giovedì 14 gennaio 2016

Terremoto Valle del Belice. I giornalisti nel gennaio '68 non sapevano come poter raggiungere Salaparuta


Un territorio che nell'antichità
ha segnato la Storia
L'area del Belice (per meglio dire, del Basso Belice) nel corso dei millenni, rispetto al resto dell'isola, ha espresso fasi storiche di notevolissima importanza. 
Sappiamo bene noi contessioti che sin da tremila e cinquecento anni fa' popolazioni locali, e poi altre come gli elimi, i campani, i greci e ed altre ancora sono state attestate sul nostro territorio (vedi la carta archeologica dell'Universita' di Pisa).
Per secoli e secoli popolazioni di varie culture e provenienze si sono insediate in prossimita' del Belice su «rocche» e costoni, alla vista reciproca, per controllare l’approdo di possibili minacce provenienti dai due mari e per tenere ben vigilati i collegamenti terrestri (le trazzere) tracciati dai greci e raramente modificati dalle attuali strade pseudo-rotabili.
I rinvenimenti archeologici preistorici testimoniano della presenza
continua -nel tempo- di uomini in questi luoghi, ancorché funestati da periodiche catastrofi (naturali e non), a dimostrazione della relativa indifferenza al pericolo a fronte di un valore strategico di posizione che si andava riproducendo e consolidando nell'intera area.

Ma dal primo dopoguerra dello scorso secolo, i paesi più interni del basso Belice  (tutti di origine feudale, come lo e' Contessa) si videro definitivamente confinati in una condizione di emarginazione; emarginazione iniziata ben prima, dall'unita' d'Italia, e subita in forza del processo di accentramento fiscale e politico-amministrativo, rispetto al destino delle piu' accessibili e popolose fasce costiere.

 Queste aree che avevano avuto rilevanza e significativita' storica furono abbandonate in buona sostanza a se stesse al punto che prima del sisma del gennaio 1968,  pochi in Italia avrebbero saputo indicare la localizzazione, per esempio, di Calatafimi (che pure è annotato nei libri di storia come tappa importante delle «scorribande» garibaldine a favore dell’unità nazionale), né collegarlo fisicamente con Segesta. 
Pochi avrebbero saputo di Santa Margherita Belice e ancor meno di ritenerla in prossimita' di Selinunte.
L'area del Belice era rimasta prima del 1968 una zona di agricoltura arcaica dove poche persone del mondo esterno si addentravano e spesso semplicemente alla ricerca clandestina di reperti archeologici.
Le Autorità riscoprono l'area del basso Belice
Il 14 gennaio 1968, la più violenta di una serie di scosse di terremoto iniziata il giorno precedente distrusse totalmente Gibellina, Salaparuta e Montevago e produsse danni ingenti a uomini e cose ad altri paesi della Valle, fra cui Contessa Entellina.
ll Capo dello Stato, Giuseppe Saragat,
in visita alle zone terremotate
del Belice
 Il numero dei morti e dei feriti gravi fu elevato, poiché la scossa distruttiva colse nel sonno le popolazioni. L’impatto emotivo fu altissimo ed ebbe una vasta eco sulla stampa.
Le istituzioni pubbliche si trovarono parecchio, piu' dell'immaginabile, impreparate ad affrontare l’emergenza; si mossero lentamente e disordinatamente per soccorrere, in varie forme, le popolazioni colpite.
I giornalisti ed i sociologi venuti nella zona scoprirono una realta' misera. Quella miseria socio economica non era stata prodotta dal terremoto, questo (il terremoto) mise in evidenza cio' che gia' era conseguenza della trascuratezza di tutti i governi post-unitari. 
Che questa era una tragica situazione, frutto dell'assenza di governo statuale a cui era invece subentrato (in piu' realta') il governo della mafia lo avevano attestato pochissimi anni prima altri sociologi, Danilo Dolci e (specificatamente per Contessa) Anton Blok.
Quelle case distrutte dal terremoto sotto cui morirono 370 persone in realta' sarebbero state da dichiarare inabitabili ed inospitali da qualche secolo. 
Erano semplicemente catapecchie in una realtà fuori dal mondo sia sotto l'aspetto edilzi0-urbanistico che soci-economico.
(continua)

Nessun commento:

Posta un commento