lunedì 31 gennaio 2011

Il Vicario Generale dell'Eparchia, Archimandrita Vito Stassi, è stato a Contessa sabato scorso

Un doveroso grazie va posto dalla Comunità Contessiota all’Archimandrita Vito Stassi, Vicario Generale dell’Eparchia, per aver voluto essere presente a Contessa Entellina sabato scorso in occasione del 25° Anniversario dell’ordinazione di papas Nicola.
La Sua visita è certamente legata alla ricorrenza che l’intera comunità ha festeggiato sabato sera nella Chiesa dell’Annunziata con papas Nicola. Però a non voler essere superficiali quella visita mostra da parte di Papas Vito, sacerdote fra i più in vista e più stimati non solo dell’Eparchia ma della città di Palermo, ove è parroco della chiesa greca della Martorana, sensibilità ed interesse per quanto accade fra noi da un po’ di tempo in qua all’interno del mondo ecclesiastico.
Tutti a Contessa Entellina abbiamo denunciato la mancanza di interlocutori fra fedeli ed Eparchia. La sordità più assoluta è stata constatata da tutti noi su qualsiasi questione, dalla più banale alla più problematica.
Papas Vito, l’Archimandrita Vito Stassi, è Vicario solamente da pochi mesi. In lui chiunque sa di trovare una persona che ascolta, valuta ed alla fine si adopera.
Sabato pomeriggio è stato a Contessa; pare sia arrivato molto presto nel primo pomeriggio e che abbia fatto una ampia ricognizione del territorio e delle strutture ecclesiastiche e non.
E’ intervenuto (lo diciamo a margine) perché finalmente venisse aperto –ad orario inoltrato- il portone della Chiesa dell’Annunziata, che per l’imprevedibile dimenticanza di altri restava chiuso fino a ridosso dell’orario di inizio della celebrazione.

Cosa dire a papas Vito Stassi ?
Prescindendo da quanto ampi o meno siano i poteri di un Vicario, gli diciamo “Con te a Piana sappiamo di avere una intelligenza che sa valutare. Ti ringraziamo per il grave onere che hai assunto nella guida dell’Eparchia e per quanto farai in direzione della sua risurrezione".
Nei prossimi giorni riporteremo integralmente sul blog il discorso tenuto da papas Vito sabato scorso nella Chiesa dell'Annunziata.


Nino Montalbano e gli interrogativi sulla Banda

Lettera aperta al Presidente dell'Associazione Bandistica “G. Ferrara”

La Banda – L'associazione bandistica “G. Ferrara”

La banda per Contessa Entellina rappresenta una delle associazioni più attive e  durature che ha indubbiamente tracciato un solco profondo nella nostra storia. Si è insegnato la musica a persone che non avrebbero mai avuto questa opportunità. Certo, anche le istituzioni hanno contribuito, si pensi soltanto allo studio, insonorizzato e attrezzato che poche altre bande possono vantare.
Quindi, è un patrimonio e un'organizzazione che i contessioti devono valorizzare ed è quello che fondamentalmente si è quasi sempre fatto, pensiamo ai gemellaggi, alle trasferte che fino a poco tempo fa sono state organizzate.
Quello che mi chiedo è se “l'associazione” ritiene di aver gli stessi doveri nei confronti della cittadinanza o meglio dei cittadini capaci e preparati?
Ad esempio: rispetto ad una qualsiasi festività, per i cittadini, è giusto far suonare e valorizzare e dare un minimo di sostentamento per i servizi che la Banda offre, ma per la Banda è giusto valorizzare i cittadini con delle competenze specifiche?
Rifaccio la domanda: rispetto ad una comunità e alla stessa banda che li ha “iniziati” è giusto valorizzare i tre (o almeno uno) maestri di musica che Contessa ha? Oppure per l'Associazione è giusto che i vari comitati non facciano un discorso sulla qualità e sulla convenienza di questa banda piuttosto che un'altra mentre poi loro lo fanno nello scegliere il loro maestro?
La stessa domanda la faccio alla gente: vi sembra giusto?
Spesso parliamo dei giovani “buttandoli” tutti nella stessa pentola per farli cuocere e far vedere ai grandi il brodo che ne esce fuori perchè è più semplice, dire che non servono a nulla. Io proporrei di non buttarli nella pentola e parlare con loro per tirare fuori le competenze e gli interessi e la preparazione che hanno sviluppato e che sviluppano.
Nello stesso tempo da cittadino chiedo all'Associazione Bandistica di cambiare maestro (non perchè l'attuale non sia bravo, non ho le competenze e non sono la persona che può o ama giudicare) ma lo faccio come direi al Presidente del comitato della festa principale di prendere la banda locale piuttosto di cercare bande più economiche e preparate altrove.
Con affetto, Nino Montalbano

