L'Osservatore Romano
La porta del Paradiso di MANUEL NIN
La
festa del 14 settembre porta come titolo nei libri liturgici di tradizione bizantina:
«Universale Esaltazione della Croce preziosa e vivificante». È una festa legata
alla città di Gerusalemme e alla dedicazione della basilica della Risurrezione
edificata sulla tomba del Signore nel 335, ed è anche una festa che celebra il ritrovamento
della reliquia della Croce da parte dell’imperatrice Elena
e del vescovo Macario.
La
Croce ha un posto rilevante nella liturgia bizantina: tutti i mercoledì e venerdì dell’anno viene
commemorata col canto di un
tropario; inoltre si commemora anche la terza domenica di Quaresima e i giorni
7 maggio e 1 agosto. Nei testi liturgici bizantini la
Croce viene sempre presentata come luogo di vittoria: di vittoria di Cristo
sulla morte, di vittoria della vita sulla morte, luogo di sconfitta e morte
della morte. La celebrazione liturgica del 14 settembre nella tradizione bizantina
è preceduta da un giorno di
pre-festa il 13, in cui si celebra appunto la dedicazione della basilica della
Risurrezione, e si estende con un’ottava fino al giorno 21 dello stesso mese di
settembre.
L’icona
della festa dell’esaltazione della Croce presenta la figura del vescovo Macario
che innalza la santa Croce, con dei diaconi attorno;
alcune delle icone introducono anche l’imperatrice Elena tra i personaggi.
L’icona
rappresenta proprio la celebrazione liturgica del giorno, con la grande
benedizione e venerazione della Croce preziosa e vivificante. L’icona quindi fa
presente il mistero che si celebra in questo giorno e la stessa liturgia della
Chiesa che lo celebra.
L’ostensione
e l’esaltazione della Croce porta in primo luogo tutta la creazione alla lode di
Colui che in essa è elevato e della sua vittoria sulla morte: «La Croce
esaltata di Colui che in essa è stato elevato, induce tutta la creazione a
celebrare l’immacolata passione: poiché, ucciso con essa colui che ci aveva uccisi,
Egli ha ridato vita a noi che eravamo morti, ci ha dato bellezza e ci ha resi
degni, nella sua compassione, per sua somma bontà, di prendere cittadinanza nei
cieli. (...) Croce venerabilissima che le schiere angeliche circondano gioiose,
oggi, nella tua esaltazione, per divino volere risollevi tutti coloro che, per
l’inganno di quel frutto, erano stati scacciati ed erano precipitati nella
morte (...) noi dunque acclamiamo: Esaltate Cristo, Dio più che buono, e
prostratevi al suo divino sgabello».
In
uno dei lunghi tropari del vespro si passa quasi in rassegna tutta la teologia
della Croce e il modo in cui la stessa Chiesa la professa e la vive. Mettendo
in parallelo l’albero del Paradiso e l’albero della Croce, essa viene
presentata e mostrata come luogo della fatti pascolare; arma di pace, che gli
angeli venerano con timore; divina gloria del Cristo.
(...)
Guida dei ciechi, medico degli infermi, Risurrezione di tutti i morti. (...)
Croce preziosa, per la quale la corruzione è stata dissolta, l’incorruttibilità
è fiorita, noi mortali siamo stati deificati. (...) Vedendoti oggi innalzata
per mano di Pontefici, noi esaltiamo colui che in te è stato innalzato e
veneriamo te, attingendo abbondantemente la grande misericordia».
La
liturgia dell’esaltazione della Croce sviluppa tutta la tipologia
veterotestamentaria che la tradizione patristica ha commentato sempre
come prefigurazione della Croce di Cristo e della salvezza che da essa viene
per il genere umano. Due sono i testi veterotestamentari che troviamo presenti
nella liturgia della festa: in primo luogo Esodo 15,
che è anche la prima delle letture del vespro, che narra l’incontro con le
acque amare di Mara, risanate dal legno gettato in esse da Mosè; e qui va
ricordato che nella tradizione bizantina il sacerdote per la consacrazione
delle acque battesimali
immerge per tre volte la croce nel catino dell’acqua. In secondo luogo Esodo
17, dove si narra la vittoria del popolo di Israele su Amalek per la
preghiera di Mosè con le mani innalzate a forma di croce, prefigurazione di
Cristo innalzato sulla Croce: «Tendendo
le mani in alto Mosè ha prefigurato te, o Croce preziosa, vanto dei credenti, sostegno
dei martiri lottatori, decoro degli
apostoli, difesa dei giusti, salvezza di tutti i santi. (...). Ciò che Mosè
prefigurò un tempo nella sua persona, mettendo così in rotta Amalek e
abbattendolo, ciò che Davide cantore ordinò di venerare come sgabello dei tuoi
piedi, la tua Croce preziosa, o Cristo Dio, questa noi peccatori baciamo oggi
con labbra indegne, celebrando Te, che ti sei degnato di esservi confitto, e a
Te gridiamo: Signore, assieme al ladrone, rendi degni anche noi del tuo regno».
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