Palazzo della Zisa - Palermo |
La Sicilia normanna si caratterizzò -generalmente- per il clima di tolleranza che instaurò fra la popolazione di lingua greca locale, quella di lingua latina giunta al seguito dei normanni e quella di lingua araba preesistente ai normanni. Questo giudizio è stato spesso esteso alla successiva epoca sveva, tuttavia si dimentica che Federico II, intenzionato a ristabilire l’ordine imperiale, ingaggerà uno scontro drammatico volto all'eliminazione totale della popolazione islamica dell’isola.
L'interno dell'isola
La zona tra Monreale e Agrigento era organizzata, fino al XIII secolo, come un Emirato Indipendente, con propria moneta, proprie moschee, procure, fortezze, bagni pubblici e altro.
La marca saracena si auto-amministrava liberamente fin dalla conquista di Ruggero I (1090) e intratteneva rapporti costanti con le altre dinastie musulmane della Tunisia e del Maghreb (Ziriti, Berberi, Almohadi, Almoravidi, ecc.).
In particolare la famiglia di Ibn-Hammud reggeva come un califfato quella parte interna della Sicilia, edificando moschee, intrattenendo commerci e battendo moneta.
Con Guglielmo II questo territorio passò come donazione di questi alla chiesa di Santa Maria la Nuova di Monreale, quasi a voler disconoscere la sussistenza della realtà autonoma mussulmana.
Protagonisti di numerose rivolte al tempo di Guglielmo I e Tancredi (1194) i musulmani di Sicilia, tra precipitose fughe verso il Maghreb e saldi stanziamenti territoriali nella Sicilia occidentale, alimentarono i malumori di Federico II contro la loro etnia.
Questo accadde soprattutto negli anni giovanili dello Svevo (1200-1212) quando i musulmani di Sicilia si unirono al Guelfo tedesco, Conte di Markwald e tentarono di spodestare il futuro imperatore, le cose andarono diversamente e rimessi in sesto lo stato e la feudalità riottosa, Federico fece pagare caro quel gesto ai seguaci di Ibn-Hammud.
Questo accadde soprattutto negli anni giovanili dello Svevo (1200-1212) quando i musulmani di Sicilia si unirono al Guelfo tedesco, Conte di Markwald e tentarono di spodestare il futuro imperatore, le cose andarono diversamente e rimessi in sesto lo stato e la feudalità riottosa, Federico fece pagare caro quel gesto ai seguaci di Ibn-Hammud.
Nel luglio del 1220 -per riconfermare il ruolo dell’Arcivescovo di Monreale- Federico ordina che tutte le proprietà, occupate dai musulmani ribelli, venissero restituite.
La resa quindi dei musulmani e la loro integrazione all’interno della struttura economica della Valle del Belice era quindi necessaria perchè Federico conservasse l’appoggio della chiesa nella lotta al potere baronale su tutto il mezzogiorno d’Italia.
Se Federico era il potere legittimo, il re cristiano e l’erede degli Altavilla, Ibn 'Abbad era il Principe dei Credenti (Amir al Muslimin), loro capo riconosciuto.
La contrapposizione non poteva essere più netta.
Monete di Entella |
La Rocca di Entella.
Secondo documenti dell'epoca, rivenuti nel 1956 in Franciia, la figlia di Ibn Abbad si ritirò nella roccaforte di Entella, e offrì al sovrano la resa. 300 cavalieri scelti da Federico furono fatti entrare nottetempo all’interno del castello (Pizzo della Regina) e a tradimento vennero uccisi. Il sovrano svevo, il mattino dopo, vide le teste dei suoi cavalieri che dondolavano dal parapetto del castello; così giunto il giorno della presa del fortezza i ribelli e la figlia di ibn Abbad pur di non cadere in mano al nemico preferirono suicidarsi.
La città di Iato si ribellerà di nuovo nel 1243 e rasa al suolo nel 1246, gli ultimi seguaci dell’Emiro saranno deportati a Lucera in Puglia .
La città di Iato si ribellerà di nuovo nel 1243 e rasa al suolo nel 1246, gli ultimi seguaci dell’Emiro saranno deportati a Lucera in Puglia .
Con la deportazione l’emirato indipendente scomparve, ma rimase eco di una limitata guerriglia che secondo i cronisti dell'epoca era da identificarsi nel comune brigantaggio.
