Guttuso e Camilleri : Lo straordinario
incontro di due grandi maestri
Liberamente tratto da : Andrea Camilleri – La Vucciria – Renato Guttuso - Ed. SKIRA
Ogni simana di sababto matino Anna va a
fare la spisa alla vuccirìa.
“Lo salutasti a don Nino?” – le spia so
marito Peppe quanno torna affannata con cinco buste di plastica nelle mano.
E lei:
“Non lo vitti. Forsi stava travaglianno”.
Opuro:
“Non ci passai davanti”.
“Non lo vitti. Forsi stava travaglianno”.
Opuro:
“Non ci passai davanti”.
Opuro:
“Aviva clienti, non lo volli disturbare”.
Certe volte , la risposta può esseri un
semplici sì. Ma si tratta sempri di farfantarie, perché lei in quella viuzza
accussì stritta, accussì china di bancarelle d’ova, di frutta, di virdura, di
caci, di carni, di pisci, che in mezzo ci può passari ‘na sola pirsona a volta,
prifirisci non annarci pirchì si senti assufficcari.
Non per la mancanza d’aria, ma è la
violenza dei colori che le fa firriare la testa. Il bianco delle scorcia d’ova
allato al giallo delle banane al rosso dei pomodori e dei peperoni al rosa tenniro
dei pisci spata tranciati al nivuro dei passuluna al bianco lattigno delle
ricotte all’arancione dell’aranci, e il bianco virdi dei finocchi diverso dal
bianco virdi dei carduna e il virdi cchiù virdi della cicoria diverso dal virdi
spalpito della lattuca, un colori appresso all’altro, senza ‘na pausa, un
momento di respiro, non le danno abento.
“omississ”
Ma stavolta deve annarci per forza, Peppe
ha detto che vuole la carni di don Nino.
“Omississ”
Don Nino teni la carni appisa a ‘na speci
di granni croci, agnidduzzi scuoiati e mezzi vò squartati pinnuliano dai ganci
pirdenno ancora sangue e quanno il vucceri li tocca o li taglia si mettino ad
abballari a leggio a leggio e Anna prova dintra di lei ‘na sensazioni stramma
di arrimisculiamento che le parte dalla nuca e le arriva ai piedi e che non
accapisce di che natura è.
“omississ”
Ma quello che è pejo per Anna è il cavudo
che raddoppia gli oduri, l’aria dintra a quella viuzza è addivintata densa di
sciauri diversi e tra di loro ammiscati e duna canticchia di vertigine.
Lei si sente trim oliare le gamme,
l’assuglia ‘mproviso un senso di languidezza come doppo ‘na frevi e avverte che
‘na picca di sudori le vagna il petto e le cosce, proprio come le capitava
quanno Peppe, ai primi tempi di matrimonio, appena corcato l’abbrazzava e le
faciva accapiri la ‘ntinzioni.
Anna, prima di firmarisi a taliare i mazzi
di carduna esposti a mano dritta, fa ‘n tempo a vidiri a un passo da lei un omo
chiuttosto picciotto, un bel mascolo, i capilli nivuri come l’inca pittinati perfetti, vistuto di tutto
punto a malgrado del vavudo, havi persino la cravatta, che sta vinenno in senso
inverso al so.
“omississ”
“Anna, stamatina pigliami pisci” – dice
Peppe vidennola pronta a nesciri per annare a fare la spisa.
“Ma come? E la carni di don Nino?”
“Mi stuffò. Per canticchia, mangiamo pisci”
Veni a diri che l’accatterà da gnaziu
indove trovi sicci, calamari, purpi, sgombri, gammaroni, trigli, mirluzzi,
pisci spata, aiole, tutta roba frisca. E Gnaziu, per lei, avi sempri un occhio
di riguardo.
Appena fora di casa, il cavudu è come ‘na
mazzata.
“omississ.”
Anna isa l’occhi e sa l’attrova davanti.
Il cori le dà come ‘na gran botta ‘n petto,
la fa traballiare.
A malgrado del gran cavudo, lui è vistuto
di tutto punto. Ma non come sabato passato, non avi la cammisa e la cravatta ma
un maglioni giallo a girocollo e supra ‘na giacchetta grigio scura. Havi la
varva longa, trascurata, ma i capilli sunno ben pettinati. Sutta all’occhi, dù
ummire scure. E l’occhi che la taliano sunno sbrilluccicanti come quanno si avi
la frevi. L’omo è serio, squasi malincuniuso. Sta fermo a taliarla e non le
cedi il passo.
“omississ”
La Ripetizione – Andrea Camilleri
Avevo sempre sentito parlare di questo dipinto
e sapevo che rappresentasse l’opera più
significativa di Guttuso, ma mai mi sarei aspettata l‘emozione mozzafiato
provata appena arrivata davanti ad esso. Maestoso, vivo, quell’esplosione di
colori fanno sentire i profumi e gustare
i sapori delle varie mercanzie esposte sui banchi a partire dal bianco delle
uova, il verde dei cardi appena raccolti, il rosso dei pomodori e dei peperoni,
il grigio dei polipi e così via in un crescendo di colori e di profumi tipici
della sicilianità più vera. Quella
sicilianità che ognuno di noi porta dentro di sé, ovunque egli si trovi a
vivere.
Superbo il breve ma intensissimo racconto
di Andrea Camilleri di cui ne ho riportato uno stralcio.
Due Maestri, due siciliani che hanno fatto
della loro sicilianità il baluardo della loro vita.
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