Per guidare qualsiasi tipo di Comunità bisogna essere uomini di grande responsabilità

In una comunità come quella di Contessa Entellina la crisi sociale e politica, e ancora di più quella economica, che attraversa l'odierna società nazionale, regionale e locale sta lasciando gravi segni di cui ognuno di noi -singolarmente- non ne avverte nè la causa nè le conseguenze. Spesso si ritiene che le gravi crisi come quella che stiamo attraversando si riverberano solamente nel disaggio sociale e nell'indigenza. No, purtroppo producono effetti in ogni comparto, dalla caduta dei valori etici al disorientamento delle persone, di talune persone, che -come si usa dire in Sicilia- sono capaci di calpestare il cadavere della propria madre pur di raggiungere un falso obiettivo.
La questione che mi sono posta esigerebbe pagine e pagine di scritti, ma non farei altro che stancare tanti lettori, motivo per cui mi soffermo sul mondo di pseudo religiosi che da mesi (da qualche anno) sono in scena nella nostra fragile comunità.
Nella ormai lunga esperienza di vita ho assistito a confronti all'interno della nostra -da sempre irrequietà- comunità per varie ragioni, di natura campanilistica, politico-amministrativa, sindacale, appartenenza o meno a circoli, addirittura fra abitanti di quartieri all'interno dell'abitato.
Scelgo fra tutte la diatriba pseudo religiosa, anche perchè adesso è più di moda.

