domenica 15 gennaio 2012

TANTO E' STATO FATTO NELLA VALLE DEL BELICE
MOLTISSIMO RESTA ANCORA DA FARE,
manca però la classe dirigente
La fondovalle Palermo-Sciacca, congiuntamente all’autostrada Palermo-Mazara, costituisce oggi il riferimento, il percorso, attraverso cui chi vuole visitare la Valle del Belice deve transitare. Per realizzare questi assi stradali ci sono voluti decenni e decenni, in una zona da sempre priva di vere strade (se non le millenarie trazzere di epoca greca o le carrettiere chiamate strade provinciali) al punto che le colonne dei soccorsi per raggiungere –nel 1968- i paesi colpiti dal terremoto da Palermo dovettero impiegare qualche giorno prima di capire quale fossero i percorsi più idonei da poter transitare. D’altronde in Sicilia mai nulla si è costruito in tempi “ordinari”.
Ad ogni cambio di governo la Valle veniva visitata dal ministro dei Lavori Pubblici di turno che assicuravano la realizzazione, l’avvio delle opere ed il completamento di questi due fondamentali assi viari. Non mancarono allora le voci scandalistiche su ruberie ed affarismo; mai nessuno finì tuttavia in galera, se non per pochi giorni.
Non c’è alcun dubbio che ci sono stati sprechi, corruzioni, concussioni e collusioni, come raccontano le cronache dell'epoca. Per il sindaco di Menfi, Catania, però tutto è da ridimensionare rispetto alle descrizioni padano-leghiste, infatti «Da uno studio comparativo fra il terremoto del Belice e quello del Friuli del 1976 (sostanzialmente equivalenti per danni alle abitazioni private e alle opere pubbliche nonché per superficie territoriale interessata), effettuato dalla Ragioneria dello Stato, si evince che a somme rivalutate fino al 30 settembre 1995, il Belice ha avuto 12 mila miliardi di lire ed il Friuli circa il triplo, 29 mila miliardi di lire». Nei primi anni di avvio la Ricostruzione fu curata direttamente dal governo nazionale, e fu presto evidente che quella grave evenienza non poteva essere affidata a chi non viveva in mezzo alla gente. Così, dopo il fallimento della gestione statale, fu deciso di affidare le competenze agli amministratori locali. Chi più, chi meno, tutti i sindaci si sono dati un gran da fare nella Valle. Ma non tutti hanno ottenuto gli stessi risultati: oggi resta ancora molto da fare a Partanna, Montevago e Santa Margherita Belice.
A fiancheggiare i due assi stradali sopra ricordati oggi ci sono verdeggianti filari di vigneti che si estendono a perdita d'occhio. A chi –straniero- percorre le due strade viene spontaneo immaginare che oggi la Valle del Belice abbia rimarginato le ferite del terremoto del 1968. Invece così non è. La Valle in quella notte di 44 anni fa subì 370 vittime umane, vide crollare catapecchie che venivano chiamate case e ben poche vere case realizzate secondo le tecniche del XX secolo. Come dire che la Valle era terremotata da ben prima di quel 14-15 gennaio.
Oggi, sì, ci sono i vigneti, ci sono le abitazioni antisismiche ma queste sono in gran parte disabitate. A Contessa Entellina, a Poggioreale, a Salaparuta, Santa Margherita moltissime delle case ricostruite restano chiuse perché la gente è emigrata a Palermo, Sciacca, Italia Settentrionale, estero. Nella Valle, così come prima del terremoto continua a mancare il lavoro e non è purtroppo la vitinicoltura a segnare un nuovo modello di vita. Non è una esagerazione se diciamo che a Contessa Entellina per ogni quattro case antisismiche ricostruite ben tre sono disabitate per la maggior parte dei mesi dell’anno.
Nel processo della Ricostruzione della Valle del Belice sono da annoverare i lavori per la realizzazione della diga Garcia, un invaso di circa 80 milioni di metri cubi che ha consentito il radicale cambiamento dell'agricoltura che da cerealicola è divenuta vitivinicola, se non nei terreni a monte di essa (quindi Contessa, nel cui territorio in gran parte ricade) almeno nei territori a valle.
Tantissime volte i governanti hanno promesso ulteriori investimenti infrastrutturali che possano consentire lo sfruttamento del potenziale irriguo della diga nell’agricoltura, i tanti sbandierati fondi FAS, ma ormai nessuno in Sicilia offre un minimo di credibilità ai politicanti del terzo millennio siano essi regionali o nazionali, siano di destra, centro, sinistra.
L’Italia ormai è vicina più che mai alla Grecia (non alla Grecia classica da cui è sorta la civiltà europea) e ad averla condotta in prossimità del baratro è stata proprio la classe dei politicanti più arruffoni ed ignoranti del pianeta, la casta che tanto somiglia ad altre associazioni che in Sicilia dominano.
In Italia è merce rara quella dei governanti che sappiano e vogliano progettare il futuro, qui tutti preferiscono arraffare per l’oggi e nell'interesse del proprio clan.
Nessuno sa testimoniare nè mostrare uno stile di vita che riguardi l'interesse generale.

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