L’artigianato siciliano si avvia all'estinzione; la lavorazione manuale, che nei secoli passati si avvicinava all'arte popolare, è ormai una attività molto rara.
Il 2009 e il 2010 hanno visto salutare qualcosa come 2.000 imprese, secondo i riscontri fatti da Unioncamere, Confartigianato e Camere di Commercio siciliane. Un’emorragia dunque pericolosamente costante che non riesce a trovare argini nemmeno nelle blande misure della Regione Sicilia e dello Stato.
I provvedimenti intrapresi attraverso bandi a fondo perduto non sono la panacea di tutti i mali. E' sotto gli occhi di tutti che aumenta inesorabilmente in Sicilia il numero degli artigiani che chiudono bottega. Contessa Entellina in questo non fa eccezione, anche perchè qui la crisi generale si accompagna al venir meno dei flussi finanziari del dopo terremoto, al processo della ricostruzione.
Ed emergono anche fattori “inquietanti”. Ad esempio in provincia di Palermo il dettaglio dei dati porta con sé un’ulteriore conseguenza: la lenta scomparsa dei mestieri storici. Pupari, tornitori del legno, intagliatori, scalpellini, calzolai, intrecciatori sono sempre di meno.
Quattro sono i punti sui quali sarebbe necessario intervenire per modificare il trend negativo:
1) accesso al credito, per dare aria agli artigiani ed evitare il ricorso agli usurai;
2) apertura ai mercati internazionali, per fare conoscere i prodotti all’estero e agevolare le esportazioni di prodotti tipici;
3) creare scuole artigiane per insegnare i vecchi mestieri alle nuove generazioni
e, infine,
4) stanziare fondi per l’apprendistato. Una iniziativa quest’ultima opportuna per scongiurare il lavoro nero, perché un apprendista che non viene messo in regola, non potendo acquisire il titolo di artigiano, resterà per sempre fuori dal mondo del lavoro regolare.
Le associazioni artigianali ipotizzano un calo di addetti non inferiore al 20 per cento. «Tra coloro che hanno risentito maggiormente della crisi ci sono sicuramente gli artigiani che operano nell’edilizia, come installatori, elettricisti e imbianchini, colpiti da una parte dal crollo degli appalti pubblici e dall’altro da una minore propensione delle famiglie a spendere” dichiara il segretario provinciale della Cna.
Stessa sorte toccata a meccanici, carrozzieri ed elettrauto, la cui chiusura è legata alla “modernizzazione forzata” imposta dalle case automobilistiche e dalle nuove tecnologie: “Modernizzazione presuppone grossi investimenti difficilmente sostenibili dalla maggior parte degli artigiani, che non se lo possono permettere”.
In crisi anche i servizi alla persona (acconciatori ed estetisti in prima fila) decimati, oltre che dalle difficoltà di mettersi al passo con le nuove normative, anche dalla contrazione della spesa da parte delle famiglie.
A reggere sono stati, invece, i settori ad alto valore aggiunto: meccanica specialistica, elettromeccanica ed elettronica, agroalimentare.
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