Sotto il re Federico di Aragona (1296-1337), Ibn Zafir discendente di una delle famiglie deportate, dopo aver visitato le rovine di Iato, con versi nostalgici canterà la fine dei musulmani di Sicilia:
Ohimè, Iato è ridotta un mucchio di rottami , un ammasso
deforme di macerie; e fra queste rovine i raggi del sole,
cadono come dardi che si perdono si perdono in battaglia senza ferire!
Dove le ville campestri, pel pellegrino ricetto nell’inondazione,
rifugio contro la tempesta, ombra contro l’arsura?
Per quanto la pupilla dilatandosi divaghi a destra e
a sinistra nel lontano orizonte, tutto è disabitato di case e di
piante, tutto è melanconico quale avvenire senza speranza.
Dove sono i seniori, che litigavano contro le leggi nuove?
dove i timpani delle nozze, dove le serate d’amore?
Dove la vanità e l’ambizione dè padri di legare il proprio
nome e le proprie ricchezze nella maschile prole?
Quante genrerazioni, quanti linguaggi, quanti riti sorvolarono
in questi deserti greppi? Dove sono i libri delle dispute pubbliche?
i propositi vendicativi degli offesi, i giuramenti di eterno amore?
Tutto sparì; gli uragani vi campeggiano sopra; non rimarrà
di essa che qualche nero rigo, qualche spezzata reminescenza
in volumi delegati alla polvere.
La memoria della città, forza dell’Islam, fuggirà come acqua,
che trascende via di forra in forra
Esisteva una catena pressoché continua di casali fortificati saraceni, che vigilava sulla «marca saracena», che aveva il suo centro dinamico nelle cittadelle di Entella, Iato, Sambuca, monte Maranfusa, detto anche Kalatrasi e la montagna della vecchia di Corleone. Gli scavi archeologici e la decifrazione dei manoscritti medievali, hanno individuato i vari siti: Segesta, dove sono state trovate le tracce di una cittadella musulmana esistente fino al XIII secolo. Oltre alle tracce della moschea, sono stati individuati i perimetri del Kasr, il castello, non dissimile da quello scoperto sulla Rocca di Entella: le abitazioni e il «foro»; un centro abitato importante se, come sembra, vi risiedeva un illustre commentatore del Corano, Habu-Hatin Al-Sijstani, il cui scritto è preziosamente conservato nella Biblioteca regionale di Palermo.
Archeologi medievali francesi avevano scovato le tracce dell'antico casale saraceno di Kalathamet, nei pressi delle «acque calde» di Segesta; e proprio le terme assunsero al rango di bagno pubblico per un largo seguito di pellegrini.
Archeologi medievali francesi avevano scovato le tracce dell'antico casale saraceno di Kalathamet, nei pressi delle «acque calde» di Segesta; e proprio le terme assunsero al rango di bagno pubblico per un largo seguito di pellegrini.
Sulla Rocca di Entella archeologi dell'Università di Pisa, hanno verificato nei fatti la leggenda dell'ultima resistenza saracena guidata dall’amazzone-regina figlia di Ibn-Abbad.
Sul monte Iato le ricerche archeologiche hanno portato alla luce le tracce dell’abitato musulmano.
Nei pressi di Sambuca di Sicilia vengono alla luce le tracce di abitati, come il casale di Mallakazar, periodicamente invaso dalle acque del lago Arancio.
Quartieri arabi nelle città cristiane ne esistevano fino al XVII secolo, i «rabati» come ancora oggi risulta dalla toponomastica a Salemi, Polizzi, Castelvetrano, Mazara, Sambuca, Sciacca, Agrigento, ecc.
In Sicilia il posto degli arabi fu preso dagli Ebrei fino a tutto il XVI secolo, ma è probabile che le maestranze saracene, impegnate soprattutto nei lavori di costruzione e nelle abili «tarsie» decorative, si siano integrate nel tessuto sociale nella Sicilia spagnola con un loro patrimonio di arti e mestieri.
In Sicilia il posto degli arabi fu preso dagli Ebrei fino a tutto il XVI secolo, ma è probabile che le maestranze saracene, impegnate soprattutto nei lavori di costruzione e nelle abili «tarsie» decorative, si siano integrate nel tessuto sociale nella Sicilia spagnola con un loro patrimonio di arti e mestieri.
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