giovedì 3 aprile 2014

Personaggi noti e meno noti di Contessa ... ... di Calogero Raviotta

Leonardo Lala (Narduci), un contadino poeta e scrittore arbëresh"

Molti sono i contessioti che, operando a Contessa o altrove, si sono distinti in campo culturale, ecclesiastico, professionale, ecc. Nel Centro Culturale Parrocchiale, per far conoscere questi concittadini, la cui opera onora loro stessi ed il paese natio, è stato dedicato lo spazio "Galleria dei personaggi noti e meno noti di Contessa", una bacheca in cui sono esposti un breve profilo biografico e la fotografia di ciascuno. Ad alcuni inoltre l'Associazione Culturale "Nicolò Chetta" ha dedicato giornate culturali, convegni, mostre e conferenze. Alcuni sono stati già proposti ai lettori: prof. Giuseppe Schirò (blog del 5 febbraio), padre Lorenzo Tardo (blog del 12 febbraio) ed un elenco dei personaggi è stato riportato nel blog del 5 febbraio. Di seguito viene riportato un profilo biografico di Leonardo Lala (Narduci), che molti hanno conosciuto personalmente.
Contadino poeta e scrittore arbëresh"
Ho conosciuto fin da quando ero ragazzo Leonardo Lala, dai Contessioti familiarmente e amichevolmente chiamato "Narduci" (si legge NARDUZI).
L'ho incontrato tante volte in piazza, al Circolo "Skanderbeg" o mentre lavorava nei suoi campi o mentre col suo mulo, andava in campagna.
Nato nel 1906 a Contessa Entellina da genitori arbëreshë (sua mamma Caterina apparteneva alla famiglia Musacchia-"Kurseri"), nel 1910 emigrò negli U.S.A (New Orléans) con tutta la famiglia, dove già si erano trasferiti precedentemente alcuni suoi parenti e dove rimase per circa tre anni.
Ritornato nel 1913 a Contessa, dopo aver frequentato le 4 classi della scuola elementare, cominciò a dedicarsi, come quasi tutti i suoi coetanei, ai lavori agricoli.
Per molti anni prestò la sua collaborazione nell'azienda agricola  "Vaccarizzo", di proprietà della contessa Maria Majorca, prima come addetto alle macchine agricole e quindi come responsabile preposto al personale che utilizzava i mezzi meccanici (autocarri, motoaratrici, ecc.).
La sua formazione culturale non cessò al termine della frequenza della scuola elementare, perché continuò a coltivare un particolare e vivo interesse per le varie espressioni della cultura arbëreshe (lingua, storia, tradizioni, ecc.).
Dal 1926 diventò socio del Circolo culturale "Skanderbeg" e dal 1982 della Associazione Culturale "Nicolò Chetta", che hanno sede ed operano a Contessa Entellina per far conoscere e valorizzare il patrimonio culturale locale.
Narduci non seguì particolari corsi, né conseguì diplomi o lauree. Fu un ammirevole autodidatta, che seppe esprimere il suo amore per la cultura arbëreshe con testi in albanese e in italiano, alcuni dei quali pubblicati da periodici di cultura e attualità delle Comunità italo-albanesi.
Inoltre mise a disposizione di alcuni studenti universitari la sua sensibilità culturale e la sua documentazione per la preparazione di tesi di laurea riguardanti la cultura arbëreshe, con particolare riferimento alla lingua.
Narduci sapeva parlare, leggere e scrivere correttamente la lingua albanese. Questa formazione culturale é un fatto raro tra gli Italo-albanesi, perché la maggior parte di loro non sa né leggere né scrivere la lingua materna, che solitamente si parla in famiglia e nei rapporti sociali.
Ho già avuto occasione di far conoscere Leonardo Lala (Narduci) nel 1994, nel corso di un incontro  culturale  organizzato dall'Associazione "Nicolò Chetta" con gli alunni e gli insegnanti della Scuola Elementare e con gli studenti ed i docenti della Scuola Media di Contessa Entellina.
Nel corso di tale incontro sono stati letti e commentati alcuni scritti di Narduci, che ha anche risposto alle domande rivoltegli dai ragazzi e dalle insegnanti sul contenuto delle sue poesie, sulle motivazioni del suo impegno culturale, ecc.
A Narduci va riconsciuto il merito di aver aperto una nuova finestra sul vasto e peculiare patrimonio culturale locale, perché i suoi scritti sono, a mio avviso,  da considerare testimonianza autentica e preziosa della lingua albanese ancor oggi parlata a Contessa Entellina, nonostante il crescente degrado subito negli ultimi decenni. Tanti bambini infatti non parlano purtroppo più l'albanese e tanti adulti albanofoni, sempre più frequentemente, sostituiscono le parole albanesi con vocaboli del dialetto siciliano o della lingua italiana.
Narduci pertanto non é solo un concittadino, che ha dedicato la sua vita al duro lavoro dei campi, ma anche un uomo culturalmente impegnato.
Con stupore e ammirazione ho personalmente più volte constatato che, assieme agli attrezzi agricoli, nelle ceste caricate sul suo mulo, Narduci portava, libri e periodici di cultura italo-albanese, una penna ed un quaderno per fissare con le parole, scritte in italiano o in albanese, i suoi sentimenti e le sue considerazioni sulla storia, la lingua e le tradizioni di Contessa Entellina.
Quando non era impegnato nel lavoro dei campi, mentre il suo mulo pascolava sul prato, Narduci  nella sua casa rurale della contrada Passo Cristina in inverno o all'ombra di qualche albero del suo campo in estate, scriveva poesie e testi in prosa o  leggeva libri e periodici riguardanti lingua e cultura delle comunità italo-albanesi.