-Vaga è in me la resistenza passiva, ma rispettabile sul piano civile ed umano, negli anni sessanta di padre Antonino Lala, parroco latino che si è trovato a dover applicare in sede locale, qui da noi, la bolla pontificia di unificazione nei territori di Mezzojuso, Piana degli Albanesi, Palazzo Adriano e Santa Cristina delle parrocchie cattoliche, indipendentemente dal rito seguito, sotto una unica Diocesi. Egli, come era naturale per un uomo colto e maturo che aveva vissuto fino ad allora in un certo modo la vita e l'esperienza religiosa, non accolse con entusiasmo la novità. Essendo tuttavia una persona dalla grande intelligenza e dalla grande esperienza, non solo religiosa ma anche sociale (aveva nell'immediato dopoguerra lavorato perchè alcuni feudi fossero quotizzati ad enfiteusi ad oltre centocinquanta famiglie contadine), egli espresse le sue perplessità senza porsi alcuna timidezza ma, consapevole del ruolo e della responsabilità di guida della comunità che in quei tempi i parroci di Sicilia ricoprivano, immediatamente dichiarò ubbidienza alle Autorità ecclesiastiche. Non pensò mai per un solo attimo di trascinare in guerre di fanatismo nessuno.
Per gli anni che gli restarono da vivere fu rispettato per la sua cultura all'interno dell'Eparchia e rispettò la nascitura realtà. Come lui così fecero i suoi parrocchiani.
- Seguirono anni più o meno felici per la parrocchia, soprattutto a causa della mancanza di un vero erede del grande parroco. I nuovi arrivati che erano stati scelti per reggerla non duravano infatti oltre un anno e a volte anche meno. Pochi varcarono il quinquennio.
- Contemporaneamente la parrocchia greco-bizantina superò con qualche iniziale difficoltà le scomparse di papas Jianni Di Maggio prima e di papas Gaspare Schirò dopo. Papas Nicola Bufalo ebbe momenti di difficoltà prima di farsi bene intendere da quella comunità. Alla fine tutti i componenti la comunità si accorsero che dietro il carattere apparentemente irruento ed aggressivo stava un animo estremamente limpido e buono. Egli fu il Parroco del dopo terremoto che riuscì a mettere a posto molte cose. Da venticinque anni la comunità greca contessiota ha scoperto il significato del Vangelo attraverso il comportamento apparentemente 'debole' quotidiano di papas Nicola Cuccia. Ed è ovvio che adesso da queste vette di comportamento all'insegna di Fede, Speranza e Carità, quella Comunità possa riuscire a scendere, per accomodarsi più a valle.
- Dell'esperienza di padre Mario Bellanca non scrivo nulla perchè su questo Blog c'è abbastanza. Il Blog è infatti figlio del frutto di padre Mario: la "Teologia delle porte chiuse".
   Voglio adesso, invece, tornare alla tesi iniziale.
A Contessa la crisi fa sentire le sue conseguenze; ma non solo da quando la crisi finanziaria americana del 2008 si è diffusa per poi divenire -al livello planetario- crisi economica, ma da sempre. L'emigrazione di massa, su tutti i libri di demografia che riguardano la Sicilia, pone Contessa Entellina come sito da cui -da oltre duecento anni-, percentualmente, essa è stata più alta rispetto agli altri comuni.
   Se da noi le diatribe di campanile, di quartiere, di circoli non fanno vergognare nessuno, anzi in tanti si divertono, è segno che qualcosa di patologico esiste.
   In Svizzera, a Padova, in qualsiasi altra realtà lontana da noi, le eventuali -ma improbabili- guerre di campanile fra cattolici creano immediatamente gli anticorpi. Gli anticorpi in genere sono il senso di responsabilità di chi nelle comunità ha la guida. Padre Lala, non condivise la scelta del Papa (Giovanni XXIII) di unificare il territorio diocesano: ma egli era un uomo col senso della Comunità e non permise che insorgesse una lacerazione fra la gente su quel terreno.
   Egli sapeva che la gente doveva battersi, lottare, per gli obiettivi di riscatto sociale (che egli vide nell'enfiteusi, nell'Opera Pia etc.). La fede, la cristianità dei comportamenti, sarebbero state al sicuro in una o nell'altra diocesi. Altri, per lui, erano infatti i problemi. Piana accanto alla conservazione della Fede avrebbe, ma non l'ha fatto, pure conservato la comune cultura arbereshe.
  La crisi sociale odierna è grave perchè chi ha la responsabilità in sede locale oggi dà la sensazione di cavalcare il disaggio sociale mettendo legna su angolazioni errate. Inconsapevolmente, almeno questo lo concediamo a costoro, questi protagonisti ci distraggono dai punti cruciali, veri, del vivere civile.
L'attaccamento di tanti contessioti nei confronti di papas Nicola va compresa, non può essere motivo di ostracismo o di settarismo. 
  Si ha la sensazione, speriamo sia soltanto sensazione, che taluni imitino Berlusconi: il premier regge, affronta, da tre/quattro anni il ridursi del tenore di vita degli italiani attirando la loro attenzione sulle Noemi, le Ruby .....e mille altre amenità. Il guaio è che gli italiani gli vanno appresso.
  La differenza, tornando ai mancati uomini di responsabilità locale, è che Berlusconi sa ciò che fà e si propone proprio di distrarre gli italiani dalla crisi e dai suoi problemi giudiziari mentre alcuni dei protagonisti locali di oggi non sanno ciò che fanno. A fronte di padre Lala  ....  ....

Festa di popolo per Papas Nicola, modello dei sacerdoti che vogliamo

Poca gente sabato scorso è rimasta a casa e non ha potuto, non ha voluto, partecipare alla cerimonia liturgica di ringraziamento per il 25° Anniversario dall'ordinazione al sacerdozio di Papas Nicola.
Fra i pochi contessioti rimasti a casa (ovviamente tanti erano giustificati, anche a causa di seri motivi) si distinguono i soliti soggetti del mistero, del nascondimento che si sono giustificati, alcuni, col non essere stati informati, e altri (i vari fedelissimi di Apollo, di ....  come a Corinto) di appartenere ad altri.
Per costoro le campane non hanno suonato ed il portone della Chiesa non è mai stato aperto.

Un momento della Liturgia per il 25° di
sacerdozio di Papas Nicola



Papas Nicola assediato da clero e popolo
che gli porgono personalmente gli auguri

