Domani, festa del Primo maggio che, come ogni anno, su iniziativa della Cgil si
terrà a Piana degli Albanesi con un corteo e un comizio sul luogo della
strage a Portella della Ginestra, il segretario della Camera del Lavoro-Cgil di Palermo, Maurizio Calà, in risposta all'invito del premier Matteo Renzi di togliere
il segreto di Stato sulle stragi impunite d'Italia, chiederà di fare luce proprio sull'eccidio del 1° maggio 1947 di Portella.
mercoledì 30 aprile 2014
Enti Locali. Il governo regionale assicura che i problemi dei comuni sono al vaglio della Giunta
l 5 maggio gli amministratori degli enti locali dell'isola
isceneranno una manifestazione di protesta contro i tagli al fondo per le
autonomie ed i ritardi nel pagamento dei "trasferimenti" messi in
atto da qualche tempo dal governo Crocetta.
Il presidente Rosario Crocetta ha
definito la manifestazione «inutile e pretestuosa» stante che la giunta
regionale ha già preso in esame la situazione degli enti locali.
La Regione avrebbe già in corso i pagamenti della
quarta trimestralità dell' anno 2013. Sulla prima del 2014 invece il ritardo «è
stato generato dalla necessità di salvare circa 41 Comuni».
Da una verifica curata dall' assessorato alle Autonomie locali sarebbe emerso che ben 41
comuni si troverebbero quest' anno, senza un approfondimento dello stato dare/avere, nella situazione
di andare in dissesto perché in relazione alla loro situazione debitoria nei
confronti della Regione non potrebbero ricevere trasferimenti.
La Regione, assicura il Presidente Crocetta, "si sta
adoperando e intende proporre domani un piano per il salvataggio dei Comuni".
Ricordo della visita del Papa Giovanni all’Abbazia di Grottaferrata ... ... di Nicola Graffagnini
Quando si dice , il miracolo della indicizzazione, il sistema che consente la ricerca sui siti o su FB indicando parole chiave, ha fatto sì che l'altro giorno, un mio amico il giornalista e poeta Fabrizio Giusti che si occupa del Mamilio , Blog ufficioso del comune di Grottaferrata, mi abbia inviato un messaggio su FB chiedendomi il permesso di postare sul Mamilio , il mio articolo di testimonianza sulla visita del Papa a Grottaferrata nell'Agosto del 1960 .
Sinceramente me ne ero dimenticato e avendogli chiesto di mandarmelo appena l'ho ricevuto nel contenitore del Contessioto , l'ho riletto con curiosità e mi è piaciuto per la semplicità dello scritto pensando di riproporlo di nuovo ai lettori.
Nicola Graffagnini
Ricordo della visita del Papa
Giovanni all’Abbazia di Grottaferrata
In questi giorni lo si ricorda
con vari eventi , noi lo
vogliamo ricordare con un ricordo
personale e con due piccole notazioni che lo avvicinano,
in modo straordinario al Papa Francesco : la sua grande umiltà ed umanità nel rivolgersi subito al popolo di Roma con parole
semplici e con la sua porta aperta a tutti durante il
Patriarcato di Venezia.
Se poi vogliamo andare alla sua storia personale di diplomatico in tempo
di guerra, dalla Bulgaria a Istanbul a
Parigi, emerge da ogni racconto dei
testimoni dell’epoca, la sua ansia e la sua determinazione .per la liberazione di migliaia e migliaia di deportati nei carri
bestiame diretti verso i lager nazisti, per non parlare della
sua decisiva mediazione di Pace
tra Kruscev e Kennedy nei giorni della
guerra di Cuba di quel lontano 1960 in cui il mondo stava contando le ore che poteva separarlo dalla terza guerra mondiale , da cui nacque
l’idea della Enciclica < Pacem in terris >
Un giorno in Abbazia ,
circolò una notizia speciale ,
tra qualche giorno il Papa buono , Papa Giovanni XXIII che stava mettendo le basi del Concilio
Ecumenico Vaticano II° sarebbe venuto a
visitare l’Abbazia Greco-Bizantina.
In verità
da alcune settimane avevamo assistito ad un via vai
di incontri di inviati dei
Patriarcati più grandi di Mosca ,
Costantinopoli ed Atene e vari
minori con gli omologhi
del Cardinale Agagianan , Presidente del Pontificio Collegio per
l’Ecumenismo che aveva fatto ormai
di Grottaferrata la sua base operativa
per i vari incontri preparatori con i
futuri Osservatori Ufficiali del
Concilio per le Chiese Ortodosse d’Oriente .
Mi ricordo che ci buttammo
nelle pulizie straordinarie dei corridoi
e di tutti gli ambienti aperti al
pubblico del Seminario, a partire dal
piano nobile .
E arrivò il grande giorno, noi
Seminaristi e i Probandi,
cioè aspiranti Monaci di S.Basilio,
lo attendevamo schierati da un lato e dall’altro del corridoio del
Piano Nobile … ove avevano sede
gli Uffici del Priore del
Monastero e dell’Archimandrita
dell’Abbazia e una serie di stanze riservate ai più
anziani, come quella di Padre Lorenzo Tardo, ancora in vita , musicologo di fama internazionale e alcune chiuse come quella
del fratello di mio nonno, Don Sofronio Gassissi, Fondatore e Direttore di
Oriente Cristiano e della Biblioteca e già Priore del Monastero.
Scavalcando il Programma della visita e lasciando l’Archimandrita Teodoro
Minisci quasi basito perché
era pronto già a riceverlo nella
sua stanza, il Papa quasi ignorandolo , prosegui incamminandosi subito nel corridoio
verso di noi, dichiarando ad alta voce che voleva conoscerci uno per uno, noi Seminaristi e probandi e mi ricordo come se fosse ieri che pur essendo di bassa statura, con quelli con cui ci riusciva imponeva le mani sul capo, chiedendo nel contempo il nome e a volte scambiava qualche parola informandosi sulla provenienza con molta bonomia da vero
Parroco di campagna .
Arrivò a passare dalle mie parti , a metà del corridoio e mi
ricordo che anche a me impose
le mani chiedendomi il nome , era seguito da presso dal Direttore
Padre Valerio e dalla lunga barba del
Card. Agagianan, colui che per
l’incarico ricoperto in Curia , doveva favorire
il dialogo con le Chiese sorelle
dell’Ortodossia e naturalmente noi
eravamo i futuri sacerdoti e pontieri
tra le due Chiese, anche se la
fede cristiana è unica e il nostro Rito Greco-Bizantino, stava lì
proprio a dimostrarlo e per questo divenne in quei giorni una specie
di vetrina da
ammirare durante il
Concilio Ecumenico, lustra
e pulita per far vedere
in quale rispetto era tenuta la minoranza religiosa in Italia .
