sabato 15 marzo 2014

Entella, Timoleonte e la cultura di allora (n. 5)

Abbiamo descritto nelle scorse settimane come l'esercito siceliota arrivato al seguito di Timoleonte da Siracusa si sia posizionato (in c.da Carrubba) nelle alture frastagliate ed intervallate da incisivi torrenti che confluivano, allora come oggi, nel Belice Sinistro.


Dai testi storici di Plutarco e di Diodoro appare evidente che i punici in Sicilia non tenessero un esercito a tutela e sicurezza delle citta' loro alleate e -dalle letture delle loro cronache che mostrano grande spirito enfatico- apprendiamo che a Marsala (Lilibeo) per tentare di espugnare Entella (passata dall'alleanza con i cartaginesi a quella con i sicelioti) sbarcarono 70.000 soldati.
La successiva battaglia viene descritta interamente sotto il segno ed i presagi favorevoli della volonta' divina. 

-Voli di aquile (riferiti come messaggeri divini), 
-vento e tempesta che favoriscono i sicelioti 
-ed il Crimiso che si ingrossa fino a straripare e a indurre i punici a mettersi disordinatamente in fuga. 

Un aquila con un serpente fra gli artigli, prima della battaglia, sorvola la contrada Carrubba -accampamento siracusano- e fra i soldati si diffonde la paura, ma Timoleonte da' immediatamente una lettura di auspicio, di vittoria, a quel messaggio di Zeus.

A battaglia conclusa Timoleonte fara' coniare in molte citta' siceliote monete con l'aquila che tiene un serpente negli artigli.
Un aspetto che ricorre nelle descrizioni delle battaglie, in tutte le battaglie,  fra sicelioti e punici e che gli storici riportano sono: 

-il fiume che si ingrossa (p.e. l'Himera ), 
-il temporale ed il vento che sempre favoriscono i greci di Sicilia. 
Ed in effetti le battaglia sull'Himera (presso Termini Imeresi) e sul Crimiso vengono descritte con molte similitudini, seppure distanziate nel tempo. 
Sull'Himera (480 a.C.) il comandante siracusano che usava astuzia e stratagemmi era Gelone, sul Crimiso c'era Timoleonte. 
L'armata cartaginese che precipitosamente fugge dal corso dell'Himera e si raccoglie a Marsala per tornare in patria si ripete con i punici che scappano dal Belice, lasciando sul teatro di guerra migliaia di morti, verso Marsala per imbarcarsi e tornare in patria. 
In entrambi i casi i prigionieri cartaginesi furono adibiti sul territorio dell'isola all'esecuzione di opere pubbliche, idrauliche soprattutto.

Come pote' -concretamente-  l'esercito dei sicelioti avere, con facilita', la meglio sull'Armata cartaginese ?
Sullo sfondo si intravede uno scorcio della Rocca
Sulla destra inizia la frastagliata altura che arriva a
Carrubba e a Malacarne. Il Belice sinistro scorre
alle pendici delle alture e nell'area pianeggiante
oggi destinata alla viticoltura.

Dalle colline prospicienti la confluenza del Belice, quelle che stanno di fronte alle alture di Kautalì, i siracusani -nascosti anche grazie ad una fitta nebbia, non infrequente ancora ai nostri giorni (specialmente da quando e' operante la diga Garcia) - piombarono sul guado che i cartaginesi avrebbero dovuto attraversare per poter quindi cingere d'assedio -come si proponevano- la Rocca di Entella, e magari tentare di accedere in città forzando le difese dalla contrada Petraro (Nord-Ovest della Rocca).

Scopo dei nostri interventi sul Blog è stato quello di stimolare la curiosità del lettore. 
Ci auguriamo di essere riusciti nell'intento. Dal prossimo numero inizieremo a pubblicare le traduzioni della questione (339 a.C.) siceliota/punica su Entella come la descrissero Plutarco e Diodoro.
(segue)

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