martedì 24 giugno 2014

Aspettando il nuovo Eparca (n. 47)

Da un lungo articolo del dott. Giovanni Coco sulla Rivista IURA ORIENTALIA sulle origini della Congregazione Orientale abbiamo estrapolato il paragrafo conclusivo, che mette in evidenza i contrasti -degli anni trenta- fra la Congregazione Concistoriale e la Congregazione Orientale in merito all'erezione dell'Eparchia di Piana.
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Sebbene la definizione del ruolo e delle competenze della Congregazione Orientale avessero provocato più di un malumore in Curia, da più parti si era auspicato che con quei provvedimenti si sarebbe posto fine alla 
fase più problematica della vita – ancora breve – di quel giovane dicastero.  Al contrario, tali attese vennero ben presto deluse dal sorgere di nuove vertenze con altre congregazioni, come accadde con quella Concistoriale in merito all’erezione in Sicilia dell’eparchia di Piana degli Albanesi (olim Piana dei Greci). 

 All’origine di questa decisione vi era stata l’iniziale richiesta dei fedeli italo-albanesi, cattolici di rito bizantino, di vedere soddisfatta l’annosa questione della loro assistenza spirituale. Infatti tali comunità, sottoposte da cinque secoli alla giurisdizione delle arcidiocesi di Palermo e di Monreale, costituivano delle «isole» all’interno di un territorio completamente «latino», e persino negli stessi comuni albanofoni si erano costituite delle parrocchie di rito romano, la cui convivenza con l’elemento «greco» non era stata sempre pacifica. 
Dopo il 1919, con l’erezione dell’eparchia di Lungro per gli italo-albanesi di Calabria, le comunità arberëshe di Sicilia intensificarono le loro richieste, e nel 1931 la Congregazione Orientale iniziò a vagliare l’opportunità di erigere un Ordinariato bizantino, finché nel 1934 venne prospettata una sostanziale modifica dei confini diocesani di Palermo e di Monreale, per riunire «tutti questi comuni albanesi sotto l’uniforme giurisdizione di uno degli attuali arcivescovi. Questo arcivescovo ordinario sarebbe coadiuvato da un vicario generale del rito, che risiederebbe a Palermo». 
Negli anni che seguirono questa ipotesi divenne oggetto di una complessa mediazione; così un appunto della Congregazione Orientale, redatto alla fine del 1937, riassumeva quanto era accaduto: «Dopo l’udienza del 21 novembre 1936, nella quale il Santo Padre decideva l’erezione dell’Eparchia di rito bizantino con sede 
territoriale in Piana de’ Greci e giurisdizione personale sui bizantini di Sicilia nonché la temporanea amministrazione apostolica di essa per parte dell’E.mo card. Lavitrano con ausiliare mons. Giuseppe Perniciaro, vescovo eletto di Arbano, la Sacra Congregazione comunicò il tutto alla Sacra Congregazione Concistoriale, precisando che le due parrocchie di rito latino in Piana de’ Greci sarebbero passate a dipendere dall’Ordinario di rito bizantino. 
 Ne seguì uno scambio di lettere fra i due Dicasteri, perchè il card. Rossi fece suo il punto di vista di mons. Filippi, arcivescovo di Monreale, e lamentò tale disposizione, presagendo agitazioni e contrasti». 
 Infatti in questa nuova e complessa vertenza, il Card. ROSSI, Segretario della Concistoriale, osservava che: «proprio il principale motivo per il quale sembra che le parrocchie latine abbiano a rimanere sotto l’ordinario latino, è quello stesso per il quale le parrocchie bizantine conviene abbiano un ordinario bizantino: perchè i fedeli di un dato rito esigono, per il loro profitto spirituale e per la loro pace, che il proprio ordinario sia della loro medesima mentalità, maestro e osservatore delle loro medesime leggi disciplinari, cultore del medesimo rito liturgico. Né sembra comprendersi molto bene come, per unirsi i bizantini, si abbiano a separare i latini». 
ROSSI difendeva abilmente le ragioni della propria Congregazione, volgendo a proprio favore proprio gli argomenti che i fautori della nuova diocesi di rito orientale avevano avanzato a sostegno delle loro tesi. Tuttavia: «la Congregazione Orientale mantenne saldo il proprio punto di vista, rilevando che le due parrocchie di rito latino in Piana de’ Greci sono così strettamente incorporate nell’insieme del comune 
che non si saprebbe come separarle e distinguerle dal resto del comune sottoposto all’Ordinario bizantino: oltre alle considerazione che mantenerle sotto l’arcivescovo di Monreale vorrebbe dire spezzare il carattere unitario – sia dal punto di vista etnico che storico – di Piana de’ Greci e, anche, dare l’impressione che per i 
latini lo stare sotto un ordinario bizantino fosse una cosa insopportabile mentre non lo doveva essere per i bizantini sottoposti a un ordinario latino». 
 Si fatica invero a comprendere la ragione per cui quelle parrocchie latine, pienamente inserite nel contesto territoriale delle diocesi di Palermo e Monreale, avrebbero dovuto costituire un “territorio orientale” solo in base ad un principio “etnico”, e quindi quasi “filetistico”, generalmente rigettato dalla prassi della Chiesa cattolica. Ciò nonostante la bolla «Apostolica Sedes» del 26 ottobre 1937, che decretava l’erezione dell’eparchia di Piana dei Greci, aggregava alla nuova diocesi greca anche le comunità latine, innescando una virulenta polemica locale che ebbe un immediato riflesso nei rapporti tra la Concistoriale e l’Orientale riguardo le rispettive competenze nel governo pastorale dei latini di Piana; sorse così una controversia che avrebbe avuto un lungo strascico, composto solo alla superficie dalla decisione di mantenere la diocesi greca sotto l’iniziale amministrazione apostolica di un presule latino, il cardinale di Palermo. 
 In definitiva, sebbene con il m.p. «Sancta Dei Ecclesia» la Congregazione per la Chiesa Orientale avesse ottenuto una sua stabile connotazione tra le “sorelle” della Curia Romana, non si erano ancora esauriti i 
punti di contrasto che il nuovo dicastero aveva suscitato con il suo sorgere; e solo ulteriori vertenze, quasi come dei “movimenti di assestamento”, avrebbero contribuito a rimodellare di volta in volta i confini delle sfere di influenza tra l’Orientale e le altre Congregazioni. 

GIOVANNI COCO 

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