martedì 27 dicembre 2011

Prodi ed i suoi ministri ci parlavano di tesoretti inesistenti, Berlusconi ed i suoi uomini ci dicevano che i conti erano in regola


La crisi finanziaria è mondiale ma l'ignoranza è tutta italiana 
Mentre l’Italia -ci viene detto- entra in recessione, ossia non riesce a produrre nemmeno quanto finora era riuscita a fare, mentre il prof. Mario Monti viene chiamato al capezzale del malato Italia (malato non da adesso ma da almeno dieci anni, ossia da quando siamo stati sotto la regia sia di Prodi che di Berlusconi), mentre gli italiani si vedono tagliare (dall’inflazione, dalle tasse, dallo smantellamento dello stato sociale) il tenore di vita, c’è chi nel mondo conquista record e  risultati positivi, insperati fino a pochi anni fa.
Il prodotto interno lordo del Brasile ha superato –nel 2011- sia quello inglese che quello italiano.
Il 27 ottobre 2002, quando Lula, il sindacalista trionfatore delle elezioni, iniziò la sua corsa governativa la Borsa chiuse a 10.226 punti. Oggi le giornate alla Bovespa (la borsa brasiliana)  vengono archiviate sopra i 58.000 punti.
Secondo l’istituto di ricerca britannico Cebr, il Brasile ha superato il Regno Unito in termini di ricchezza prodotta in assoluto, circa 2.400 miliardi di dollari, ed è diventato la sesta potenza mondiale, dietro 
1. Usa, 
2. Cina, 
3. Giappone, 
4. Germania 
5. e Francia. 
Quest’anno il Brasile crescerà del 3,5 per cento a causa delle crisi europee e dei tassi di interesse alti, ma solo un anno fa il ritmo di crescita era del 7,5 per cento annuo.
L’Italia, ai tempi d’oro quinta economia del globo, scivola invece quest’anno all’ottavo posto, sostiene il Cebr. E nel 2020 sarà decima, surclassata anche da Russia e India.
Il Brasile, contrariamente a Cina e a Russia, è una democrazia purosangue e diversamente dall’India non ha problemi seri con i paesi confinanti, ed è l’unico Paese fra quelli emergenti (Russia, Cina, India) che non dispone di bomba atomica.
 In quest’ultimo decennio, durante i quali l’economia italiana è rimasta stagnante sotto la gestione della peggiore classe politica che abbia mai avuto il paese dall’unità, in Brasile sono stati creati 15 milioni di posti di lavoro e 28 milioni di persone sono uscite dalla povertà (su una popolazione di 190 milioni). La classe media è talmente cresciuta (chi guadagna cioè tra 450 e 2200 euro) che oggi più della metà della popolazione è annoverata fra essa.

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