La Chiesa gremita di parenti, amici,
conoscenti e contessioti

E non poteva mancare la torta

Mezzojuso: Conosci te stesso, Materiali per una Storia locale

ripreso da n. 79/2011 di ECO DELLA BRIGNA

a cura di Roberto Lopes e Pino Di Miceli
Palazzo Municipale di Mezzojuso
Lapide commemoratova dei caduti della Grande Guerra
Non v’è dubbio: a livello di divulgazione storica, le lapidi esposte in luoghi più o meno pubblici svolgono un ruolo primario. Ma è anche del tutto evidente che esse, come ogni altro testo - perché di testi si tratta -espongono dei punti di vista. A volte condivisi a volte no, a volte esiti di visioni governative o risultati di insistenze nate dal basso e mal sopportate dal potere, a volte rappresentazioni di ricerche storiche approfondite o sigilli miranti a legittimare ipotesi non fondate, ecc.
La riflessione, nata da una ricerca effettuata da due classi quinte della scuola primaria di Mezzojuso nell’anno scolastico 2005-2006 (“Memorie di Pietra”) e per la quale fungevo da supporto per la documentazione fotografica, mi ha permesso di riandare a tutta la problematica di cui sopra. E così ho riconsiderato errori di datazione (lapide davanti alla casa natale del Buccola), autocelebrazioni (lapide di Giorgio Reres nella chiesa dell’Immacolata), rappresentazioni identitarie (lapide per i caduti “greci” nella prima guerra mondiale posta all’interno della chiesa di Santa Maria delle Grazie) che pongono problemi se confrontate con altre lapidi sulla stessa ricorrenza, accomunamenti forzati (caduti nella guerra in Spagna ricordati assieme ai caduti della seconda guerra mondiale, nella lapide situata in piazza Umberto I°), e via di seguito.
Ciò che non ci dicono le lapidi, dovrebbero dirci i documenti, ma non sempre e non tutti. Negli ultimi anni qualche nostro amico, nel nostro territorio, sta approfondendo un ambito storiografico costituito da memorie, lettere, diari, appunti, prodotti soprattutto da soldati e da emigrati.
Tutto questo materiale costituisce un settore di testimonianza ancora purtroppo non del tutto apprezzato, ma la sua lettura a volte ci dà la possibilità di imboccare la giusta strada per ulteriori approfondimenti.
Andiamo ad alcune vicende della prima guerra mondiale che videro coinvolti dei nostri concittadini.
I vincoli di amicizia coltivati in paese, dai giovani soldati al fronte vengono alimentati o attraverso incontri fortuiti o attraverso la richiesta di notizie nelle lettere inviate ai parenti rimasti a Mezzojuso.
E’ il caso della lettera inviata ai genitori in data 2 luglio 1917 da Salvatore Muscaglione (vedi Eco della Brigna n. 6, novembre 1998). Nella missiva egli fa loro sapere che “tanti giorni addietro è morto Andrea il figlio di Petrino Ribaudo” e chiede se in paese si sia a conoscenza del fatto. Nel suo Diario di guerra Alfredo De Lisi parla spesso di incontri avuti al fronte con conoscenti e amici mezzojusari o dei paesi vicini (ad esempio, Vincenzo Perniciaro, Biagio Cuttitta, Salvatore Buttacavoli, Giovannino Lascari). In data 5 agosto 1917, viene appuntato: “Appresi, con mio sommo dispiacere, la triste fine che ha fatto maestro Vito Labarbera. O Dio quando finirà questa tremenda carneficina?”
I nomi di Salvatore Muscaglione, Petrino Ribaudo e Vincenzo Perniciaro li troveremo tra i caduti nella lapide di piazza Umberto I°. Ma, per esempio, che “triste fine” ha fatto Vito La Barbera che non è citato nella stessa lapide?
La trascrizione dell’atto di morte ci segna la strada da seguire per dare a noi stessi una risposta.
L’anno millenovecentodiciotto addì quattordici gennaio in Mezzojuso nella Casa comunale.
Da S.E. il Ministro della Guerra mi viene spedito lo infrascritto atto di morte concepito come appresso:
“Ministero della Guerra. Direzione generale leva e truppa. Divisione matricole. Stato Civile in guerra.
Estratto dell’atto di morte del soldato La Barbera Vito.