Infatti al passaggio della torta a me che servivo col carrello e un
collega , ci toccò di
passare con i piatti delle torte
per il tavolo numero uno, ove
c’erano seduti soltanto pochi Cardinali
e il Papa e noi due eravamo così
emozionati che il Papa e Agagianan
sempre vigile, se ne accorsero e ci chiesero la nostra età, io
dissi la mia : <
quattordici > e loro fecero finta di non crederci per sollecitarmi nell’autostima, quasi a dirmi : < ne dimostri di più> .e in effetti guardando le foto di quell’anno
si nota che stavo sviluppando in
altezza .!!
Che cosa dire del
Papa Giovanni XXIII di cui ricorre il 3 Giugno il cinquantesimo della
morte , dopo soli cinque anni
dalla sua elezione avvenuta il 28.10.1958
.
Nei primi giorni
venne considerato un Papa di
transizione ., infatti nel Conclave vi erano state indicazioni
contrapposte che non avrebbero
sortito nessun risultato valido e
quindi nell’attesa di migliori
eventi si decise di
ricorrere ad una figura di un Cardinale , già avanti negli anni
, senza
grande visibilità internazionale che potesse spianare la strada poi ad un Papa Italiano , dal temperamento
determinato, si racconta che
uno dei contendenti al seggio Pietrino fosse
proprio lo stesso Agagianan che
riscosse dei voti ma
insufficienti alla bisogna .
Ma il Papa buono non si
rivelò tal quale indicato negli schemi
della Curia romana , infatti fin dalle prime battute al popolo di Roma e ai genitori , raccomandandoli di
fare una carezza ai piccoli tornando a casa ,
dimostrò subito grande umanità nella
comunicazione ma anche una forte
determinazione, infatti da lì a qualche
mese, fra lo stupore della parte conservatrice della Curia Romana , indisse un Concilio Ecumenico e di fronte
ai tempi lunghi organizzativi prospettati dai Cardinali di Curia molto conservatori, il Papa
assunse nelle sue stesse mani
il programma e l’organizzazione , così che in soli
sei mesi riuscì
a completare tutta la fase preparatoria per dar seguito all’evento del Concilio dall’indomani .
Per quanti si recano
a Sotto il Monte per visitare i
luoghi natali del Papa buono, il novantenne
Segretario Mons. Loris Capovilla ( unico
italiano nominato Cardinale dal Papa Francesco nell’ultimo Concistoro
) ha allestito
dal 1988 un Museo a lui dedicato nel luogo
ove ogni estate amava
trascorrere le sue vacanze estive, Ca’ Martino, frazione di Sotto il Monte .
NG
Hanno detto ... ...
ROSARIO CROCETTA, presidente della Regione Sicilia
Salutando Leoluca Orlando: "Ciao Sindaco. Ti devo chiamare Commissario ?"
martedì 29 aprile 2014
Enti Locali in Sicilia. Il destino dei lavoratori precari (sono 20.000) è legato alla capacità dei Comuni di pagare i debiti con le imprese in 60 giorni ?
Spulciare il decreto legge del governo Renzi di due giorni fà rivela delle vere sorprese.
I Comuni della Sicilia potranno protrarre i contratti (rinnovarli) con i precari solo se sono in grado di pagare entro sessanta giorni i debiti maturati dalle aziende nel corso del 2013 e quelli che via via matureranno nel 2014 (questi entro 90 gg.).
Sembrerebbe di capire che appalti e forniture tassativamente vanno regolarizzati (come, peraltro, prescrive la normativa europea) in sessanta giorni, in caso contrario dovranno essere bloccate le assunzioni sia quelle a tempo determinato che indeterminato.
Entro domani, 30 aprile, il ministero dell'Economia per via informatica vuole cnoscere dagli oltre 8.000 comuni l'entità dei debiti maturati nell'arco del 2013. I debiti precedenti -per gli enti siciliani- dovrebbero essere saldati col mutuo di un miliardo varato dall'assemblea regionale nei giorni scorsi.
Se per caso i debiti pregressi non dovessero rientrare nella casistica della legge regionale entro domani i comuni devono certificarli a pena di gravi sanzioni in capo ai funzionari comunali.
Le imprese con la certificazione emessa entro la giornata di domani dovranno presentarsi in uno sportello bancario e richiedere una "anticipazione". E' un pò come presentarsi in Banca per scontare una cambiale attiva.
Se tutti questi buoni propositi a beneficio delle imprese dovessero trovare ostacoli, i Comuni, nell'anno successivo, non potranno prorogare alcun contratto di lavoro.
Regione Sicilia. Le amministrazioni dell'isola erano già in affanno da prima, adesso il governo Renzi taglia 160 milioni di euro a Regione, Comuni e spreconi vari
L'impatto della politica di Matteo Renzi (quella degli 80,oo euro sulle buste paghe di chi ha un reddito inferiore a €. 25.000,oo lorde) sulla pubblica amministrazione dell'isola sta creando serie difficoltà a Regione e Comuni.
Sia Mamma Regione che i Comuni da noi hanno sempre (dalla notte dei tempi) sperperato il denaro, adesso che il periodo delle vacche magre continua da oltre cinque anni ad esigere sacrifici i politici dell'isola hanno serie difficoltà a tagliare le megagalattiche retribuzioni ingiustificate e indebite di politicanti, alti dirigenti, amici, clienti, finti-consulenti, parassiti etc.
Mamma Regioni è arrivata all'osso. Le sue casse sono letteralmente vuote e tardano ad essere pagate le retribuzioni di 30.000 dipendenti di enti che attingono "latte" dalle casse pubbliche.
La Giunta di Mario Crocetta -lo dicono i giornali amici ed avversari- piuttosto che mettere mano ad una vera e seria riforma dell'intera spesa pubblica, in vista di conseguire un vero riequilibrio dei conti, tenta acrobazie contabili; tentativi che lasciano nel benessere i parassiti e creano difficoltà a chi dovrà amministrare in Sicilia il dopo-Crocetta.
