mercoledì 12 ottobre 2011

L'iconostasi e l'interpretazione bizantina

Pavel Aleksandrovič Florenskij e le icone
«La pittura d’icone è ... il fissarsi delle immagini celesti, l’addensarsi sulla tavola della viva nuvola di testimoni fumante attorno al trono».
Le icone, insomma, rendono accessibile il mondo celeste, specialmente ci permettono di vedere i santi, veri testimoni perché sono stati contemporaneamente nei due mondi, quello materiale e quello spirituale.
L’iconostasi, che apparentemente nasconde l’altare, in realtà lo rivela attraverso l’immagine dei testimoni, altrimenti esso sarebbe invisibile per la troppa luce.
«L’icona è uguale alla visione celeste e non lo è: è la linea che contorna la visione».
Ma c’è una reale identità di sostanza tra l’icona e la visione, come della finestra si può dire che è la stessa visione.

Pavel Aleksandrovič Florenskij
Floresnkij venne fucilato l’8 dicembre 1937 dopo cinque anni d’internamento in vari lager siberiani.
Il presbitero della Chiesa ortodossa, fu animato, anche in quelle condizioni estreme di internamento e duro lavoro manuale nei lager, da una forza spirituale, da un’energia intellettuale e da un vigore morale che è difficile trovare nei milioni di altri soggetti destinati allo sterminio dalla follia stalinista, qualità tanto più preziose in quanto non sostenute da un’effimera ideologia politica, ma ispirate
-da una certezza religiosa
-da una mente critica genialmente esercitata nel sapere scientifico.

L'opera
Florenskij è stato un autore fecondo, a 36 anni concordò un contratto editoriale per la pubblicazione di tutte le sue opere (36 volumi). Opere che rimasero mai pubblicate per l'intervento repressivo della censura sovietica del tempo. Dopo i fatti rivoluzionari del 1917 i suoi libri e la sua stessa vita saranno sistematicamente ostacolate, infatti.
Quando nel contesto della persecuzione degli intellettuali e del clero russo venne chiusa l'Accademia Teologica, dove era professore di storia della filosofia, egli non venne immediatamente arrestato perchè il governo volle sfruttare la sua fama di scienziato e gli furono attribuiti importanti incarichi nel campo della ricerca scientifica.
Mentre fino alla rivoluzione le sue pubblicazioni erano prevalentemente di natura filosofico-teologica:
-Le radici universali dell'idealismo,
-Le antinomie cosmologiche di Kant,
-I limiti della gnoseologia,
-Il significato dell'idealismo,
-I primi passi della filosofia,
-La colonna ed il fondamento della Verità,
nei primi anni successivi al 1917 -con la desacralizzazione dei luoghi e degli oggetti  sacri promossa dal governo- egli continua comunque a scrivere in direzione della importanza della tradizione che veniva colpita da quell'opera demolitrice.
Per meglio intenderci: fra il 1923-1926 scrive il saggio I nomi   come risposta alla campagna di cambiamento dei nomi di città, strade e persone, indetta allo scopo di distruggere la continuità storica e religiosa della cultura russa, ma anche:
Florenskij con Bulgakov (grande romanziere russo)
-La Laura della Trinità e di San Sergio e la Russia,
-La prospettiva rovesciata,
-Il rito ortodosso come sintesi delle arti,
-La filosofia del culto.
Frutto del lavoro di ricerca scientifica, nei laboratori dello stato sovietico, e dell'insegnamento nelle istituzioni tecniche di stato, sono:
-Agli spartiacque del pensiero,
-Gli immaginari in geometria,
-L'analisi della spazialità e del tempo nelle opere d'arte figurativa,
-I dielettrici e le loro applicazioni tecniche, (frutto del lavoro di ricerca nell'elettrotecnica).
Nel 1927 è nominato co-redattore dell'Enciclopedia tecnica e ne cura 127 voci.
La varietà dei suoi interessi e l'essere egli persona poliedrica, non costituisce un ostacolo per capire la sua personalità.
Egli ha una visione "integrale" e simbolica dell'esistenza ed il suo pensiero può essere letto in una delle ultime lettere scritte dal campo, dal lager, al figlio:
"Che cosa ho fatto io per tutta la vita ?
Ho contemplato il mondo come un insieme, come un quadro e una realtà unica, ma in ogni istante o, più precisamente, in ogni fase della mia vita, da un determinato angolo di osservazione.
Ho osservato i rapporti universali in un certo spaccato del mondo, seguendo una determinata direzione .... I piani di questo spaccato mutavano, tuttavia un piano non annullava l'altro, ma lo arricchiva, cambiando: ossia con una continua dialettica del pensiero".
Questa lettera è, in fondo, in perfetta sintonia con la struttura complessiva e la fisionomia interna di tutta la sua vastissima "opera", che oltrepassa con disinvoltura i confini fra le diverse culture, le lingue e le epoche e stende una mediazione fra i differenti saperi e le forme umane del conoscere.
(Continua)

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