Non ero ancora nata quando l’evento sconvolse il territorio della Valle del Belìce, ciò che so mi è stato raccontato dai miei genitori, da conoscenti , dalle tantissime testimonianze storiche oggi presenti nei vari comuni colpiti dalla tragedia oltre che da tutti gli edifici nuovi. La memoria è l’immortalità di un territorio, la trasmissione di ciò che in esso avviene e come esso si trasforma. Non ero dunque ancora nata, ma io come tantissimi altri, subisco le conseguenze di ciò che il terremoto ha rappresentato per Contessa Entellina. Il piccolo centro abitato è rinato a nuova urbanizzazione, ci sono, strade nuove, case nuove, edifici pubblici nuovi. Eppure, nell’immane opera di ricostruzione non si è tenuto conto che bisognasse rispettare la struttura primaria del comune, evitando la dispersione e lo spopolamento di interi quartieri che, oggi, spesso risultano disabitati.
Ma il danno maggiore il terremoto non lo ha fatto solo per chi ha perso la vita e per il dolore dei loro cari, lo ha fatto soprattutto per quelli che sono andati via in cerca di lavoro, perché in Sicilia vi era e vi è un male peggiore dell’evento sismico: la disoccupazione. Tantissimi gli emigrati in tutte le famiglie, anche nella mia.
Il risultato: affetti sono stati spezzati, famiglie divise e, non ultimo, case e case a Contessa, nuove ma vuote. Dopo un breve periodo di benessere dovuto alla ricostruzione, oggi la situazione non è cambiata, anzi si assiste ad una nuova ripresa dell’emigrazione, con la differenza che allora andava via chi rappresentava manodopera, un mondo di operai che è stato impiegato nelle varie fabbriche del Nord Italia o nord Europa, oggi invece vanno via persone qualificate che hanno studiato in Sicilia, ma non produrranno reddito in essa perché da essa lontani.
Se la politica siciliana non correrà ai ripari, tutti i piccoli centri abitati dell’entroterra saranno destinati a diventare dei dormitori, dove si andrà ogni tanto solo per visitare i parenti rimasti o per trascorrere qualche giorno di vacanza.
Si continua a costruire a Contessa, eppure quel centro storico restaurato con fondi pubblici, sta ancora aspettando chi potrà prenderlo in gestione per farlo usufruire a chi volesse scegliere delle vacanze alternative da vivere in un piccolo paesino della Sicilia, o da chi invece volesse farne centro di cultura.
Mi risulta anzi che sta già andando in rovina, con finestre spezzate e porte divelte, per cui bisognerà investire altro denaro pubblico per renderlo fruibile. Queste sono le politiche sbagliate: prendere soldi pubblici per costruire cattedrali nel deserto che poi non serviranno a nulla giacendo nel disinteresse totale di chi invece dovrebbe tenerle in conto.
Cinque anni fa, il Consiglio comunale di cui anch’io ero neoeletta, indisse una manifestazione a cui parteciparono quasi tutti i Sindaci dei comuni del Belìce, varie personalità politiche, personalità di cultura, esponenti che lavorano nell’ambito dello sviluppo locale e le scuole, ritenendo una priorità indiscutibile la trasmissione della memoria e delle varie esperienze alle nuove generazioni.
Non mi stupisce che quest’anno nulla sia stato organizzato. Come disse Sciascia "Il più grande peccato della Sicilia è stato ed è sempre quello di non credere nelle idee."
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