Quell'indimenticabile 1520
I capitoli con cui nasceva l’Università
di Cuntissa sono del 2 dicembre 1520.
Don Alfonso Cardona nella sostanza
concedeva in enfiteusi agli arbëresh due dei suoi innumerevoli feudi (quelli
più scoscesi e meno produttivi) e nello stesso tempo dava forma giuridica e
ordine alla comunità degli arbëresh istituendo lo “stato feudale”.
Sin dalla riforma di
Federico III era previsto che in ogni Stato feudale cessassero di operare le
figure del baiolo e dei giudici di nomina regia e che subentrassero degli
ufficiali “elettivi”.
Si trattava del subentro
della “curia dei giurati” che appunto
dal secondo decennio del Trecento cominciava ad essere presente in tutte le
realtà comunitarie riconosciute della Sicilia. L’organismo lo si ritrovava infatti
sia nelle città demaniali (dipendenti direttamente dall’autorità regia) quanto
nelle Terre baronali.
Che i giurati dovessero
essere eletti lo si può leggere nei “capitula iuratorum” del 1324, indirizzati
a tutte le città dell’isola, con cui Federico III d’Aragona impone il nuovo
assetto. L’obiettivo dichiarato era di limitare l’ingerenza aristocratica nella
vita delle comunità.
Buona intenzione ma di nessuna incidenza: nella realtà di
quei tempi le influenze e le interferenze nobiliari nella vita locale erano
inevitabile nella stessa misura in cui era inevitabile l’aria per respirare.
La maggiore autonomia
concessa alle città e agli stati feudali si tradusse nei fatti -al contrario- in elemento di
forza per il baronaggio che disponeva di strumenti idonei ed efficaci per
imporre al ruolo di “giurati” le persone ad esso più fedeli o comunque preferite.
Proprio il ricordato
provvedimento di Federico III costituisce infatti per gli storici l’inizio in
Sicilia del processo di affermazione poderosa dell’aristocrazia.
Ma, andiamo alla visita a
Contessa nei primi del 1521 di Alfonso, visita che aveva il compito di
impiantare in quella comunità di arbëresh
l’intero apparato di governo.
Non risulta che siano sussistenti
o comunque disponibili i documenti di istituzione dello “stato feudale”
pertanto con un po’ di creatività possiamo immaginare che in quella prima
elezione dei giurati (a cui partecipavano solamente i capi famiglia con un
certo livello di reddito) siano risultati eletti -su discreta proposta di Don
Alfonso- quattro dei sette soggetti che il due dicembre avevano sottoscritto i
capitoli: Palumbo d’Erme, Paolo Zamandà, Luca Carnese, Teodoro Schirò,
Francesco Chisesi, Paolo Cavalcante e Giovanni Zimandà.
Vedremo in prosieguo compiti
e funzioni della corte dei giurati. Compiti amministrativi e poco rilevanti.
Il
potere vero, nello stato feudale, stava nell’apparato di gestione del mero
e misto imperio. E su questo versante Don Alfonso, ne siamo certi pur non
disponendo di documentazione, non affidò nulla ai nuovi arrivati arbëresh.
Col potere del mero e misto imperio ogni
feudatario teneva in mano i suoi possedimenti e pertanto gli incaricati furono
tutti estranei alla comunità, provenienti secondo alcuni elementi acquisiti, dal
messinese, lì dove Don Alfonso si recava piuttosto frequntemente.
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