Ho cominciato a conoscere la personalità di Narduci, come appassionato di cultura locale, scrittore e autore di poesie, fermandomi con piacere  più volte  ad ascoltarlo in estate in campagna, seduto  davanti alla sua casa rurale o all'ombra di un albero del suo campo, mentre mi parlava, con accorata preoccupazione o con vivo entusiasmo, ora della cultura arbëreshe in generale ora della lingua albanese in particolare, sempre meno parlata a Contessa.
Tutte le volte che sono andato a trovarlo a casa sua mi ha più volte mostrato e illustrato i suoi manoscritti, che conservava gelosamente e periodicamente aggiornava con molta cura (poesie, racconti, appunti sulla storia  di  Contessa  o  degli  Italo-albanesi,  raccolta  di oltre 4.000 parole albanesi ancora usate a Contessa, i paradigmi dei verbi albanesi più comunemente usati, appunti sull'alfabeto albanese e la pronuncia particolare di alcune consonanti, ecc.).
Ascoltandolo attentamente, durante questi incontri, e dopo aver letto alcuni suoi scritti, ho scoperto che Narduci é un testimone ed uno strenuo difensore della cultura arbëreshe e pertanto ho ritenuto doveroso proporre all'attenzione dei Contessioti, ed in particolare degli operatori culturali, alcuni suoi scritti, raccolti in una monografia.
"Narduci: un contadino scrittore arbëresh" è il titolo  della monografia a lui dedicata, che riporta il testo dei seguenti suoi scritti, messi a mia disposizione in fotocopia:
-    La lingua arbëreshe a Contessa Entellina
-    Festa e Shën Mërisë e Favarës - Festa della Madonna della Favara       
-    Përçë? - Perché?   
-    Një vajzë arbëreshe - Una ragazza italo-albanese
-    Mos qëndris gajdhurin te pujata - Non punzecchiare l'asino in salita
-    Krishtlindja - Natale         
-    Mëma - La mamma          
-    Jam arbëresh - Sono italo-albanese
-    Brevi cenni storici sugli arbëreshë
-    Breve cenno storico sull'origine di Contessa Entellina.  
Questa piccola raccolta di testi di Narduci é stata già messa a disposizione dei ragazzi della Scuola Elementare e della Scuola Media di Contessa Entellina per essere utilizzata per scopi didattici.
Tale monografia sarà aggiornata e, nell'ambito delle iniziative dell'Associazione "Nicolò Chetta", sarà messa a disposizione anche di quanti sono interessati alla cultura di Contessa Entellina.
I testi riportati nella monografia sono la integrale e fedele trascrizione dei manoscritti forniti da Narduci. I testi in italiano sono solitamente una traduzione quasi letterale del testo scritto in albanese, per cui riflettono la struttura di questa lingua, senza alcuna preoccupazione di seguire lo stile e la corretta forma di espressione della lingua italiana.
Questo modo di esprimersi di Narduci dimostra che egli pensava e scriveva senza i condizionamenti della prevalente lingua e cultura italiana. La sua identità culturale rimane pertanto autenticamente arbëreshe!
In particolare il brano "Festa della Madonna della Favara" (testo albanese e italiano) interpreta fedelmente la profonda  religiosità popolare dei Contessioti. (testo in un prossimo blog).
Dalle parole albanesi oggi non più usate, ma presenti nei suoi scritti e nella parlata dei Contessioti fino a qualche decennio addietro, emerge un ammirevole tentativo di recupero linguistico.
Il racconto umoristico "non pungere l'asino in salita", di seguito riportato in italiano ed in albanese,  esprime l'intensità espressiva della lingua albanese.
L'orgoglio di essere italo-albanese e l'attaccamento alla propria identità culturale sono espressi dal testo significativamente intitolato "Jam arbëresh".
Col suo carattere umile, modesto e riservato, quando ha saputo che era stata organizzata in suo onore una Giornata culturale (14.07.96) nell'aula consiliare ha subito espresso la sua sorpresa, rilevando che quanto da lui fatto per la cultura arbëreshe non aveva niente di straordinario e che considerava sproporzionata ai suoi meriti sia l'attenzione dedicatagli sia l'attribuzione di un attestato di riconoscimento per meriti culturali da parte del Sindaco, a nome dell'Amministrazione comunale e di tutti i concittadini.
Narduci, cessata l'attività di agricoltore, da pensionato ha continuato a dedicare il suo tempo all'approfondimento della cultura arbëreshe, suo grande amore e impegno, mai trascurato fino al 2000, quando ha cessato la sua vita terrena.
Dedicandogli una giornata culturale, in occasione del suo 90° compleanno nel 1996, l'Amministrazione Comunale, l'Associazione Culturale "Nicolò Chetta" e le Scuole di Contessa Entellina non solo hanno voluto esprimere un doveroso riconoscimento a Leonardo Lala, per i suoi meriti culturali, ma hanno voluto anche proporlo come esempio da imitare a tutti coloro cui sta a cuore  la conservazione e la valorizzazione del patrimonio culturale arbëresh, con particolare riferimento alla conservazione della lingua albanese. Significativo al riguardo il testo "La lingua albanese" di seguito riportato).