I Comuni dell'isola devono contribuire (ossia, tagliare la spesa) -perchè i famosi €. 80,oo mensili arrivino ai destinatari- di ben 70 milioni di euro. In attesa di capire il criterio con cui questi tagli verranno ripartiti fra comuni grandi, medi e piccoli i sindaci -tutti- hanno aperto le ostilità verso Mamma Regione che, poverina essendo al verde che più verde non si può, tarda a versare quanto dovuto agli enti locali con l'ultima trimestralità 2013.
Ciò che si coglie ad occhio nudo è che il benessere dei palazzi che contano è quello ante-crisi; a stringere la cinghia in Sicilia sono solo e sempre i poveri diavoli.
Hanno detto ... ...
GAD LERNER, giornalista
Il cardinale Bertone precisa di aver ristrutturato a spese sue il
superattico. Davvero? Ma quanto guadagnava da segretario di Stato?
Beniamino Deidda , ex procuratore
«L’ex premier meritava una condanna seria».
«Il Tribunale ha sprecato l’occasione di affrontare il tema misure alternative applicate a un uomo ricco».
lunedì 28 aprile 2014
Regione Sicilia. Leoluca Orlando chiede che Rosario Crocetta si faccia da parte
Dice Leoluca Orlando, sindaco di Palermo: “Le istituzioni regionali stanno precipitando nell'abisso. Al presidente Crocetta che dice di voler andare avanti dico: 'Si fermi, c'è il precipizio'. Se fossi al suo posto chiederei il commissariamento della Regione".
Il 5 maggio i Sindaci e gli Amministratori dei comuni dell'isola si troveranno a Palermo per un'Assemblea e discutere della crisi degli enti locali, dei rapporti con la Regione e per presentare un documento di proposte di riforma.
I Comuni siciliani vogliono fare quadrato contro i continui tagli ai trasferimenti da parte di Stato e Regione che "stanno mettendo in ginocchio le amministrazioni locali, con 190 comuni sopra i 5 mila abitanti non in grado di chiudere i bilanci".
Secondo Leoluca Orlando, presidente dell'Associazione dei Comuni Anci-Sicilia "I Comuni sono sostanzialmente tutti in dissesto, la Regione ci costringe a stare nell'incertezza perenne".
Paolo Amenta, vicepresidente dell'Anci, da parte sua dice che negli ultimi quattro anni il fondo per le autonomie locali è passato da 900 a 400 milioni di euro, "e quest'anno c'è stato il capolavoro, il taglio di 100 mln in quota investimenti che ha effetto sulle rate dei mutui per l'ammortamento dei debiti con la conseguenza per i comuni di dovere trovare le risorse nei bilanci".
La Regione, che ha problemi di liquidità, non ha ancora pagato ai Comuni dell'isola né l’ultima trimestralità del 2013 né la prima del 2014.
Continua Orlando, nella presentazione alla stampa della giornata di protesta del 5 maggio "In base alla legge regionale sulle Province, entro sei mesi i comuni devono aderire ai Liberi consorzi ma non sappiamo quali funzioni avranno. Come fanno allora i sindaci a scegliere? Se la legge avesse previsto per esempio la gestione dei rifiuti in capo ai Liberi consorzi, sarebbe stato agevole per un comune associarsi assieme al comune di Camporeale, dove c'è la discarica pubblica. Invece, nulla: finirà che fra sei mesi ci saranno ancora i commissari nelle Province e le discariche private continueranno a essere gestire in modo speculativo dagli imprenditori".
La Valle dei Mulini ... ... di Calogero Raviotta
La Valle dei Mulini si estende lungo i due argini del torrente
Senore, che, sorge sotto il Monte Genuardo e che, dopo aver attraversato alcuni
feudi del territorio di Contessa e di S.
Margherita di Belice, si versa nel tratto finale di questo fiume, di cui è il
terzo affluente (dopo il Belice Destro ed il Belice Sinistro).
La Valle dei Mulini si estende ad Ovest del Centro abitato di
Contessa, a circa tre chilometri, tra borgo Cozzo Finocchio, borgoPiano
Cvaliere, Collina Castello, collina
Costa del Conte, contrada Bufalo, feudi di Rivena, Serra, Bagnatele
Soprane e Sottane, fino a lambire il feudo di Sommacco.
Fin dal Medioevo le numerose
sorgenti, ricche di acque, rendevano fertili i terreni adiacenti al
torrente Senore e facevano funzionare i due mulini, di cui si possono ammirare
le strutture ancor oggi alle falde della collina Castello e nella contrada
Passicava.
La Valle dei Mulini presenta notevoli potenzialità di
valorizzazione turistica sia per le
caratteristiche ambientali (clima, sorgenti, verde molto diffuso con
uliveti, vigneti e frutteti) sia per le testimonianze storiche e archeologiche
(Castello di Calatamauro, due antichi mulini ad acqua, vecchi casolari rurali,
tracce di antichi insediamenti, una cappella rurale dedicata a S. Antonino) sia
per le due recenti e moderne strutture turistiche (Ristoro Calatamauro e B&
B Rocca dei Capperi).
Nella Vallata hanno sede inoltre due interessanti attività
produttive nel settore zootecnico (Allevamento di maiali della macelleria
Proietto-Borsellino e l'allevamento di galline per le uova D'Agostino). Sui
prati della Valle dei Mulini pascolano ancora
pecore e mucche assicurando un'ottima produzione di ricotta, formaggi e
carni.
Per l'intera stagione estiva molti contadini si stabilivano nei
casolari, che sorgevano in tanti campi, dalla mietitura alla vendemmia: gli
uomini provvedevano ai lavori pesanti e le donne, oltre a provvedere alle
faccende domestiche, li aiutavano nella raccolta, essiccazione e conservazione
dei fichi, delle mandorle delle noci. Con la raccolta dei pomodori si
preparavano per l'inverno la conserva e con la frutta varie marmellate.
La piccola cappella rurale, dedicata a S. Antonino, sorge dove la
trazzera di Bagnatele si divide, proseguendo in due direzioni, una verso
Costa del Conte e l'altra verso il feudo Sommacco. Costruita col contributo di tanti
contessioti, che avavevano terreni nella Valle dei Mulini, e con l'impegno
ammirevole, generoso e costante di Antonino Rizzuto. I lavori di costruzione
durarono alcuni anni e fu ultimata sicuramente nell'estate del 1933, quando fu
aperta al culto ufficialmente da mons. Evola della Curia di Monreale. La benedizione della cappella era
prevista per il giorno 28 agosto, ma fu rinviata al giorno successivo a causa
di un furioso temporale. Costruita con materiali locali di quei tempi, per
tanti anni è rimasta aperta al culto il parroco latino di Contessa, d'estate
saltuariamente vi celebrava la S. Messa). La chiesetta non è crollato col terremoto del 1968, ma è rimasta chiusa al culto per tanti anni.
