulla nostra Storia

Vassallaggio
nello "Stato feudale di Contessa"

Lo abbiamo trattato in più occasioni, ma tornare sull’argomento non fa male: gli arbëresh come vissero la politica locale dalla fondazione di Contessa al 1812? 
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I quattro giurati rimanevano in carica per un anno e curavano l’amministrazione civica:
-avevano la rappresentanza dell’Università e coadiuvati dal sindaco ne gestivano il patrimonio comune,
-curavano l’imposizione fiscale,
-si occupavano dell’annona,
- fissavano i prezzi (mete) di alcuni generi, regolandone il commercio,
-provvedevano all’edilizia urbana e all'igiene pubblica,
-svolgevano mansioni di polizia locale, servendosi della collaborazione dei maestri di piazza o acatapani (preposti all’annona).

Il feudatario (che fosse Cardona, Gioeni o Colonna) si avvaleva inoltre di soggetti non dotati di potestà di governo, le cui mansioni attenevano prevalentemente alla sfera patrimoniale.  Il feudatario, infatti, oltre al governo della comunità traeva i suoi ricavi dalla gestione dei feudi (esclusi i due affidati in enfiteusi agli gli arbëresh:  Serradamo e Contesse)
Curava infatti mediante persone e famiglie di sua fiducia gli affari –diciamo così- privati. 
Costoro
-tenevano in ordine le scritture,
-riscuotevano il denaro dei debitori,
-sorvegliavano gli affitti.

I rapporti di produzione e gestione delle aziende feudali (la masseria di Vaccarizzo e altre ancora) spettavano  alla corte secreziale, a capo della quale c’era il secreto (o governatore), una sorta di alter ego locale del feudatario, «il padrone assente», che in linea generale era scelto tra i «soggetti più qualificati del paese» per evitare che il concetto d'autorità subisse lesioni.

In qualità di sovrintendente, il “secreto”  vigilava perché tutti i subalterni, pubblici e/o dell’azienda feudale facessero «bene, puntualmente e fedelmente, il debito loro» nelle rispettive mansioni.
Il secreto era insomma la persona più rappresentativa del paese, dal momento che a lui faceva capo non solo l’amministrazione della secrezia (l’azienda dei feudi), ma anche dell’università.
La sua presenza era inoltre necessaria, per la validazione dei provvedimenti, quando si appaltavano le gabelle, tanto dei  feudi quanto quelle dell’università.
Spettava al “secreto” insediare la
-corte capitaniale
-e la corte giuratoria

A lui il capitano doveva relazionare in merito ai carcerati e ai delitti loro contestati; nelle sue mani i giurati e il sindaco inginocchiati uno alla volta giuravano «di bene amministrare l’impiego, secondo il servizio di Dio, del re, del padrone dello stato e del pubblico».
E' ovvio che dalla concessione da parte del feudatario di cariche pubbliche, onorificenze, titoli, all’interno dello stato feudale di Contessa  si determinarono nel tempo i processi di ascesa sociale di alcune famiglie dipendenti, in relazione al loro ruolo, dallo stesso feudatario.

Gli spazi  -verosimilmente non ampi-  di mobilità sociale alimentarono la dialettica politica locale che contrapponeva le famiglie emergenti fra loro per il controllo delle cariche pubbliche più importanti e l'inevitabile conflittualità tra esclusi e integrati nel sistema di potere, per quanto questo potesse essere subordinato.

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