sabato 5 aprile 2014

IL CULTO DEI MORTI A CONTESSA ENTELLINA ... ... di Calogero Raviotta

Tradizioni, arte, confraternite, cappelle del cimitero, canti e poesie arbëreshë

Fino al 1875 i morti a Contessa sono sepolti nelle chiese o in un “camposanto” vicino alla chiesa. Dopo il 1870  inizia la costruzione del cimitero, in attuazione dell’art. 66 del nuovo Regolamento sanitario, che vieta la sepoltura nelle chiese.
Nel mese di ottobre 1875 viene aperto il nuovo cimitero come risulta da vari riscontri documentali:
* il 29 ottobre 1875    il vescovo di Monreale dà facoltà al parroco greco di benedire il cimitero.
* il 2 marzo 1876 il sindaco di Contessa dà facoltà di benedire il cimitero  al parroco greco.
* il 29 aprile 1876 il vescovo di Monreale dà facoltà al parroco greco di benedire la nuova cappella del cimitero e di  potervi celebrare le funzioni religiose.
Inizialmente il nuovo cimitero, in contrada Giarrusso, è costituito da un'area comunale recintata, dentro la quale è costruita la cappella cimiteriale. Secondo i dati del registro comunale delle sepolture, la tumulazione dei defunti nel nuovo cimitero inizia nell'anno 1892. Il cimitero é ampliato e ristrutturato nel 1929, quando viene costruita la facciata  e la camera mortuaria.
Nel nuovo cimitero vengono, nei decenni successivi, costruite le cappelle delle varie confraternite, (Madonna della Favara, S. Giuseppe e Immacolata) associazioni private costituite nell’ambito delle parrocchie, sorte con scopi religiosi e di solidarietà e soprattutto per sostenere le spese connesse al funerale ed alla tumulazione dei defunti. Nelle varie cappelle sono costruiti i loculi per i soci delle confraternite, che a tal scopo pagano una quota sociale annuale.
Le società che oggi hanno cappelle e loculi nel cimitero di Contessa sono:
-    Confraternita di Maria SS. della Favara, costituita nella chiesa della Madonna della Favara nel  1882. Lo statuto viene modificato nel 1936 e successivamente nel 1971.
 -   Congregazione Maria SS. Immacolata,  volgarmente detta “Burgisi”, costituita nella chiesa di S. Rocco  nell’anno 1920.
-    Congregazione di S. Giuseppe, costituita nella Chiesa Madre di Contessa Entellina nel 1923.  Nel 1949 incorpora la congregazione dei "Mastri".
-    Società di Istruzione e Beneficenza ( nota come cappella "Mulé").
Molti contessioti ricordano che fino a 50 anni fa, nella chiesa delle Anime Sante, per tutto il mese di novembre, al mattino presto si pregava per i defunti: si recitava il rosario, veniva celebrata la S. Messa, in parte cantata, ed a conclusione si cantava il noto inno arbëresh “Parkalésiëm për shpìrtrat e mirë”, il cui testo é di seguito riportato.