La lingua albanese
C’é una cosa, che non si può comprare,
non si vende e non si  cambia.
C’é una cosa, che si deve difendere,
come preziosissima.
Questa eredità inestimabile dei nostri Padri
é la lingua albanese.
Come difendi la luce dell’occhio,
così devi difendere la tua lingua.
Parla nella tua lingua,
perché é la voce della mamma.
Ama la tua lingua,
 come gli occhi della fronte.
Ama il popolo,
che parla questa lingua.

Mos qëndris gajdhurin te pujata
Një herë e një herë ishin, te të korrat, katër kopilë çë kuarin ara te një vend përjashta çë i thonë Dygardhet. Ishin Viçenxi, çiku, Pepi e Nini. Gjithë te një herë përgjegjet çiku e i thot tjerëve shokë: "çë thuani të këndojëmë një këndimë nga një tek na e pra shome çili këndim isht më i mirë e çili tek na e këndon më mirë"?
Si tjerët shokë i thanë "këndojëme"! çiku, kute qeshurë,  u vë të këndojë këtë këndim:
"Viçenxi ka zëmbrën e  zezë si kusia,/ se nusja e tij me njetër kopil u martua. I kish dërguar e thën njera te shpia:/ ec u vish kallogjar se u më ngë të dua".
Mavria, Viçenxi, e kish zëmbrën aqë e helmuar përçë e bukura nuse çë kish, të çilën ay e dejë aqë mirë e çë ajò pa thënë e pa klënë ngë e desh më e vate u martua me njetër, se i duhejë edhé çiku, kute qeshur, sa të i këndojë atë këndim, ashtù pa gjak, sa të i helmojë zëmbrën më se sa e kish.
Si Viçenci pa çikun  çë i qeshjë përpara, si Gjergji atë këndim me ato fjalë ashtù të glëmbuarshme, si ndëlgojti se çiku bëjë këta shërbise, se de të qeshjë mi atë se nusja e kish lënë, ndiejti gjithë këta shërbise çë i bëjë çiku  si aqë glëmba çë i glëmbojnë zdramën  çë ay ndiejë te zëmbra, te helmi se nusen ngë e kish më e e mori ashtù lik: u mbri e u ngroh asthù fort se çikut i shkarkojti se naj ngë e kishin mbajtur tjerët dy shokë, me draprin çë kish te dora  çë kuarjë ara, qafën, çikut, ja kish kuarrë.
Mos qëndris gajdhurin te pujata!

Non pungere l'asino in salita.
Una volta c'erano, durante la mietitura, quattro giovani che mietevano il grano in una contrada chiamata Dygardet. Erano: Vincenzo, Francesco, Giuseppe e Nino. Ad un tratto esclama Francesco e dice agli altri compagni: "che ne dite di cantare un canto, ciascuno di noi, e dopo vedremo quale dei canti risulterà il migliore e chi di noi lo canterà meglio?". Quando gli altri compagni gli dissero "cantiamolo!", Francesco ridendo si mise a cantare questo canto: "Vincenzo ha il cuore nero come il camino, perché la sua fidanzata con un altro giovane si é sposata! Gli aveva mandato a dire fino a casa: vai a vestirti monaco perché io più non ti amo". Poveretto, Vincenzo, aveva il cuore tanto addolorato perché la bella fidanzata che aveva, la quale lui la voleva tanto bene e che lei, senza un motivo, non l'amò più e andò a sposarsi con un altro, che ci voleva anche Francesco, ridendo, a cantargli quel canto così crudele ad addolorargli il cuore più di quanto l'aveva! Quando Vincenzo vide Francesco ridergli in faccia, quando udì quel canto con quelle parole così spinose, quando capì che Francesco faceva queste cose per deriderlo, perché la sua fidanzata l'aveva abbandonato, sentì queste cose che gli faceva Francesco, come tante spine che gli pungevano la piaga che lui sentiva nel cuore dal dolore di non avere più la fidanzata, lo prese così a male, si offese e si adirò così forte, che a Francesco si scagliò contro e se non lo avessero trattenuto gli altri due compagni, con la falce che aveva in mano per mietere il grano, il collo a Francesco glielo avrebbe mietuto.


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