Nel 1991, col contributo del Comune di Contessa Entellina, iniziano i lavori di restauro, che, per il
cattivo stato di conservazione dell'edificio,
determinano la completa
ricostruzione (pietra a vista per le mura e strutture in legno per il
soffitto.
Erano state collocate nella cappella inizialmente due statue, una
di S. Rosalia ed una di S. Antonino. Oggi solamente la statua di S. Antonino è
ancora nella sua nicchia e quattro banchi sono a disposizione dei fedeli.
Abate Francesco,
"zu Ciccu Iardinari", coltivava gli ortaggi in un terreno di
proprietà della famiglia Lojacono (
Zonja Karulin).
Coltivazione di
arance diffusa in tutti i terreni attigui al torrente Senore, perché potevano
essere innaffiate anche d'estate.
Solo nei periodi
di particolare siccità si stabilivano i turni per innaffiare gli orti, ma
solitamente.
Domenico Mulè
(Quarrazza), un giorno disperato perché il vento gli aveva portato via il
cappello, prese il fucile e fece fuoco in aria, nell'illusione di poter
uccidere lo Scirocco, che soffia spesso impetuoso nel territorio di Contessa.
La valle dei
mulini era rinomata per i numerosi frutteti ed per i deliziosi fichi fioroni (bifari).
Si racconta che ad un contadino gli stimolavano la gola i fioroni del campo
vicino e quindi qualche volta, in assenza del padrone, ne approfittava per
assaggiarli. Una volta non c'era l'ambulante di frutta e verduta, che era
privilegio di chi aveva nel suo terreno orto e frutteti, quindi ogni contadino
attendeva che si maturassero per poterli poi raccogliere e portare a casa a
gradimento di tutta la famiglia. Un giorno
volle scoprire chi gli fregava i fioroni e quindi, facendo finta di
tornare in paese, dopo un po’ tornò nel suo campo e trovò vicino alla
"gebbia" il padrone del campo vicino, che inventò la scusa che si
trovasse lì per recuperare una moneta (cinque lire), caduta dentro la vasca
piena di acqua mentre beveva.
Le aie per la
battitura del grano venivano attrezzare nei campi di ogni contadino, se esposte
al vento per vagliare il grano dalla paglia oppure in alcuni punti, solitamente
di proprietà pubblica (trazzere). Si prenotava l'uso disponendo alcune pietre
al centro dell'aia.
Nel torrente Passicava
si pescavano anguille e granchi, che privati subito delle tenaglie, venivano
arrostiti al fuoco.
Nella cappella
il 13 giugno era celebrata la divina Liturgia dal parroco latino (P. Garaci, P. Lala, P. Clesi).
Le statue di S.
Rosalia (senza un occhio) e di S. Antonino furono portate a dorso di Mulo da
Antonino Rizzuto per essere collocate nella chiesa. Le donne al mattino al
vederle furono prese da spavento.
Case contigue di
Antonino Rizzuto, Luca Di Maggio e Luca Caruso.
Casa rurale di
don Luca Schirò, costruita nel 1924 e coltivata dalla famiglia Politi, poi da
Nicolosi Accursio e quindi da Giammalva per 15 anni dopo il 1945.
Papas Nino e
papas Pietro avevano un campo a Bagnatele.
Davanti la
chiesetta c'era una scalinata rustica fino alla trazzera che andava per
Sommacco, sopra la chiesetta era fiancheggiata dalla trazzera per le case
del feudo Costa del Conte.
Pino Tardo sta ricostruendo in contrada Passo
Cristina l'antica "kalive", capanna in canne, molto diffusa nelle
campagne come luogo di ricovero in caso di cattivo tempo, utilizzata anche nei
soggiorni estivi da chi non aveva una casa in pietra. Di forma quadrata (4 x 4
circa): strato di canne robuste e strato di canne più sottili. Con un montante
al centro (tronco di agave).
Maiolica con l'immagine
di S. Nicola nella casa di Luca
Schirò, in una nicchia, muro di cinta che guarda ad Est.
Frequente la
casa rurale nei vari campi della Valle
dei Mulini.
Molti terreni di
proprietà della famiglia Musacchia, dopo passati ad altre famiglie per i matrimoni
degli eredi.
Nino Lala ha una
copia del catasto terreni di Bagnatele del secolo XIX.
Si narra che un
contadino, irritato per spesso raccoglievano i suoi fichi, un giorno, passata
la notta in attesa dell'autore, lo potè cogliere sul fatto e per dissuaderlo
sparò delle cartucce di sale sul sedere del malcapitato, che fece tesoro della
lezione, senza protestare.
Mulini
Sono stati sempre un elemento importante di particolare interesse
sociale ed economico, perché consentiva
di poter avere in loco la farina, elemento base dell’alimentazione fino a quasi
tutto il XX secolo, quando é stato avviato ed ampliato il consumo di altri
alimenti e la pasta ed il pane non sono
più la base dell’alimentazione; anche nelle località agricole con alta
produzione di grano duro. Si diffonde il consumo di tanti altri prodotti
alimentari finiti e la pasta ed il pane non sono più preparati in casa.
I mulini ad acqua (Gorgo e Alvano) hanno funzionato fino oltre la
prima metà del XX, quando anche a Contessa furono costruiti i primi mulini
funzionanti a corrente elettrica nel centro abitato. Molti contadini
continuarono ancora a macinare il grano duro di loro produzione fino alla fine
del secolo XX. Anche oggi qualche contadino va nei paesi vicini a macinare il
suo grano per fare saltuariamente il pane nel forno a legna domestico, per
preparare focacce, pizze o altri prodotti alimentari in particolari occasione.
Poche però sono le donne che sono ancora capaci di preparae il pane e la pasta
(tagltatelle, lasagne, gnocchi, ecc.) da fare in casa.