Per tutto il mese di novembre rimaneva esposta in passato nella chiesa delle Anime Sante, accanto all’altare, durante la quotidiana celebrazione delle funzioni religiose (Rosario e Divina Liturgia) una tela, dipinta nel 1746, che, con frasi e simboli rappresenta la morte, come evento che riguarda tutti gli uomini, potenti, umili, ricchi, poveri, ecc.
In questa tela, attualmente esposta nella "Sezione pinacoteca" del Centro Culturale Parrocchiale (Piazza Umberto I), nella parte centrale, la morte é rappresentata dal cadavere di un uomo disteso. Nella parte inferiore invece sono dipinti i cappelli dei papi (tiara), dei re (corona), dei cardinali, dei vescovi, dei sacerdoti, ecc. Nella parte alta della tela sono riportate le seguenti frasi che invitano a riflettere sulla morte:
- “U son or le ricchezze, u son gl’anni e le gemme e gli scettri e le corone, le mitre con purpurei colori?”
- “Fermati e pria ch’altrove volgi i passi rimani attento e se non piangi allora o l’anima hai tu di bronzo o il cuore di sasso”.
- “Si muore  ed ogni cosa si lassa et all’eternità si passa”.
- “Ferma il passo e guarda in me mortale la tua figura cangiata affatto, non forse in vita mia son stato tale qual or tu mi vedi brutto e sfatto,  io fra viventi un dì a te fui eguale, tu un dì come me  sarai disfatto, né saprai se non io l’originale o tu l’originale ed io ritratto”.
-    “Fuimus sicut vos, eritis sicut nos  - Fummo come voi, sarete come noi”
-     “O tu che guardi in giù, io fui come sei tu, sarai tu come sono io”.
-    “Pensa a questo e vai con Dio”.
Nella chiesa della Madonna della Favara vi sono due dipinti su tela dedicati alla morte, appesi alle pareti appena si entra, uno a destra e l’altro a sinistra. Un dipinto rappresenta la buona morte: un uomo sul letto circondato dagli angeli, dall’affetto dei suoi cari, dai santi, ecc. Vi si leggono le seguenti parole: “A diu mi cedirò eternamenti, pri essiri cristianu e penitenti”.
L’altro dipinto invece é dedicato alla cattiva morte: un uomo disperato circondato da demoni. Vi sono scritte anche le seguenti parole: “Li spassi ntra lu meghiu mi mancaru, unni l’anni mei comu vularu”.
Il testo del canto-preghiera per i defunti di seguito riportato, vivo ancor oggi nelle colonie siculo-albanesi, é una originale espressione della tradizione religiosa popolare di queste comunità di rito orientale. Questo canto, sia per le parole e l’accorata melodia sia per le circostanze in cui viene eseguito, suscita una profonda commozione. Il canto viene solitamente eseguito al termine della Divina Liturgia, celebrata in suffragio del defunto nel giorno del funerale o in altre ricorrenze.
Il canto inoltre viene sempre eseguito dai fedeli il giorno della commemorazione dei defunti secondo il calendario liturgico del rito bizantino (sabato di Pentecoste), mentre il sacerdote, al termine della Divina Liturgia, celebrata nella cappella del cimitero, dal sagrato ricorda e benedice  tutti i morti.

