venerdì 7 febbraio 2014

PATRIMONIO CULTURALE DI CONTESSA ENTELLINA ... ... . di Calogero Raviotta

Il patrimonio culturale di Contessa Entellina, vasto e peculiare, può essere raggruppato in due grossi filoni: uno fa riferimento ad espressioni, che sono comuni a tante altre località, e l'altro  invece é costituito da espressioni esclusive della Comunità italo-greco-albanese.
Come tanti altri comuni della Sicilia infatti Contessa ha, nel suo territorio, molteplici espressioni di patrimonio culturale costituite principalmente da:
- testimonianze di interesse storico-archeologico: ruderi del Castello di Calatamauro, scavi di   Entella e di altri insediamenti antichi locali, due ponti medioevali (uno sul torrente Chiarello e       l'altro sul torrente Senore);
- testimonianze di interesse monumentale e architettonico (Chiesa e Monastero di S. Maria del Bosco, chiese del Centro abitato, cappelle rurali);
- testimonianze di vita agricolo-pastorale (antichi casolari e antichi abbeveratoi, attrezzi            agricoli, ecc.);
- bellezze paesaggistiche e ambientali (Bosco di Calatamauro con la particolare flora e fauna, Monte Genuardo, Rocca  Entella, ecc.) con vincoli di riserve naturali o zone protette;
- testimonianze di interesse artistico e artigianale (statue, paramenti e arredi sacri, tele, affreschi,         icone, bassorilievi, ecc.);
- testimonianze di interesse documentale (volumi della biblioteca del Monastero di S. Maria del          Bosco, archivio comunale, archivi parrocchiali, archivi privati).
Il patrimonio culturale della Comunità locale italo-greco-albanese invece é rappresentato da peculiari espressioni, il cui contenuto si può ricondurre ai seguenti principali  aspetti:
- etnico-linguistico (storia, usi, costumi, tradizioni, lingua, ecc. degli antenati albanesi);
- religioso (rito bizantino greco: paramenti e arredi sacri, liturgia, iconografia, melurgia, ecc.).
Le principali testimonianze ancora vive, che caratterizzano oggi l'identità italo-albanese e greco-bizantina di Contessa  sono la lingua, i costumi ed il rito, in particolare manifestate in occasione delle festività religiose: Epifania, Lazzaro, Venerdì Santo, Pasqua, festa principale dedicata alla Madonna della Favara (8 settembre), S. Nicola e Immacolata.

Vara della Madonna della Favara
Dal secolo XVII in Sicilia si diffonde l’uso di portare in processione le statue e le immagini di Cristo, della Madonna e dei Santi, con dei fercoli sempre più preziosi e artisticamente rifiniti, vere opere d’arte.
Avendo visto e ammirato forse le famose e sempre più diffuse “vare” nelle processioni dei paesi vicini (Sambuca, Sciacca, Giuliana, ecc.), i contessioti cominciano a pensare di rendere più solenne la processione della Madonna della Favara facendo costruire una vara.
Tale desiderio viene realizzato nel 1838 dal comitato nominato, come ogni anno,  per organizzare la festa dell’otto settembre in onore della Madonna della Favara.
E’ parroco della Chiesa greca, in tale anno, don Epifanio Lojacono e sono designati membri del Comitato don Giacomo Parrino, Don Giuseppe Plescia ed il Signor Giovanni Cuccia, i quali nominano procuratore speciale, per gli adempimenti connessi alla costruzione della vara, don Spiridione  Lojacono.
Il Comitato della festa del I838 dedica particolare impegno alla raccolta dei fondi necessari sia per la costruzione della nuova vara sia per le manifestazioni previste per la festa dell'8 settembre.
Sono raccolte offerte in denaro ed in  natura in tutto il territorio di Contessa, sia nel centro abitato che presso le case sparse nei feudi.
Nel giorno undici maggio 1838 presso lo studio del notaio Giuseppe Donato viene firmato a Palermo il contratto di costruzione della vara.
Nel 1838 la festa della Madonna viene celebrata quindi con particolare solennità perché, per la prima volta, la statua è portata in processione su un nuovo fercolo, la vara. Può risultare interessante riferire alcune note curiose rilevate nel consultare i documenti riguardanti la costruzione della vara. Negli elenchi delle persone che danno il contributo in denaro o in prodotti, alcuni nominativi sono citati anche col soprannome (Pizzicona, Linazza, Papaciata, Nascia, Ura, Catinella, Baccarona, Pagnocco, Carvalla, Consalemmi, Mammola, Pagliaccio, Fiscaletto, Brugolone).
Il primo titolo di spesa annotato porta la data del 10 settembre 1837, da cui si desume che si comincia a pensare alla costruzione di una Vara  un anno prima, cioè subito dopo la festa del 1837.
Tra le spese è riportato l'importo per la "vastasata", cioé del trasporto tramite i portatori allora chiamati “vastasi”. Tale termine suscita sorpresa e stupore per il significato volgare che la parola ha oggi nel linguaggio popolare, mentre il suo vero significato, che deriva dal greco “vastazo”, é  “trasporto”, in questo caso della vara, che  è trasportata da Palermo a Contessa, passando per Piana dei Greci e per la contrada "Rigalbate", attraverso quindi le trazzere che collegano Contessa al capoluogo. Durante il trasporto è  necessario anche far intervenire degli operai con zappa e altri attrezzi per sistemare i punti di difficile transito. La data di costruzione della vara (1838) é impressa all'interno del basamento della medesima.