Calogero Raviotta
Aprile 1945. La fine dei dittatori e della guerra in Europa
Piazzale Loreto - Milano 1945 |
Il corpo di Benito Mussolini, tra quelli di Claretta Petacci, amante del Duce, e del generale Achille Starace, segretario del partito fascista, appesi per i piedi come capi di bestiame, in segno di supremo oltraggio.
Dopo che Mussolini, la Petacci e Starace furono fucilati il 28 aprile del 1945 da una squadra di partigiani che li aveva intercettati nella loro fuga verso la Svizzera, i loro cadaveri vennero così esposti a piazzale Loreto a Milano, attaccati alle travature metalliche di una stazione di rifornimento di benzina: lo stesso trattamento che un anno prima avevano subito, nello stesso luogo, 15 ostaggi fucilati dai fascisti.
--0--
Il cadavere di Hitler |
Il Capo del Reich, all'arrivo dell'Armata Rossa a Berlino alla fine di Aprile 1945, si era rifugiato in un bunker costruito sotto la cancelleria.
Il Furer contava ancora su una possibilità di successo, quando gli giunse notizia del tentativo da parte di Heinrich Himmler, capo delle SS e delle polizie tedesche, e di Hermann Goring, ministro dell'Aviazione e creatore della Gestapo, di negoziare la resa con i nemici. Entrambi furono destituiti, ma ormai il destino del Reich appariva segnato. Il 30 aprile, mentre i russi stavano giungendo nei pressi della cancelleria, Hitler si suicidò insieme alla sua compagna Eva Braun, che aveva sposato poco prima. Furono gli stessi sovietici a trovare il cadavere, insieme al testamento politico che egli aveva lasciato in cui designava come proprio successore l'ammiraglio Donitz. Anche Himmler e Gobbels seguirono l'esempio del loro capo, e si tolsero la vita prima di cadere in mano nemica. Una settimana dopo la morte di Hitler, il 7 maggio 1945, fu finalmente firmata la resa tedesca e il governo Donitz esautorato.
La guerra in Europa era finita.
Hanno detto ... ...
ANTONIO POLITO, direttore de Il Corriere del Mezzogiorno
Se continua così, Renzi rischia di arrivare alle europee vantando come unica sua riforma l'abolizione del CNEL
MATTEO RENZI, premier
MATTEO RENZI, premier
"La frase di Silvio Berlusconi sui tedeschi e i 'lager mai esistiti' è sbagliata e inaccettabile così com'era assolutamente inaccettabile e vergognosa quella di Beppe Grillo sulla Shoah.
Sono entrambi in campagna elettorale"
GIANNI RIOTTA, giornalista de La Stampa
Sono entrambi in campagna elettorale"
GIANNI RIOTTA, giornalista de La Stampa
Da fine ’800 alla globalizzazione
I pontefici al centro della Storia
Rivoluzione industriale, guerre, dittature, vecchi e nuovi mondi dietro i 4 papi
Roma ha conosciuto molti appuntamenti con la Storia, tragici, gioiosi, indimenticabili. Ieri, nella giornata cui la fantasia popolare ha dato il nome di una trattoria da gita fuori porta, «Quattro Papi», la capitale della Repubblica e ospite della Città del Vaticano, ha però collezionato tanta Storia, davanti a 800.000 pellegrini, telecamere e web, quanta tre secoli non bastano a contenere. San Giovanni XXIII è nato nel 1881, quando la Regina Vittoria regnava sulla Gran Bretagna, l’Italia aveva 20 anni, la Rivoluzione industriale dilagava in Europa e il commercio, non la guerra, sembrava il futuro.
San Giovanni Paolo II è nato invece nel 1920, dopo la follia della Prima Guerra Mondiale in cui San Giovanni XXIII aveva servito, come tenente della Sanità. Papa Wojtyla veniva dalla Polonia, il paese che innesca la II Guerra Mondiale e che ora, nella più acuta crisi internazionale del XXI secolo, fa da retrovia all’Ucraina, sotto pressione russa. Le decine di migliaia di pellegrini polacchi in Vaticano testimoniavano il ricordo di un paese prima smembrato, poi soggiogato per mezzo secolo dal Cremlino.
La forza della Storia era anche nei due papi in vita, Benedetto XVI e Francesco. Papa Ratzinger, costretto a 16 anni in divisa come tutta la sua generazione, in un’unità antiaerea a Obergrashof, (quando ci sarà di nuovo, dopo Roncalli e Ratzinger un papa ex soldato?), poi teologo progressista della rivista Concilium e quindi sdegnato per gli eccessi del movimento studentesco del 1968 e da certe derive, a suo giudizio eccessive del Concilio Vaticano II varato da San Giovanni XXIII, teologo conservatore, consigliere di papa Wojtyla e suo successore.
Papa Bergoglio portava invece il mondo nuovo delle Americhe, periferia diventata centro. Wojtyla aveva combattuto i totalitarismi nazista e comunista e infine il consumismo decadente. Giovanni XXIII, figlio di mezzadri bergamaschi, aveva saputo vedere il conformismo nella Chiesa, la riluttanza ad accettare l’età moderna e aveva introdotto i riti contemporanei, lasciandosi alle spalle secoli di tradizioni, spesso meravigliose –il Canto Gregoriano!- ma che nella frenesia del Novecento più non venivano ascoltate dai fedeli.
Bergoglio –che ha assistito agli orrori delle dittatura in America Latina, ricavandone scetticismo sul libero mercato e gli Stati Uniti- è papa post-moderno. Attento a un mondo dove le ideologie politiche o morali, Wojtyla che sgrida il prete e poeta sandinista Cardenal, Ratzinger che chiude sulle innovazioni etiche, contano meno della pratica comune, il dialogo, l’incontro in una rete di relazioni, virtuali o personali, tra Chiesa e realtà. Dove «realtà» non è più solo la gerarchia, come sembrava spesso –magari erroneamente- con Ratzinger, o la Chiesa intera, come sembrava con Wojtyla ma di nuovo, come ai tempi di Roncalli, «tutta» l’umanità, cattolici e no, fedeli e no, ciascuno «pecorella» cara al «pastore». Quando Bergoglio cita la fede semplice che gli viene dalla nonna, certi nasi raffinati, in Vaticano e no, si arricciano «la teologia della nonna, ora!». Ma non si tratta di ingenuità.
