lunedì 31 agosto 2015

Legalità è una cosa, legalismo (da condannare) altra cosa

L'incontro che ti segna.

Ho sempre pensato che l'egoismo fosse appannaggio dei politici, di quelli italiani, e di quelli a stile seconda repubblica.

Riflessioni alla rinfusa

Da un gesuita, non di seconda fila dei nostri giorni, ho appreso non molto tempo fà, che non esiste contrapposizione tra la carità, e specificatamente la carità propria della attività pastorale o del buon credente— che richiede certamente misericordia, comprensione, benignità e altre simili virtù e le norme dell’ordinamento canonico, sia sostanziali (leggi, precetti, ecc.) che funzionali (processi, sanzioni, ecc.).

Senza la "legge" non riusciremmo a capire nemmeno i nostri errori; non riusciremmo a migliorarci. La legge, mi fu spiegato, per il credente quanto meno evidenzia gli sbandamenti. 
Un problema può esistere quando si vuole usare la "legge" con durezza di cuore, per umiliare l'interlocutore. Ma in questo caso non è la "legge" ad essere contro la "carità", bensì l'egoismo del protagonista che usa la legge. Non è corretto attribuire alla legge la durezza di cuore.

Lo si ricava pure dal Vangelo proclamato proprio ieri (domenica) nelle Chiese romane. Scribi e farisei usavano la legge per avvalorare e dare incisività alla loro "durezza di cuore". Qui stava la loro iniquità.

I fautori di questa tendenza della contrapposizione accettano del Diritto canonico solo quelle formule che a loro modo di vedere (con loro massima arbitrarietà) non implicano imperatività, ma solo esortazioni, raccomandazioni, orientamenti.

Il Papa che procedette alla recente codificazione
conciliare e sinodale:
Uno sbaglia a contrapporre il Vangelo alla Legge ecclesiastica, perché questa si basa sulla Rivelazione, e inoltre perché la giustizia — che la legge tutela — è un'esigenza primaria della carità, essenza stessa del messaggio evangelico. 
Affermazione del Legislatore 
(Giovanni Paolo II)

Il Potere usato a discrezione 
(altrimenti detto: arbitrariamente)


Vicende dei nostri giorni
Esiste un atteggiamento contrario ai deliberati Conciliari, Sinodali e comunque ecclesiali, di stampo antigiuridico, che spunta quando -magari- a causa dell'amnesia si ha dimenticanza aver collaborato, in passato, col legislatore, a stendere le norme, e magari (ma non è detto) formulato proprio quelle norme che adesso, per ... coincidenze della vita, danno fastidio
A questo punto forse diventa giusto insinuare che tale atteggiamento non è soltanto rifiuto del Diritto, ma ubbidisce ad una tendenza filosofica e sociologica di portata più vasta e generale, quella cioè di contrapporre artificiosamente la libertà personale (l'arbitrio) alle norme oggettive, di qualsiasi genere esse siano, non soltanto del Diritto Canonico ma anche quelle della Teologia Morale, della Patristica, della Storia. A che prò ?
Fini superiori ?

Il Diritto Canonico, perché?”
L’artificiosa e tenace contrapposizione fatta da alcuni prelati tra Diritto canonico e « carattere pastorale » del Concilio e delle conseguenti "norme canoniche" è di tale entità ancora ai nostri giorni che l’insegna dell’antigiuridismo viene alla bisogna inalberata addirittura come lo stile dei lavori conciliari. 

Eppure gli elementi teologici appropriati per capire senza ambiguità la necessità, la finalità e la specifica natura del Diritto canonico, costituiscono esigenze della scienza giuridica; fu peraltro lo stesso Pontefice Giovanni XXIII, « il Papa del Concilio pastorale » a volere anche la riforma dell’ordinamento canonico della Chiesa, concepita — sono sue parole — come « coronamento » dei lavori conciliari.

Il Diritto ai nostri giorni è essenziale per il tranquillo convivere civile, al di fuori della Chiesa e dentro di essa. 
Esso è considerato e rivalutato come aspetto essenziale della vita e della missione della Chiesa anche da chi ai tempi del Concilio nutriva perplessità. 

Il Diritto non è come si vuole ritenere, intralcio per la "carità"; applicare le leggi della Chiesa non è un intralcio alla presunta “efficacia” pastorale di chi vuol risolvere i problemi senza il diritto, bensì garanzia della ricerca di soluzioni non arbitrarie, ma veramente pastorali.

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Per usare il linguaggio dell'uomo comune: "Nessuno usi inappropriatamente il contrasto carità/legge per perseguire obiettivi che nulla hanno a che fare col Vangelo, la carità e la pastorale". 

Piegare il Vangelo per perseguire impegni assunti in alto loco o per soddisfare adulatori non è cosa buona. Ciò, se rispondente al vero, contrasterebbe davvero con la "carità" evangelica.
(Fonte: spunti ricavati dal sito Vaticano)

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