Parkalesiëm                                                       Preghiera per i defunti
Parkalésiëm për shpirtrat e mirë,                         Preghiamo per le anime buone,
çë te zjarri me paqe durojën                                che nel fuoco con pazienza soffrono
e çë presiëm ndër lot me dëshirë                        e attendono tra le lacrime con ansia
te parràisi të shkojën në gëzim.                           Di passare con gioia nel paradiso.

Zoti Krisht, na të thomi për dita:                        O Signore, Ti supplichiamo ogni giorno:
jipi ndiésën Ti prëhien dhuròi,                            concedigli il perdono, donagli il riposo,
te ku mblen e pasuesme drita                             dove splende la luce inestinguibile
për gjithmonë ata klòfshin të lùmë.                    Siano essi per sempre beati.

Atà shpirtra t’ën’  Zonë dishiròjën,                    Quelle anime bramano il Signore,
Perëndin atà thresiën gjith-herët,                        essi ognora invocano Dio,
Perëndin atà vetëm kërkòjën,                             essi cercano solamente Dio,
te parràisi do t’gjejën pushin.                             In paradiso vogliono trovare pace.
            Zoti Krisht, na të thomi........                             O Signore, ti supplichiamo........
Po sa rijën se ng’shohiën t’ën Zonë!                   Ma non potendo vedere Dio,
Sa shërtime nga zëmbrat i dalën!                        Quanti sospiri escono dai loro  cuori!      
Nat’e ditë pa u lodhur po thonë:                        Giorno e notte senza stancarsi pregano:
shuana, o Zot, ktë të madh’ dishirim.                 Spegni, o Signore, questo grande desiderio.
           Zoti Krisht, na të thomi...........                          O Signore, ti supplichiamo........
L’ufficiatura dei morti, celebrata nel rito bizantino al termine della Divina Liturgia in suffragio, si conclude ricordando la persona defunta con queste parole (in greco, in albanese ed in italiano):
Eonìa su i mnìmi, axiomakàriste ke aìmniste adhelfé imon.
I përjetshëm qoftë  kujtimi yt,  o i lumuri dhe i përkujtuari vëllau ynë.
Eterna la tua memoria, fratello nostro indimenticabile e degno della beatitudine.
Mentre si canta “Parkalésiëm për shpirtrat e mirë...” viene distribuito ai presenti un dolce, chiamato “collivi”, grano bollito, mescolato con zucchero in polvere, con l’aggiunta di uva passa, confetti, nocciole tostate ed erbe  aromatiche. Ogni ingrediente ha un significato:
-    il frumento é simbolo della resurrezione: come il chicco di grano non muore ma coperto di terra nasce a nuova vita, così il corpo umano, un giorno risusciterà dopo essersi fatto polvere nei  sepolcri
-    i confetti, lo zucchero e le piante odorifere sono simboli delle buone azioni compiute dal defunto      quando era vivo.
Sulla superficie di questo originale dolce sono riportate le lettere iniziali del nome e del cognome del defunto.
L’origine dei collivi forse risale all’antico uso funebre di portare sulle tombe dei defunti pane, vino ed altri cibi.
L’uso dei collivi, in passato seguito nei paesi arbëreshë, oggi é rimasto solamente in qualche comunità, che ha sostituito l’antico simbolico dolce con una normale torta, che, dopo essere stata benedetta dal celebrante,  viene distribuita a fette ai presenti. Questa tradizione a Contessa é scomparsa da parecchio tempo.
L’affettuoso ricordo per i familiari defunti può essere suscitato da circostanze, luoghi, cose, eventi, ecc. ed essere espresso in tanti modi, come descritto in due poesie, il cui testo (italiano e arbëresh parlato a Contessa) è riportato di seguito.
Nella poesia “ Tata e arra – Mio padre ed il noce” l’autore esprime la nostalgia per i momenti belli trascorsi in campagna col padre, mentre nella poesia “Mëma e Besa – La Mamma e la Fede” esprime la gratitudine verso la madre che l’ha educato nella Fede.

Tata e arra                                                        Mio padre ed il noce
Varrenj vendin,                                                   Guardo il luogo,
ku arra e madhe                                                  dove il grande noce
bëjë shumë hjé,                                                   spandeva tanta ombra,
ku rrijta ulur aqë herë,                                         dove rimasi seduto tante volte,
me tatën e me miqët,                                          con  mio padre e gli amici,
kur bëjë shumë vapë,                                          quando c’era molto caldo,
ku, aqë viet prapa,                                              dove, tanti anni fa,
tata kopil,                                                            mio padre giovane,
arrën mboli,                                                         piantò il noce,
ndan te gardhi e te kroi.                                     vicino alla siepe ed alla sorgente.
Nanì arra ishtë te dheu,                                      Adesso il noce giace a terra,
prerë copa copa,                                                  tagliato a pezzi.
Utha te viti,                                                        E’ morto nello stesso anno,
çë tata na lëri.                                                     in cui mio padre ci ha lasciati.

Mëma e Besa                                                     La mamma e la Fede

Helm i madh më mori                                         Mi colse un gran dolore
kur mëma më lëri                                                quando la mamma mi lasciò
e me Besën e t’Ynzoti                                        e con la Fede nel Signore
te parrajsi vati.                                                    in paradiso se ne volò.

Ashtù si Vangjeli thot                                        Come il Vangelo prescrive
e Besa më kujton,                                               e la Fede vuol che sia,
mëma ime me sot                                                nell’aldilà ormai vive
te jetra jetë rron.                                                 Da oggi la madre mia.

Për shërbiset çë më tha                                       Per quello che m’ha insegnato
u mëmën ng’e harronj,                                        mia madre non dimenticherò,
për Besën çë më dha                                           per la Fede che mi ha dato
nga ditë e kujtonj.                                               Ogni giorno la ricorderò.


(confraternite e cimitero - continua)

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