Se volete capire la macchina di simboli storici, politici e di fede che Bergoglio ha messo in moto con la canonizzazione parallela di Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, rileggete il racconto «Padre Sergio» di Tolstoj, il protagonista ufficiale brillante, deluso dalla corte dello zar, che diventa monaco celebre, poi eremita in odore di santità, ma che quando si perde e diventa vagabondo, capisce che la fede semplice di una casalinga, sua ex compagna di giochi da bambino, è più vicina a Dio del suo misticismo narcisista. Chi ancora equivocasse sull’«ingenuità» di Francesco, dimenticando il candore delle colombe e l’accortezza dei serpenti evangelici, rilegga un editoriale del Washington Post di tre anni fa, a firma del columnist E. J. Dionne (http://goo.gl/eccxj), che per smussare i contrasti nella Chiesa tra conservatori e riformisti suggeriva, con sottile diplomazia da analista politico, appunto di celebrare insieme Wojtyla e Roncalli, neutralizzando polemiche e fazioni.
Quante altre istituzioni al mondo sono in grado di mettere in campo tanta storia, in un solo giorno? Dopo le amarezze, gli scandali, le divisioni, è stata una buona giornata per i cattolici. I problemi di Francesco restano enormi, in Europa e America le chiese romane si svuotano, tanti cattolici lasciano la fede, per delusione o indifferenza, il «materialismo» attrae più della religione. Ma il Novecento ha lasciato il dubbio –non ci parlano di questo dubbio Kafka, Beckett, T.S. Eliot?- che la luce assoluta della ragione, temuta dal filosofo Adorno, non illumini l’Eden, ma anche il lager, la solitudine, l’alienazione.
Celebrando con Ratzinger due papi santi, papa Francesco è sembrato chiederci, con la sua sorridente profondità, ma quando la Costituzione europea negò senza eccezioni un sia pur minimo riferimento alla remota tradizione religiosa, mentre gli Americani hanno «In God we Trust» e «A nation under God», per venire poi bocciata dai cittadini, non si trattò forse di un errore? Forse tra le ideologie finite non c’è pure il muro di filo spinato tra Chiesa e Stato, sempre divisi da una Porta Pia di diffidenze, vecchie ormai di secoli?
Non ci può essere nel presente un diverso dialogo tra politica e religione, tra ideali civili e fede, tra laici e cattolici, tra atei e cristiani: non ci sentiamo forse in tanti, di giorno in giorno, protagonisti di queste diverse parti nel nostro tempo?
domenica 27 aprile 2014
L'Albania. Conoscere il paese da cui discendono gli arbëresh (n. 10)
Ancora su Religione e Letteratura
L'Albania (Republika e Shqipërisë) dal punto di vista religioso è uno stato laico in cui è garantita la libertà di culto. La maggior parte della popolazione è musulmana (oltre un terzo della popolazione).
Seguono i Cristiani, con una prevalenza -secondo il censimento del 2011- dei Cattolici sugli Ortodossi. I Cattolici sono insediati in prevalenza nel Nord del paese mentre gli Ortodossi prevalgono nel Centro-Sud.
Al Censimento del 2011 il 14% della popolazione si è rifiutata di rispondere alla domanda circa la religione di appartenenza.
Art. 10 della Costituzione
1. La Repubblica non ha una religione ufficiale.
2. Lo Stato è neutrale nelle questioni religiose e in quelle di coscienza, e garantisce la libertà della loro esposizione nella vita pubblica.
3. Lo Stato riconosce l’uguaglianza delle comunità religiose.
4. Lo Stato e le comunità religiose rispettano la loro indipendenza reciprocamente e concorrono per il bene di ognuno e di tutti.
5. I loro rapporti sono regolati sulla base di intese stipulate tra le relative rappresentanze e il Consiglio dei Ministri che si ratificano dal Parlamento.
6. Le comunità religiose hanno personalità giuridica. Esse hanno una loro autonomia amministrativa e patrimoniale secondo i propri principi, regole e canoni, a condizione che non violino l’interesse di terzi.
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La lingua albanese, lo abbiamo già scritto in precedenti scritti, appartiene alla famiglia delle lingue indoeuropee e si suddivide in due grandi sottogruppi dialettali, il ghego (a Nord) ed il tosco (a Sud), tra i quali esistono delle differenze.
Per la mancanza di un alfabeto unitario, istituito solo dopo il 1908 (congresso di Monastir) e definitivamente consolidatosi dopo il 1945 con l'adozione del tosco come lingua letteraria , il filone più ricco della cultura albanese, la poesia popolare, fu affidata fin dalle origini alla tradizione orale e fissato per iscritto, con numerose alterazioni, solo nel XIX secolo.
Per questo motivo e per l'oppressione politico-culturale dei Turchi subita dall'Albania dal XV secolo fino al 1912, la storia letteraria albanese è relativamente povera di autori e di opere.
Art. 14 della Costituzione
1. La lingua ufficiale della Repubblica dell’Albania è l’albanese.
2. La bandiera nazionale è colore rosso con un’aquila bicefala nera in mezzo.
3. Lo stemma della Repubblica albanese presenta uno scudo sullo sfondo rosso con un’aquila nera bicipite in cima allo scudo colorato d’oro, è posta l’elmo di Scanderbeg.
4. L’inno nazionale è “Uniti intorno alla bandiera”.
5. La festa nazionale della Repubblica albanese è il giorno della bandiera, il 28 novembre.
6. La capitale della Repubblica albanese è Tirana.
7. La forma, le dimensioni dei simboli nazionali, il contenuto del testo dell’inno nazionale e la loro applicazione sono stabiliti secondo la legge.
