lunedì 18 febbraio 2013

La Liturgia pontificale bizantina.

Le video-registrazioni curate da Teodoro Schirò domenica 17 febbraio della Liturgia di San Giovanni Crisostomo ci offrono l’opportunità di tentare di spiegare cosa noi, noi che curiamo questo Blog, abbiamo capito del rito che viene celebrato.
Lo faremo ora con accenti profondamente religiosi, immedesimandoci nei “tremendi misteri” che vengono evocati ed ora con occhio distaccato, laico, riportandoci al mondo del terzo millennio in cui siamo immersi. Lo faremo con tempi lunghi e con riflessioni ora di immediato impatto ed ora con indispensabili tentativi di rovistare nei frammenti di Storia che hanno suggerito quelle ispirazioni.
Nel visionare il primo video (1) che Teodoro ci ha fatto pervenire ci accorgiamo che i paramenti sacerdotali oltre ad essere diversi da quelli in uso nella Chiesa romana sono, o meglio, sanno di qualcosa di imperiale soprattutto quelli che indossa il Vescovo. Ed in verità l’effetto che si vuole creare è quello di trasformare le mura della Chiesa, nel caso specifico della Chiesa della Martorana, in una reggia dell’Imperatore. Un luogo di bagliori divini.
Il Vescovo indossa  effettivamente le medesime vesti dell’Imperatore romano, gli imperatori del primo millennio dell’era cristiana, quando trionfanti attraversavano le strade della capitale, Costantinopoli.
Il rito che si va a celebrare con la Liturgia si propone specificatamente di rapire i fedeli che sono presenti in chiesa dalle preoccupazioni, dai problemi e dalle sofferenze quotidiane terrene  e di portarli ad una dimensione di Luce gioiosa.
Nella spiritualità orientale la “bellezza” ha una rilevanza che eccede i complicati ragionamenti teologici che caratterizzano invece il cattolicesimo dell’Occidente romano.  Il problema prioritario non è investigare su Dio, ma come si deve rendere culto a Dio per conseguire positivi effetti sugli uomini.
La Chiesa vuole, o vorrebbe, curare –come un medico- la sofferenza e le preoccupazioni dei fedeli.
L’esperienza spirituale del cristianesimo d’Oriente viene spesso sintetizzata su questo schema: la bellezza come sintesi del rapporto chiesa-annuncio-liturgia e la fede viene pertanto concepita anche come la possibilità di una accadimento, di un fatto, che comporta o meglio che è suscettibile di produrre un’esperienza-visione, capace di generare un cambiamento interiore, e dunque non solo come, nella prassi romano-occidentale  “annuncio verbale e concettuale”.
Da qui la grande cura che viene prestata nella Liturgia bizantina al Coro, ai Canti, all’ambientazione della Chiesa che deve essere ricca di mosaici ed affollata di icone, all’incenso etc. etc.
La Liturgia va peraltro sempre celebrata in Chiesa; altro dalle oceaniche messe papali, che dando il senso di uno spettacolo all'aperto.
Ma cosa è la Liturgia ?
La Liturgia nel rito bizantino è ricca di segni e simbolismi misterici attraverso cui vengono richiamate -con spirito di ringraziamento (eucaristico)- tutte le iniziative divine miranti a recuperare l’essere umano dallo stato di decadimento in cui si è venuto a trovare per non avere saputo apprezzare il contesto che lo circonda.
Il Signore filantropo (amico dell’uomo) avendo rilevato che l’uomo pur di riadattare il contesto in senso egoistico decadeva e alimentava la sua rovina mai cessò di provvedere a lui, pur lasciandolo libero.  Con opere mirabili e parole profetiche contenute nell’Antico Testamento iniziò la preparazione dell’uomo per fargli pregustare la vera pienezza della vita.
Quando ritenne che il tempo si era compiuto, il Signore filantropo fece conoscere mediante Gesù, e mediante lo svolgimento della sua vita terrena, la verità sull’uomo.
La Liturgia si propone di far “vedere” il tutto delle iniziative messe in atto nell’Antico e nel Nuovo Testamento per ricondurre l’uomo a gustare la vera vita, a farlo uscire dallo stato di “malato” con cui invece conduce egoisticamente i suoi giorni nel mondo.
La chiesa in buona sostanza con la Liturgia si propone di ricordare che l’uomo è destinato, se lo desidera,  a ben altro che alla lotta di sopravvivenza egoistica. E’ destinato ad una Pasqua continua e senza fine, ad una novità che investe il vecchio per rinnovarlo. E tutto ciò può essere gustato sin da subito.
(segue)

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