venerdì 28 ottobre 2011

L'agricoltura siciliana nel 1823


Calendario dello agricoltore
di Niccolò Palmeri
pubblicato nel 1823

OTTOBRE
Di rado accade che in questo mese la terra non sia già in istato di seminarsi, ma è ben raro che vi sieno agricoltori che lo facciano. Chi ha indovinato questo momento ha assicurato in metà il buon raccolto. Quando la terra cede con faciltà e in tutti i sensi all’aratro, quando le nuove erbe cominciano a sbucciare, il tempo della semina è opportuno, ed ogni giorno che passa è un grado di probabilità che si perde del buon raccolto. Il vantaggio di seminar presto è stato sempre conosciuto dagli agricoltori di tutti i tempi e di tutti i paesi. Dice Virgilio che l’agricoltore deve arare e seminare finchè sta ignudo. Seminando presto, la pianta ha tempo di abbarbicare, ed i geli d’inverno non faranno che mortificare le foglie; i succhi si restringono alle radici, queste acquistano maggior forza, e nei primi calori dopo il solistizio cominciano a mettere copiosi culmi onde dipende l’ubertà del raccolto.
Si dà principio ugualmente alla seminagione del lino autunnale.
Si continua la raccolta della robbia.
Il fattore si occupa della vendemmia, obbietto assai interessante nell’economia agraria. I più diligenti sogliono raccorre le uve non più tardi del punto della maturità in giorni sereni, e quando è già rasciutta la guazza della notte (acquazzina).
 La pratica di raccogliere i graspi per mezzo di una rete di canape è molto lodevole; come lo è pure quella di separare i grappoli marci ed immaturi, dai maturi e sani, e le uve bianche dalle nere. Chi poi vorrà formare un nuovo vigneto nel venturo anno, osserverà e noterà con accuratezza in questa occasione le viti più vigorose e meglio produttrici, dalle quali prenderà a suo tempo i rami.
Si dà principio alla raccolta delle olive ed alla estrazione dell’olio; l’uso di battere gli alberi con delle mazze nuoce ugualmente alla qualità dell’olio che alla fruttificazione degli alberi. Gli attenti agricoltori raccolgono le ulive poco prima della maturità; le ripuliscono dalle immondezze e dagli estranei, evitano di ammontarle e di farle fermentare, sottoponendole subito che sono raccolte al frattojo (raddulu), e tengono le stanze, le gabbie, il frattojo ed i vasi netti e puliti, per evitare che gli olii contraessero il menomo cattivo odore o viziamento.
Si trebbia l’uno e l’altro riso, si pesta nei magazzini perchè imbianchisca, e se ne comincia la macina.
L’ortolano semina i cavoli cappucci, regitani e genovesi.
Il fiorista sotterra i bulbi dei fiori di primavera, come i giacinti, tulipani, corone imperiali, ed i tuberi dei ranuncoli e degli anemoni.
Si piantano i nuovi rami di garofani, e si trapiantano quelli messi in terra nel mese di marzo.
Si tosano pure l’erbe odorose che adornano i viali.
Si fa la raccolta dei semi dei fiori d’autunno, ponendo cura a raccogliere separatamente quelli delle migliori varietà per estenderne la moltiplicazione.
Spesso nel presente mese, essendo state copiose le piogge di autunno e l’erba abbondante, si comincia a mugnere le vacche.
Nelle mandre ben tenute cominciano a figliare le pecore.

