lunedì 26 agosto 2013

Aspettando il nuovo Eparca (n. 27)

Chiesa Italo-Albanese, così l’annuario pontificio definisce le  eparchie di Lungro e Piana degli Albanesi congiuntamente all’abazia di Grottaferrata.
Non manca tuttavia chi si interroghi sul reale status giuridico di queste chiese.
L’interrogativo che estesamente viene posto è se queste chiese sono congiuntamente definibili “chiesa sui iuris” (=con diritto particolare proprio) oppure se ciascuna di essa, distintamente, costituisce una chiesa sui iuris.
Una prima osservazione che viene presentata è che i vari pontefici mai hanno emesso provvedimenti rivolti  congiuntamente  a queste tre realtà ma sempre finora i provvedimenti, di natura giuridica, sono distintamente stati emessi ora nei confronti dell’Eparchia di Lungro, ora del Monastero di Grottaferrata ed ora dell’Eparchia di Piana degli Albanesi. Non esiste in buona sostanza, al di là della singola qualificazione giuridica delle tre realtà ecclesiali, nessun passo esplicito o tacito della Santa Sede che attribuisca alla cosiddetta Chiesa Italo-Albanese la qualificazione unitaria di chiesa sui iuris.
La prima volta che il papato si occupò della posizione “canonica”  degli arbëresh sia di Sicilia che del continente fu nel 1521 con le Bolle Accepimus nuper del 18 maggio 1521 e Cum Nuper del 4 luglio 1521  con cui essi venivano definiti fedeli di rito greco autorizzati a poter seguire le proprie tradizioni.
Ai vescovi del rito greco (ordinati dal patriarcato di Ocrida –Macedonia- ) veniva inibito di ordinare chierici latini. Veniva inoltre vietato il passaggio arbitrariamente dal rito greco al latino e viceversa.
Un ulteriore provvedimento “Breve”  del 1533 riconosceva al Metropolita Pafnunzio, designato da Ocrida,  di poter liberamente svolgere nella regione ecclesiastica d’Italia a lui assegnata il ministero senza che incontrasse impedimento alcuno.
E’ con la chiusura del Concilio di Trento,  con il Breve Romanus Pontifex 16 febbraio 1564, che viene sancito che le popolazioni greche e albanesi insediatesi in territorio italiano passano, d'autorità,  nella giurisdizione dei vescovi latini.
Nel 1919 viene eretta l’Eparchia di Lungro e nel 1937 l’Eparchia di Piana dei Greci (oltre che l'Esarcato nel Monastero di Grottaferrata).

L’Eparchia di Lungro e quella di Piana degli Albanesi dispongono di tutte le strutture giuridiche essenziali che attengono ad una eparchia e pertanto ad esse si applica il Codice delle Chiese Orientali, che ovviamente si applica pure all’Esarcato di Grottaferrata, il quale però non fa parte della tradizione italo-albanese bensi di quella italo-greca. L'Abazia ha infatti una vicenda storica che comincia nell’anno mille e che è del tutto diversa dalla vicenda degli italo-albanesi, pur conservando essa pure il rito bizantino.
Giorgio Kastriota SkanderbegGli eparchi di Lungro e di Piana degli Albanesi vengono nominati direttamente dal pontefice sulla base del canone 182, paragrafo 2, del CCEO e detengono nella loro persona le funzioni legislative, esecutive e giudiziarie che esercitano con l’ausilio degli appositi organi previsti dal codice.

Nelle due Eparchie funzionano oltre alla Curia, l’Assemblea eparchiale, il Consiglio Presbiterale, il collegio dei consultori, il Consiglio pastorale.
Per quanto riguarda le funzioni giudiziali va osservato che le due Eparchie sono inserite all’interno delle rispettive strutture ecclesiali latine sia perchè hanno da seguire un esiguo numero di cause sia perché l’esiguità delle risorse finanziarie non ha finora consentito l’istituzione di appositi tribunali.
Le due eparchie sono pertanto inserite nell’ambito dell’organizzazione dei tribunali ecclesiastici regionali italiani.   
(segue)

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