lunedì 30 dicembre 2013
Ingiustizia. In Italia solo due categorie non subiscono gli effetti della crisi: i politicanti da quattro soldi ed i magistrati
La Corte costituzionale, pure essa, alimenta il processo di sfiducia e di degrado del Paese. Con la sentenza numero 310 del 17 dicembre 2013 viene rigettando il ricorso presentato da alcuni docenti universitari e ritenuto legittimo (per esigenze di equilibrio del bilancio statale) il blocco degli stipendi dei pubblici dipendenti e dei loro diritti, con una sola eccezione: i magistrati.
Già in precedenza i magistrati erano stati graziati dalla Corte costituzionale con la sentenza numero 223 del 2012, dal subire i sacrifici conseguenti alla crisi delle casse pubbliche, che aveva già dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma (il decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, intitolato "Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica") che bloccava ii meccanismi di adeguamento retributivo per il personale della magistratura.I magistrati di ogni ordine e grado possono quindi dormire sonni tranquilli.
La pronuncia evidenzia in particolare le “peculiari modalità di attribuzione dell’adeguamento, mediante acconti e conguagli, per il solo personale della magistratura" e riafferma che attraverso la legge, sulla base dei principi costituzionali, “ha messo al riparo la magistratura da qualsiasi forma di interferenza che potesse, sia pure potenzialmente, menomarne l’autonomia e l’indipendenza, sottraendola alla dialettica negoziale".
In pratica tutto questo allegro svolazzio di diritti non vale per le altre categorie, né per i docenti del settore pubblico ne' per i pensionati ne' per nessun'altro essere umano di nazionalita' italiana. Scrive infatti la Corte che "il sacrificio imposto al personale docente, se pure particolarmente gravoso per quello più giovane, appare, in quanto temporaneo, congruente con la necessità di risparmi consistenti ed immediati".
Le categorie che avevano fatto ricorso ora annunciano appello: "È una sentenza scandalosa" dice Michele Poerio, segretario nazionale della Confedir (dirigenti scolastici) "che impugneremo davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo per violazione dei diritti dell'uomo e della contrattazione collettiva. La sentenza determina trattamenti diversi e opposti nei confronti di dipendenti pubblici, alcuni dei quali - i magistrati - vengono tutelati dalla grave perdita del potere di acquisto del loro reddito, diversamente da altri con stipendi ben inferiori ed a volte alla soglia di povertà".
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