NOVEMBRE
Si continua la seminagione del grano, giacchè  per San Martino il grano è meglio in terra che al mulino
I bravi agricoltori, anche nelle regioni più calde della nostra isola, non compiono mai tal lavoro dopo la metà di questo mese, nè anche nelle terre argillose, le quali non esiggono abbondanza di piogge, ma sì bene profonde e frequenti arature.
Il vignaiuolo comincia a tagliare i lunghi tralci alle viti, zappa profondamente il suo vigneto e scalza ogni vite. Benchè non sembi lodevole questa pratica, poichè trattasi di scoprire e di esporre ai geli ed al freddo le radici di una pianta nemica del gelo e che non vegeta nei climi freddi, pure i nostri agricoltori la reputano utile per esperienza.
Si trapianta il colza.
Si continua il raccolto delle ulive e l’estrazione dell’olio.
Si cominciano in questo mese a raccogliere le radici della regolizia.
L’ortolano semina i sedani.
Si diradano i cardoni, si rincalzano e s’ingrassano.
Il fiorista rinnova la terra alle peonie, pianta le viole, le primavere (conterba siciliana),le campanule, le matricarie, l’uva spina, i ribes, e simili.
Si trapiantano in altro luogo le piante perenni ottenute dai semi.
Si mettono al coperto le piante delle regioni calde.
Si scannano gli agnelli che non debbono allevarsi, e sulla fine del mese si spoppano quelli che si intende conservare nella mandra (azzaccanari). 
Sempre hanno cattive pecore coloro che, per l’avidità del latte, spoppano le agnelle prima di aver compito due mesi. Le madri delle une e degli altri si mettono al letto.
Si castrano in  questo mese gli agnelli che si vuole ingrassare pel mercato, e tale operazione bisogna eseguirsi a 15 giorni della loro nascita, e con la estrazione della borsa e recisione dei testicoli.
Si trasportano le vacche alle marine, per pascolare sotto un clima più dolce, ed ivi cominciano a mungersi.
Si rivedono le arnie e si riparano, onde custodire le api dal rigore della imminente stagione.
 
DICEMBRE
Si comincia sin da questo mese a fendere le terre, se vuol farsi un buon maggese.
Si potano le viti. Più presto tal lavoro le farebbe perire in pochi anni, perchè la pianta, conservando ancora la sua vegetazione, favorita dalla felicità del nostro clima, metterebbe quei getti che dovrebbero spuntare alla fine di febbraio, i quali verrebbero a perire pei geli sopravvegnenti; potando più tardi, quel succo, che dovrebbe servire alla formazione dei nuovi getti e del frutto, scappa in lagrime dalla ferita. Il tempo opportuno per potar la vite si è quando la pianta ha naturalmente deposte le frondi ed acquistato aspetto legnoso, prima di dare indizio della nascente vegetazione.
Si termina in questo mese la raccolta delle ulive.
Si comincia a ripulire dal seccume gli ulivi, e ad ingrassarli negli anni nei quali lo esigono, con efficaci concimi e specialmente col pecorino. Si fa a tale scopo una opportuna buca al pedale senza danneggiare le barbe dell’albero, e vi si versa l’ingrasso ricoprendolo di terra. Regolarmente in ogni anno si zappa profondamente l’oliveto, perchè le acque d’inverno penetrino quanto più si può a saziare le radici della pianta, A seconda della posizione del terreno giova raccogliervi e trattenervi l’acqua per mezzo di una conca o di un ciglione.
L’ortolano pianta i nuovi cardoni e zappa gli adulti.
Si piantano pure le fragole e le carote.
Il fiorista ha poco da praticare in questo mese; starà solamente attento a difendere dal freddo le piante delle regioni calde ed a mantenerle ben nette.
Si guarderà pure d’inaffiare le piante assetate nelle giornate di gran freddo.
Ove si voglia il vantaggio di fiori primaticci, si farà uso delle stufe.
Cominciano in questo mese a figliare le pecore nate l’anno precedente (agniddazzi) ingravidate da settembre in poi, e si scannano gli agnelli che ne nascono (pistulari); ma non converrebbe destinare tali pecore alla generazione prima dell’età di due anni perchè senza di ciò d’ordinario tralignano.
Si prosiegue a far gle vacche dalle montagne alle marine; è questo il mezzo sicuro di preservarle dai danni che d’ordinario loro arreca la rigidezza dell’inverno.
Si somministra il nutrimento alle api. Esso consiste di miele bollito nel buon vino che si mette in piattelli, i quali si cuoprono di un pezzetto di carta doppia bucherata, in guisa che le api possono succhiare senza invischiarsi. Questo si mette entro le arnie che si chiudono e più non si toccano, evitando di disturbarle per tutto l’inverno; poichè sarebbe pericoloso il distoglierle da quell’assopimento che il freddo induce in questo utilissimo insetto.

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