Il Vangelo alla luce dei fatti di ogni giorno
GIOVANNI 20 19-31
IL SIGNORE MIO E IL DIO MIO
19 Essendo dunque la sera di quel giorno, il giorno uno dei sabati della settimana ed essendo sprangate le porte dove erano i discepoli per la paura dei Giudei, venne Gesù e stette nel mezzo e dice loro: Pace a voi. 20 E detto questo mostrò loro le mani e il fianco. Allora gioirono i discepoli, avendo visto il Signore. 21 Allora disse loro Gesù di nuovo. Pace a voi. Come il Padre ha mandato me, anch’io invio voi. 22 E detto questo, insufflò e dice loro:
Accogliete lo Spirito Santo. 23 A chi rimettete i peccati gli sono rimessi, a chi li ritenete, sono ritenuti. 24 Ora Tommaso, uno dei Dodici, quello detto Didimo (= gemello), non era accanto a loro quando venne Gesù.25 Dicevano dunque a lui gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore. Ora egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani l'impronta dei chiodi e non getto il mio dito nell'impronta dei chiodi e getto la mia mano nel suo fianco, non crederò affatto. 26 E, otto giorni dopo, di nuovo erano dentro i suoi discepoli e Tommaso accanto a loro. Viene Gesù, a porte sprangate, e stette (in piedi) nel mezzo e disse: Pace a voi. 27 Poi dice a Tommaso: Continua a portare il tuo dito qui e vedi le mie mani; e continua a portare la tua mano e gettala nel mio fianco. E non continuare a diventare incredulo, ma credente.- 28 Rispose Tommaso e gli disse: Il Signore mio e il Dio mio! 29 Gli dice Gesù: Perché mi hai visto, hai creduto: beati quelli che non videro e credettero. 30 Certo molti altri segni fece Gesù al cospetto dei [suoi] discepoli che non sono scritti in questo libro; 31 questi però sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché credendo abbiate vita nel suo nome.
Accogliete lo Spirito Santo. 23 A chi rimettete i peccati gli sono rimessi, a chi li ritenete, sono ritenuti. 24 Ora Tommaso, uno dei Dodici, quello detto Didimo (= gemello), non era accanto a loro quando venne Gesù.25 Dicevano dunque a lui gli altri discepoli: Abbiamo visto il Signore. Ora egli disse loro: Se non vedo nelle sue mani l'impronta dei chiodi e non getto il mio dito nell'impronta dei chiodi e getto la mia mano nel suo fianco, non crederò affatto. 26 E, otto giorni dopo, di nuovo erano dentro i suoi discepoli e Tommaso accanto a loro. Viene Gesù, a porte sprangate, e stette (in piedi) nel mezzo e disse: Pace a voi. 27 Poi dice a Tommaso: Continua a portare il tuo dito qui e vedi le mie mani; e continua a portare la tua mano e gettala nel mio fianco. E non continuare a diventare incredulo, ma credente.- 28 Rispose Tommaso e gli disse: Il Signore mio e il Dio mio! 29 Gli dice Gesù: Perché mi hai visto, hai creduto: beati quelli che non videro e credettero. 30 Certo molti altri segni fece Gesù al cospetto dei [suoi] discepoli che non sono scritti in questo libro; 31 questi però sono stati scritti affinché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e affinché credendo abbiate vita nel suo nome.
Brano del Vangelo di Giovanni proclamato in questa domenica nelle Chiese di Rito Bzantino
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Didimo, significa gemello. San Tommaso è gemello di tutti noi che, oggi, nel ventunesimo secolo, ci diciamo Cristiani, e -come lui- non c'eravamo quando il Signore apparve agli impauriti suoi discepoli, che stavano a porte chiuse.
Tommaso non c'era quando gli altri lo videro ed è tentato, come molti di noi, a non credere alla loro testimonianza, al loro racconto.
In pratica chi vide credette. Egli non c'era e non vide.
Dopo l'esperienza di coloro c'erano e videro, inizia la vicenda dei "cristiani" che non c'erano e devono credere a ciò che raccontano i pochi che c'erano. Inizia la vicenda della Fede.
Tommaso non solo dubita del Risorto, ma esclude pure il valore della testimonianza.
Allora ?
Più volte abbiamo insistito su questa rubrica sul concetto "Cristianesimo= relazione col prossimo".
Tommaso non crede perchè non era con gli altri. Era assente, non sappiamo per quale motivo. Il senso del Cristianesimo sta nel rapporto col prossimo, nella relazione con l'altro.
Pure noi oggi nel mondo globalizzato, individualista, liberista, il più delle volte non crediamo. Non ci siamo lì dove dovremmo trovarci.
Chi di noi vuole credere, vuole possedere la Fede non l'ottiene lontano dagli "altri", contrastando gli altri, gli "emigranti", chiudendosi nelle torri d'avorio, lontano dalle paure e dalle preoccupazioni degli altri.
E' indispensabile che si vivano i problemi, le paure degli altri ed allora ci si accorge che la vita cambia.
Incontrare il Risorto non significa che solo Questi è risorto, ma che con lui, visto vivo e presente nella cerchia in cui stanno gli "altri", tutti possono scoprire di essere "risorti".
Lo scoprono oltre che con gli occhi della vista, pure con gli occhi del cuore.
Lo scoprono oltre che con gli occhi della vista, pure con gli occhi del cuore.
Tommaso ha scoperto il Risorto quando si è ritrovato con gli altri.
sabato 26 aprile 2014
Berlusconi conosce la Storia ?
Nessuno sembra averci fatto caso, ma la battuta sul kapò di Silvio Berlusconi è stata di
pessimo gusto in quanto frutto di finta ignoranza della Storia e perchè rivolta
all'esponente di un partito (la SPD) che si è opposto al nazismo e di cui molti
membri sono finiti nei lager per davvero, e non per una barzelletta berlusconiana.
Widerstand (="resistenza"
in tedesco), fu il movimento
di opposizione clandestino al governo di Hitler, attivo in Germania negli anni dal 1933 al 1945.
Dopo il 1933 e la presa di potere da parte di Adolf Hitler il partito
Socialdemocratico fu dichiarato illegale in Germania. I suoi membri decisero di opporsi
clandestinamente al nazionalsocialismo e Brandt (per citare un nome fra i più conosciuti in Italia) fu
incaricato di costituire una cellula di opposizione a Oslo.
Emigrò infatti in Norvegia assumendo nel 1934 il nome di copertura di Willy
Brandt che nel 1949 (a guerra finita) divenne il suo nome ufficiale (al
posto del suo vero cognome Frahm).
La Modernità. Come l'Umanesimo, l'Illuminismo, la Scienza hanno cambiato l'uomo
Nell'antichità rappresentava la cultura di ciascun popolo
Basta andare a Segesta, Selinunte, Agrigento e capire che l'uomo antico, l'uomo greco, metteva al centro della propria vita il Tempo, la religiosità.
La stessa cosa capita con la successiva cultura romana, la cui testimonianza archeologica ci lascia capire che accanto al Tempio, alla divinità dei Cesari, viene posto nel centro delle grandi città il Circo, il divertimento, la distrazione della gente rispetto all'esercizio del Potere da parte dei potenti.
In ogni caso, sia nel caso della civiltà greca che romana, è la ricchezza, lo splendore del potere accanto alla violenza del Potere che domina il cuore delle città.
