sabato 2 agosto 2014

La nostra Sicilia. Una carrellata dai Borboni al crocettismo n. 9

la storia dell'isola
Il predominio del ceto agrario, o meglio dei gattopardi
Abbiamo visto in precedenza che le condizioni socio-economiche della Sicilia post-unitarie erano di estrema povertà. La miseria coinvolgeva la quasi totalità della popolazione. L'aristocrazia, ossia gli eredi del precedente regime baronale, che in qualche modo durante il governo borbonico era stata osteggiata divenne, nello Stato-unitario, nuovamente protagonista assoluta.
Questa vecchia aristocrazia, assieme ed in alleanza con la nuova borghesia agraria che cominciò a diffondersi dopo la vendita del patrimonio ecclesiastico -già incamerato dallo Stato- avrebbe dovuto dare le risposte al povertà diffusa.
Il predominio politico si fondava, ancora una volta, sugli assetti produttivi del latifondo, preservati da un qualunque, sia pure minimo, rivolgimento che la stessa economia di mercato avrebbe dovuto richiedere.

Fermo restando gli assetti, su cui i predetti ceti inserirono saldamente a loro garanzia la nascente "mafia", furono comunque effettuati alcuni investimenti strumentali di tipo meccanico che consentirono sino all'inizio degli anni Novanta dell'Ottocento, di rispondere alla domanda cerealicola, agrumicola, del mercato interno e pure esterno all'Italia. 
L'abbandono, nei confronti della concorrenza estera, del protezionismo sostenuto dal Borboni (a cui non era affatto cara la politica liberista)  e l'eliminazione delle tariffe doganali nel commercio con la Francia e la Gran Bretagna esaltarono le potenzialità agricola dell'isola. Il prezzo del grano raggiunse livelli sufficienti a remunerare i costi di produzione, nonostante le rese per ettaro rimanessero basse. Nelle zone costiere ebbe un forte impulso l'agrumicoltura.
L'esportazione siciliana dei seguenti prodotti agricoli consenti per alcuni anni di chiudere in attivo la bilancia commerciale del paese:
grano
vino
agrumi
mandorle
pistacchi
olio
sommacco.
L'esportazione di vino dagli primi anni sessanta alla fine degli anni ottanta si moltiplicò per sette. Gli stabilimenti enologici dei Woodhouse, degli Ingham, dei Florio raggiusero dimensioni di rilevanza internazionali. 
Nonostante la forte richiesta dei mercati esteri di agrumi, l'irrigazione dei terreni non ottenne mai alcun impulso.

A Contessa cosa accadeva, intanto ?
L'antica baronia era ormai frantumata in una ventina di latifondi e le masserie, fino allora gestite localmente dai Lo Iacono che usavano atteggiamenti paternalistici nei confronti degli arbereshe, cominciano a passare di mano. I latifondisti per fronteggiare l'insofferenza contadina per le condizioni di estrema povertà e l'insicurezza delle campagne iniziarono ad arruolare uomini armati (i mafiosi) la cui provenienza, in quegli anni e fino agli inizi del Novecento, sarà da Chiusa Sclafani, antica sede di contea dei Colonna. Saranno uomini con queste caratteristiche violente ad assumere le gabelle delle masserie sul territorio contessioto.
I contessioti comunque preferirono l'emigrazione nella Luisiania dove ormai si trovavano comunità arbereshe più consistenti e più prospere di quella rimasta a Contessa. Essendo essi tutti contadini l'attività che li contradistingueva -inizialmente- erano i lavori nei campi di canna da zucchero. 
Numerosi di essi, già negli anni Ottanta, diventarono ricchi o ricchissimi imprenditori. Molto ricchi, col commercio degli agrumi, divennero i Vaccaro.

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