Sostiene Wwf Italia che entro il 2050 il 70% della popolazione mondiale vivrà in aree urbane”, di qui la necessità di creare più servizi per fornire acqua potabile, per provvedere alla raccolta e al trattamento delle acque reflue e fornire servizi igienico-sanitari.
In Italia, secondo Andrea Agapito, responsabile Acque di Wwf Italia, si è ancora molto indietro nella gestione sotenibile dell’acqua; l’Italia resta ultima in Europa “nell’applicazione della direttiva quadro Acque 2000/60/CE per la protezione delle acque superficiali e sotterranee, che attraverso una serie di misure ci avrebbe consentito di provare a raggiungere il buono stato ecologico dei corsi d’acqua entro il 2015”.
Al momento lo Stato continua a rilasciare concessioni consentendo un prelievo superiore rispetto a quella che i corsi d’acqua sono in grado di fornire.
La cartolina idrica della Sicilia è ancora più sconfortante.
Da noi non si crea la rete pubblica di irrigazione per l’Agricoltura ed il Piano di gestione del distretto idrografico della Sicilia è eloquente nelle sue risultanze: il 55% dei corpi idrici ha uno stato ambientale “buono”, il 27% ha uno stato ambientale “scadente”, il 12% ha uno stato ambientale “particolare”, il 3% ha uno stato ambientale “sufficiente”, nessun corpo idrico ha uno stato ambientale “elevato”.
Comunque lo sfruttamento delle acque isolane è davvero costante e progressivo. Nel Piano regionale di tutela delle acque, approvato nel dicembre 2008, si certifica come “dei 700 pozzi presenti nel 1960 si è passati agli oltre 1100 dei primi del ‘90, con un più forte incremento nel settore orientale e con un aumento delle profondità, in connessione con la diminuita produttività”.
Questi i numeri degli scavi (quelli regolarmente dichiarati al Genio Civile, escludendo quindi le migliaia di pozzi abusivi):
-da pozzi scavati a largo diametro, di solito 2 metri, e a profondità minime, una decina di metri con rarissime punte intorno a 150 metri, si è passati ad un andazzo che adesso vede scavi fino a 250 metri e anche oltre.
Questo stato di cose è il risultato della ricerca di una maggiore produttività, infatti in seguito allo sfruttamento e alle conseguenze indotte, nel corso degli ultimi decenni, si è verificato un abbassamento delle falde maggiore. Negli ultimi tre decenni il livello è sceso di 70 metri, diretta conseguenza dei prelievi che sono passati da 52 milioni di metri cubi all’anno a 120 milioni di metri cubi all’anno.
Grazie al disinteresse di chi dovrebbe occuparsi della questione fra qualche decennio, all’improvviso, per “fatalità”, per “accidente”, scopriremo -qui in Italia- l’emergenza “acqua”.
Siamo o no italiani !
L'allarme degli scienziati riuniti ad Erice
Con un appello ai governi di tutto il mondo - affinché considerino l’acqua come una delle più incombenti emergenze planetarie – si è conclusa la quarantaquattresima sessione dei Seminari internazionali di Erice, a cui hanno partecipato cento scienziati di 40 Nazioni.
“Il primo allarme lo lanciammo 20 anni fa da Erice - ricorda il presidente dei Seminari, Antonino Zichichi- oggi i dati ci danno ragione: l’acqua sta diventando più preziosa del petrolio; ciononostante c’è uno spreco enorme delle risorse idriche, a causa dell’inquinamento delle acque, ma anche per errori madornali compiuti nella distribuzione”.
La comunità scientifica di Erice ha elaborato proposte concrete per utilizzare l’acqua contenendo al massimo gli sprechi.
Nel corso dei Seminari sono state affrontate e discusse le ripercussioni igienico-sanitarie provocate, nei Paesi in via di sviluppo, causate dalla mancanza di acqua e dalla cattiva qualità di quella disponibile.
L’allarme sull’emergenza idrica che coinvolge il Pianeta, partito da Erice, coincide con quello lanciato in questi giorni a Stoccolma dall’Onu, attraverso la presentazione del rapporto per l’ambiente.
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