A proposito dei vastasi della vara…..
Molti rimarranno scandalizzati da questo titolo, che accosta una parola "vastasi", che ha oggi un significato volgare nel linguaggio popolare, ad un'altra parola "vara", che comunemente indica invece lo sgabello o fercolo utilizzato per portare in processione una statua o un'immagine, cui una comunità dedica una particolare venerazione.
Questo stupore certamente svanirà dopo aver letto quanto di seguito verrà esposto, che dimostrerà che l'accostamento delle due parole non ha nulla di blasfemo o di sacrilego.
Anch'io infatti sono rimasto stupito leggendo la parola "vastasi" e "vastasata" nel manoscritto del sacerdote Epifanio Lojacono, che nel 1838 annotò scrupolosamente le notizie, i dati della colletta pubblica e le spese riguardanti la costruzione della “vara”, che oggi viene usata per portare in processione la Madonna della Favara a Contessa Entellina.
Ho pensato che l'accostamento delle due parole non poteva essere stato determinato da una distrazione e quindi la parola "vastasi" doveva avere nel 1838 una significato diverso da quello odierno, che indica persone che parlano volgarmente o tengono un comportamento volgare.
Il vocabolario di lingua italiana Garzanti accanto alla parola "vastasata" riporta questo significato "farsa popolaresca fiorita a Palermo nel 1700".
Questa spiegazione non ha fatto però svanire il mio stupore e la mia curiosità, per cui ho cercato altre parole nel vocabolario ed ho trovato il termine "vastaso", che ha il significato di facchino, e deriva dal latino medievale "vastasius".
Dopo aver meditato su quanto letto nel vocabolario, mi é venuto in mente che in greco il verbo bastazw (vastàzo) significa "trasportare, portare un carico" e così ho cominciato a comprendere il vero significato delle parole "vastasi" e "vastasata", riportate nel citato manoscritto  del 1838 di Don Epifanio Lojacono: "vastasius" é il termine "bastasius" o "bastaxius", derivato dalla parola greca col significato originario di "portare", tale rimasto fino al secolo scorso, quando nel dialetto siciliano  "vastasu" e nella lingua spagnola "bustaje" cominciò ad essere utilizzato col significato di "persona volgare".
In Sicilia non sono poche le parole oggi usate che derivano dal greco, dal latino, dall'arabo, dallo spagnolo e dal francese, conseguenza delle dominazioni di tali popoli nell'isola (Kanqaros-kàntharos-vaso; Bombulos - vòmvilos-piccolo vaso; katarrakths-  katarràktis- porta pensile.
Il termine "vastasu", che letteralmente significa facchino, il cui linguaggio a volte é volgare, ha generato il significato di persona che si comporta o parla in maniera volgare.
Ma la parola "vastasu" oggi non ha solamente tale significato, perché come termine usato in edilizia ha tenuto l'originario significato: nella costruzione dei tetti con travi di legno "u vastasu"  indica il palo che fa da "portante", dal greco bastazo (portare), come sopra già chiarito.
Dopo questa dettagliata ricostruzione del significato della parola "vastasu" lo stupore iniziale é svanito e quindi l'accostamento alla parola "vara" trovata nel manoscritto citato di Don Epifanio Lojacono non é stata una svista, né una provocazione di cattivo gusto, ma una corretta descrizione, secondo il significato che la parola vastasu aveva nel 1838, perché si é voluto indicare i portatori della vara, cioè le persone che  con spirito di responsabilità e devozione portano in processione la statua della Madonna della Favara con la storica "vara".

Quando i portatori della “vara", nel corso della processione dell’otto settembre, tengono un comportamento  corretto e dignitoso nelle parole e nei fatti sono veri "vastasi della vara", perché richiamano alla mente l'antico, autentico e originario significato della parola vastaso  (portatore).

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