venerdì 23 novembre 2012
Privilegi e uomini di Stato: Donato Menichella ....... di Nicola Graffagnini
Pensiamo possa essere utile, in questo periodo di crisi generale, e nel vocio assordante su privilegi e costi della politica, riflettere su alcuni personaggi del passato. Sul loro comportamento e il loro senso dello Stato.
Adelfio Elio Cardinale, prolifico collaboratore del Giornale di Sicilia, domenica 28 agosto 2011, ha scritto un pezzo molto interessante. "La virtù dell'austerità..." Ma veniamo al dunque. Enrico De Nicola, da Presidente della Repubblica, per risparmiare scriveva sul retro delle buste e pagava di tasca sua i francobolli. Roba da non crederci. Donato Menichella, un nome quasi sconosciuto ai più, fu definito da Eugenio Scalfari in un articolo di Repubblica del 24 luglio 1984, all'indomani della sua scomparsa, "nume tutelare della nazione...l'immagine più alta del servitore dello Stato; scrupoloso, leale, intelligente, probo". Menichella fu Governatore della Banca d'Italia dal '48 al '60 dopo Luigi Einaudi. L'Italia in quel periodo ebbe il cosiddetto "miracolo economico" e la lira, grazie a Menichella si guadagnò il cosiddetto "Oscar", quale valuta più stabile al mondo. "Uomo schivo e riservato non rilasciò mai interviste". Rifiutò la carica di Presidente della Repubblica e le offerte per diventare ministro o senatore. "Durante il suo mandato di Governatore non si stancò mai di chiedere alla classe politica interventi per ridurre gli squilibri tra i cittadini e le aree del Paese. E a spingere per un'efficace azione in favore del Mezzogiorno, dei disoccupati, dei poveri e dell'agricoltura. Riordinare la pubblica amministrazione, produrre servizi efficienti, eliminare gli sprechi e spazzar via le clientele". Lasciò agli eredi un opuscolo: "Come è che non sono diventato ricco". Ma ecco il confronto con la nostra realtà quotidiana. Da pensionato della Banca d’Italia richiese che gli venisse dimezzata la sua pensione, e da Direttore Generale dell’IRI si ridusse lo stipendio. E, quando era in carica, restituiva sempre al mittente, con una garbata ma ferma lettera di scuse, ogni strenna natalizia che eccedesse il valore di poche migliaia di lire. Ma quelli erano altri tempi, altri uomini, altri politici.
Resta un grande esempio di uomo e di servitore dello Stato. Per noi tutti.
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