Il Tempio, il Circo o altre realizzazioni simboliche esprimevano bene la concezione dell'uomo circa ciò che era buono, era auspicabile. Il Tempio rappresentava il "divino" invisibile che si manifestava attraverso la volontà di chi -di volta in volta- esprimeva il potere: il re, l'imperatore, il tiranno.
La volontà del Divino non era altra che la volontà del Potere terreno dei più forti. Accadeva così che volta in volta il popolo inneggiava chi occupava il Potere terreno; e costui si presentava a chi lo inneggiava come espressione della volontà divina.
Il potente di turno delegava l'interpretazione, il linguaggio, del divino ai "sacerdoti" che abitavano il Tempio, il grande e magnifico edificio che stava al centro della vita comunitaria, mentre egli, il Re, l'Imperatore, il Tiranno, si occupava della gestione della ricchezza, del dominio con la forza della violenza sul popolo, gli schiavi, i sudditi e faceva però sapere loro che egli era loro Capo perchè li difendeva dai nemici.
Godere della ricchezza, difendere la città, lo Stato, dai nemici esigeva che il "potente di turno" fosse il più violento della comunità.
Quando quel re, imperatore, tiranno, veniva fatto fuori perchè non sufficientemente "violento" a subentrargli era un altro personaggio più "feroce" del primo; il nuovo arrivato finiva per rappresentare, nel Tempio, la divinità. Si presentava ai sudditi come il più capace di difenderli dai ... nemici.
(segue)
Pasqua a Contessa Entellina: tradizioni, inni, preghiere, poesie ... ... di Calogero Raviotta
Canti
liturgici e paraliturgici della tradizione religiosa e popolare
I testi di seguito riportati, che riguardano il giorno di Pasqua,
completano quanto già proposto all'attenzione dei lettori per far conoscere le celebrazioni della
Quaresima e della Settimana Santa a Contessa Entellina.
La Resurrezione di Cristo viene annunciata già nella notte di
Pasqua da gruppi di giovani, che, accompagnati da strumenti musicali, per le
strade di Contessa e fermandosi anche davanti alla porta delle
case, cantano l'inno della Resurrezione in greco, in albanese ed in italiano: “Cristòs
anésti ek nécròn, thanàto thànaton patìsas, kjé
tis en tis mnìmasi zoìn harisàmenos - Krishti u ngjall! Aì tue
vdekur ndridhi vdeqjen e shkretë e të vdekurvet te varret i dha gjellën e vërtetë - Cristo é
risorto dai morti; morendo calpestò la morte e donò la vita a quelli che
giacevano nei sepolcri”.
Completano il testo di questo inno liturgico i versi di seguito
riportati, scritti da Antonino Cuccia, poeta popolare arbresh di Contessa.
Tri ditë In'Zot Tre
giorni Nostro Signore
Rrijti nën dhe; Stette
sotto terra
Na u gjall si sot, E'
risorto come oggi,
Me shum' haré. Con
molta gioia.
Të vrart Iudhenj I
malvagi Giudei
Kur Krishtin vran Quando
uccisero Cristo
Ruajtin varrin Custodirono
la tomba
Me lëftar' nga anë! Con
sentinelle ad ogni lato.
U sdrip një engjjëll Discese
un angelo
Gjithë i shkëlkjiem: Tutto splendente
Drasë sbëlòn, Scopre
la lastra:
Crishti fluturòn. Cristo
vola via.
Lëftartë u llavtin I
soldati si atterrirono,
Jiktin e vanë, Fuggirono
e andarono
Gjithvet i thanë A
dire a tutti:
Gjella fluturoj. La
vita é volata.
Me shumë menatë Di
buon mattino
Jerdhën grat; Vennero
le donne,
Engjëllin pan: Videro
l'angelo
Ku isht Krishti? I thanë. E
gli chiesero: dov'é Cristo?
Engjëlli i thot: L'angelo
risponde:
Mos kini dré, Non
abbiate timore,
Mos Kërkoni, Non
cercate,
Nga varri u ngré. S'é
alzato dal sepolcro.
U nisën grat, Si
avviarono le donne,
Jertin më dhe Per
ritornare
Tue kunduar: Cantando:
Kemi haré! Abbiamo
la gioia.
Antonino Cuccia
(1850-1938), poeta popolare arbëresh
Nato a Contessa Entellina nel 1850, Nino Cuccia (Strollaku), come tutti i ragazzi
contessioti delle famiglie contadine, ben presto dovette dedicarsi ai lavori di
campagna. Dotato di una intelligenza non
comune, imparò a leggere ed a scrivere.
Osservatore acuto del comportamento dei concittadini, ne rilevò
gli aspetti più ridicoli, descrivendoli satiricamente. Non ci rimane però
nessuna opera scritta direttamente da lui, che era solito recitare i suoi
versi. Conosciamo alcune sue opere, perché il testo é stato trascritto da
qualcuno, che l’aveva ascoltato dalla sua viva voce.
Di due opere satiriche, “Tania” e “Tavulata” conosciamo il titolo,
qualche verso ed il contenuto, tramandati oralmente fino ad oggi.
Nel poemetto “Tania” critica il lavoro delle donne nei campi e
mette in rilievo l’avarizia di alcuni contadini. Nel secondo poemetto,
“Tavulata”, mette in ridicolo gli interminabili e tradizionali banchetti
nuziali (pettegolezzi, litigi, ecc.).
La poesia
“Stosanesi”, conosciuta da molti,
descrive, con espressioni sintetiche ma molto efficaci, la resurrezione di
Cristo e la tradizione, che si rinnova ogni anno a Pasqua a Contessa.
I versi di un’altra poesia, di cui si conosce solo il titolo
(“Zotrat” - I preti), illustrano invece i secolari vivaci rapporti tra il clero
di rito bizantino ed il clero di rito romano, che nelle comunità
siculo-albanesi costituiscono una caratteristica e interessante componente
della vita locale.
Molti gli epigrammi e le poesie, composti nella tarda età, di ogni
genere e tramandati solo oralmente.
Le sue opere costituiscono una testimonianza significativa sia
della lingua albanese parlata a Contessa sia
della vita della comunità contessiota, relativamente al periodo in cui é
vissuto.
Antonino Cuccia, cultore poco noto della poesia popolare
arbëreshe, é morto a 88 anni a Contessa Entellina.