giovedì 17 maggio 2012

Ascensione del Signore, nel rito bizantino

L'Osservatore romano
E gli angeli magnificano il tuo amore per noi
di MANUEL NIN
L’Ascensione del Signore si celebra il quarantesimo giorno dopo la sua risurrezione, cioè il giovedì della sesta settimana di Pasqua. L’icona è anche quella della sua seconda venuta.
L’immagine è divisa in due parti ben distinte. Nella superiore si vede Cristo su un trono, ascendente e immobile nella sua gloria, sostenuto da due angeli. In quella inferiore l’icona colloca la Madre di Dio in mezzo ai discepoli, tra cui Pietro a destra e Paolo a sinistra, e due angeli in bianche vesti.
Cristo presiede la Chiesa formata dagli apostoli e la sua preghiera dall’Ascensione fino al suo ritorno.
Nell’icona questo è molto evidente, e l’atteggiamento di Maria è sempre lo stesso: la preghiera. Lei non guarda in alto, ma di fronte: per ricordare alla Chiesa la necessità della veglia, dell’attesa, della preghiera.
Ma l’icona è anche immagine della Chiesa nata dalla croce di Cristo, suggerita dal disegno della croce formata dall’asse verticale che va da Cristo a Maria e dall’asse orizzontale che separa gli angeli
dagli apostoli: rappresentazione della Chiesa che vive nella preghiera e della testimonianza degli apostoli mentre è nell’attesa del ritorno del suo Signore.
I testi dell’ufficiatura sottolineano come il Signore, ascendendo in cielo, esalta l’umanità: «Tu che,
senza separarti dal seno paterno, o dolcissimo Gesù, hai vissuto sulla terra come uomo, oggi dal Monte degli Ulivi sei asceso nella gloria: e risollevando, compassionevole, la nostra natura caduta, l’hai fatta sedere con te accanto al Padre. Per questo le celesti schiere degli incorporei, sbigottite per il prodigio, estatiche stupivano e, prese da tremore, magnificavano il tuo amore per gli uomini».
L’Ascensione del Signore nei testi liturgici della festa è sempre pegno della sua promessa e della missione dello Spirito Santo: «Il Signore è asceso ai cieli per mandare il Paraclito nel mondo. I cieli hanno preparato il suo trono, le nubi il carro su cui salire; stupiscono gli angeli vedendo un uomo al di sopra di loro. Il Padre riceve colui che dall’eternità, nel suo seno dimora.
Signore, quando gli apostoli ti videro sollevarti sulle nubi, gemendo nel pianto, pieni di tristezza, o Cristo datore di vita, tra i lamenti dicevano: O Sovrano, non lasciare orfani i tuoi servi che tu, pietoso, hai amato nella tua tenera compassione: mandaci, come hai promesso, lo Spirito santissimo per illuminare le anime nostre».
Tutta l’economia della nostra salvezza, il mistero dell’incarnazione del Verbo di Dio, è riassunto in un tropario del vespro, che lo presenta con l’immagine della povertà assunta dal Signore nel suo farsi uomo:
«Signore, compiuto il mistero della tua economia, hai preso con te i tuoi discepoli e sei salito sul Monte degli Ulivi: ed ecco, te ne sei andato oltre il firmamento del cielo. O tu che per me come me ti
sei fatto povero, e sei asceso là, da dove mai ti eri allontanato, manda il tuo Spirito santissimo per illuminare le anime nostre».
Un altro tropario del vespro si serve del salmo 23, come nella notte di Pasqua: «Mentre tu ascendevi,
o Cristo, dal Monte degli Ulivi, le schiere celesti che ti vedevano, si gridavano l’un l’altra: Chi è costui?
E rispondevano: È il forte, il potente, il potente in battaglia; costui è veramente il Re della gloria. Ma
perché sono rossi i suoi vestiti? Viene da Bosor, cioè dalla carne. E tu, dopo esserti assiso in quanto
Dio alla destra della Maestà, ci haiinviato lo Spirito Santo per guidare e salvare le anime nostre».
Ascensione del Signore e sua seconda venuta. Diversi testi del mattutino sottolineano questo doppio aspetto: «Uccisa la morte con la tua morte, o Signore, hai presocon te quelli che amavi, sei salito al santo Monte degli Ulivi, e di là sei asceso al tuo Genitore, o Cristo, portato da una nube. Agli apostoli che continuavano a guardare dissero gli angeli: Uomini di Galilea, perché restate sbigottiti per l’ascensione del Cristo, datore di vita?
Così egli stesso verrà di nuovo sulla terra per giudicare tutto il mondo, quale giustissimo giudice».

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