domenica 1 settembre 2013

Aspettando il nuovo Eparca (n. 29)

Sull’ultimo numero di Iuria Orientalia è riportato un articolo di JACOB MANDIYIL, della Curia Arvivescovile di Colonia (Germania), dal titolo DIRITTI E DOVERI DEI VESCOVI LATINI VERSO I FEDELI DELLE CHIESE ORIENTALI CATTOLICHE, da cui estrapoliamo i contenuti per alcune nostre riflessioni.
In Germania, ma anche in tutti i paesi dell’Europa Occidentale ormai vivono migliaia e migliaia di immigrati provenienti dall’Est, molti dei quali possiedono una ricca spiritualità cattolico-bizantina.
Su questi fedeli extra territorium  i Vescovi latini del luogo sono responsabili in primis e ad essi è raccomandato in modo particolare dal Papa stesso la fedele applicazione dei principi enunciati dalla Sede Apostolica sulla cura pastorale dei fedeli delle Chiese Orientali cattoliche.
E’ infatti prescritto che questa ricchezza spirituale delle Chiese cattoliche Orientali deve essere «sostenuta e incoraggiata non solo dai pastori orientali ma anche da quelli latini dei territori di immigrazione, perché mirabilmente esprime la ricchezza variopinta della Chiesa di Cristo».

I vescovi latini possiedono, quindi, dei doveri:
1)    il primo dovere e diritto del Vescovo latino verso i fedeli orientali cattolici è quello di reperire le informazioni su tali fedeli residenti nella sua diocesi mediante i parroci del territorio.
2)   devono fornire le informazioni raccolte in proposito alla Sede Apostolica, soprattutto nella relazione quinquennale in occasione della visita ad limina, descrivendo la situazione di questi fedeli nelle loro diocesi (ca. 207 CCEO). La Relazione quinquennale va rimessa alla Congregazione per i Vescovi che passerà le informazioni rilevanti alla Congregazione delle Chiese Orientali.
3)    La Congregazione per le Chiese Orientali può sulla base di queste informazioni provvedere alla cura pastorale dei fedeli orientali mediante un Visitatore o con una propria Gerarchia.
4)    Il Vescovo latino, competente per la cura dei fedeli orientali, deve inoltre conoscere i riti e le tradizioni di quelli residenti nella sua diocesi o almeno i loro doveri e i canoni del CCEO che attengono alla Chiesa latina.
   Deve quindi rispettare e tutelare l’appartenenza rituale, senza pretendere (come frequentemente avviene) di imporre quella latina. Secondo la EMCC 52, infatti: «La gerarchia deve curare inoltre che coloro i quali hanno relazioni frequenti con fedeli di altro rito lo conoscano e lo venerino (cfr. can. 41 del CCEO) e vigilerà affinché nessuno si senta limitato nella sua libertà a motivo della lingua o del rito».
5)    La EMCC nn. 52-55 parla del dovere dei fedeli di conservare il proprio rito e del dovere dei Vescovi propri e anche di quelli latini (nel caso di assenza della Gerarchia propria) di assicurare una loro adeguata cura pastorale.
6)    La Christus Dominus nr. 23, stabilisce: «Dove si trovano fedeli di diverso rito, il Vescovo deve provvedere alle loro necessità, sia per mezzo di sacerdoti o parrocchie dello stesso rito; sia per mezzo di un Vicario episcopale, munito delle necessarie facoltà e, se opportuno, insignito anche del carattere episcopale; sia da se stesso come Ordinario di diversi riti».
 
Una curiosità che ha –ai nostri occhi- grande stranezza è che i preti sposati provenienti dalle Chiese cattoliche Orientali normalmente non devono svolgere il lavoro pastorale nelle diocesi latine (su cui insistono cattolici-orientali)  senza il permesso della Sede Apostolica per ogni singolo caso.

(segue)

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