lunedì 17 febbraio 2014

Hanno detto ... ...

Il giudizio della storia sui condottieri, siano essi generali, leader politici o militanti rivoluzionari, non dipende quasi mai dal modo, più o meno sbrigativo, in cui conquistano il potere, ma dall’uso che ne fanno una volta saliti al comando. Così sarà per Matteo Renzi, che giusto in queste ore sta assumendo la guida del Paese. Se fallirà, tutti lo rimprovereranno: sei stato spregiudicato, hai tradito l’amico Letta, ti sei autoproclamato premier, sei venuto meno alla promessa di non scalare il potere senza una vittoria elettorale alle spalle. Se avrà successo, anche gli indignati di oggi finiranno per perdonarlo. 
Istintivamente, mi sento più fra i perplessi che fra gli entusiasti. E tuttavia c’è una ragione che mi induce a sorvolare sulla evidente scorrettezza, o se preferite irritualità, del comportamento di Renzi. Questa ragione è puramente negativa, ma ha una sua forza. La riassumerei così: nessun rimpianto per quel che ci lasciamo alle spalle. 

Può darsi che Renzi alla fine non combini nulla di buono, può darsi che provi a cambiare l’Italia e non ci riesca. 
Può darsi – speriamo di no – che commetta degli errori. Però basta ripercorrere con un po’ di lucidità e di disincanto l’esperienza degli ultimi due anni per rendersi conto che è dalla primavera del 2012 che, nonostante la buona volontà di Monti e di Letta, l’Italia non ha un governo all’altezza dei suoi problemi. L’ultimo tentativo di governare il Paese (non entro qui nel merito se bene o male) risale ai primi 4-5 mesi del governo Monti, più o meno dal novembre del 2011 ad aprile 2012. In quel periodo venne varata la riforma delle pensioni (con il grave effetto collaterale dei cosiddetti esodati) e, dopo alti e bassi, venne fermata in qualche modo la corsa dello spread Italia-Germania, che nel marzo del 2012 tocca il minimo dell’anno. Dopo di allora è stata tutta una navigazione a vista, con alcune cose apprezzabili sia da parte di Monti sia da parte di Letta, ma senza una chiara direzione di marcia e soprattutto senza alcuna vera intenzione di mettere mano ai problemi più difficili. Dove per problemi più difficili non intendo le pur importantissime riforme delle regole (legge elettorale, bicameralismo, titolo V, regolamenti parlamentari) bensì i grandi nodi dell’ultimo quarto di secolo: mercato del lavoro, pressione fiscale sui produttori, ipertrofia burocratica e normativa, spreco di risorse pubbliche, parassitismo di intere porzioni di territorio.
ANTONIO POLITO, direttore de Il Corriere del Mezzogiorno
Il ragionamento dei renziani è che siccome non avrebbero più fatto fare niente al governo, era inutile tenersi il governo. Tautologici.
MASSIMO CACCIARI, filosofo
Se Renzi va in Europa a parlare con la retorica da boy scout, siamo fritti

PAOLO MIELI, già direttore del Corriere della Sera
"Gli italiani, un popolo di cortigiani prima con Monti, poi con Letta e ora con Renzi"


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