 Il sottoscritto Direttore Capo della Divisione Matricole dichiara che nel registro degli atti di morte in tempo di guerra del 142° Regg. Fanteria a pagina 12 ed al n. 1285 d’ordine trovasi inscritto quanto segue: ‘L’anno millenovecentodiciassette ed alli 16 del mese di Luglio nel comune di S. Maria La Longa mancava ai vivi alle ore 7 in età di anni 35 il Soldato La Barbera Vito del 142 Regg.to, 6a Compagnia, Matricol 59577, distretto 33, classe 1882, nativo di Mezzojuso, provincia di Palermo, figlio di Vittoriano e di fu Militello Nunzia, morto in seguito a Ferite da fucile, sepolto al cimitero di S. Maria La Longa come consta dal verbale Mod 147 debitamente inviato e sottoscritto dal comandante il Reparto Tenente Salvatori Sig. Arcangelo e dai testi Sergente Maggiore Motta Giulio e dal Ten. Cappellano del 14° Fanteria Chelli Don Genesio. L’Ufficiale d’amministrazione Incaricato della tenuta del registro firmato Illeggibile.
Roma lì29 Dic 1917.
Io Delisi Antonino Segretario delegato dal Sindaco con atto sedici aprile mille novecento otto approvato Ufficiale di Stato Civile del Comune di Mezzojuso, in esecuzione della legge ò eseguito la presente trascrizione, formandone lo allegato, e mi sono sottoscritto”.
Questo il testo trascritto nel registro dei morti del comune di Mezzojuso.
Ci fanno da spia alcuni elementi: “morto in seguito a Ferite da fucile”, il 142° reggimento e il cimitero di Santa
Maria La Longa. Cosa era successo? La Grande Guerra, come viene chiamata, si presenta subito con tutta la sua novità di guerra di massa e di logoramento. Per il fronte italiano è soprattutto guerra di trincea. Condizioni oggettive di difficoltà soprattutto logistiche, cattiva preparazione, operazioni non risolutorie, situazione economicosociale della nazione, fanno sì che il malcontento e la protesta avanzino sia nelle città che al fronte. E si avranno casi di diserzione e di ammutinamenti.
Per quanto riguarda il fronte, Cadorna vorrà attribuire tutto ciò alla propaganda ideologica e disfattista. Ma si tratta solo di stanchezza di fronte alla carneficina e alla durezza della disciplina.
A questi casi di protesta non si sottrae una delle brigate più famose, la Catanzaro. Già nel 1916 ha avuto infatti un caso di decimazione.
Dall’ultima settimana di giugno 1917 i fanti della Brigata Catanzaro si trovano nei pressi della località Santa Maria La Longa (Friuli), per un periodo di riposo, dopo una serie di aspri combattimenti in prima linea. Tra l’altro sia il 141° che il 142° reggimento della brigata si sono precedentemente distinti in importanti imprese belliche e per tale motivo hanno ricevuto significativi riconoscimenti. La domenica del 15 luglio si sparge però la voce che al più presto bisogna ripartire per la prima linea. E precisamente verso Trieste.
La sera scoppia una rivolta che si protrae per molte ore con diversi morti e feriti. La rivolta viene repressa grazie anche all’arrivo di rinforzi e con una  sommaria fucilazione di alcuni ribelli.
L’indomani avviene la decimazione. Dodici rivoltosi vengono estratti a sorte, fucilati all’esterno del muro del cimitero di Santa Maria la Longa e seppelliti in una fosse comune. Tra i fucilati vi è il nostro Vito La Barbera.
Gabriele D’Annunzio, dopo aver temuto la sera prima di diventare obiettivo dei rivoltosi, assiste alla fucilazione e l’episodio non sfugge né alla sua penna né alla sua vocazione al gesto retorico ed esemplare. Il poeta infatti non si sottrae dal deporre alcune foglie d’acanto sui corpi dei fucilati e fissa le proprie impressioni su alcuni appunti che svilupperà qualche anno dopo, nel 1922. Ne sortirà una pagina carica di enfasi, non solo linguistica, che vuol considerare parimenti il valore indiscusso della Brigata Catanzaro e la tragica fine di alcuni suoi figli di cui riconosce la fragilità.
A guerra finita ci saranno anche diverse versioni con strascichi polemici sull’accaduto.
Alcune famiglie riceveranno la pensione, ma la verità sulla sorte dei loro cari è eufemisticamente nascosta in
quel “morto in seguito a Ferite da fucile”. Nei tanti Albi d’Oro non leggiamo i nomi di questi decimati. “Nei simbolici alberi” del “parco di rimembranza” di Mezzojuso non figura mastro Vito La Barbera di Vittoriano e di fu Nunzia Militello. Il suo nome è però inserito nell’elenco dei caduti incorniciato all’interno della nostra sezione dei Combattenti e Reduci. Qualcuno ha voluto dimenticare, qualche altro no.

Famiglia Cristiana su Dionigi Tettamanzi: “Per noi è il volto della Chiesa che ci piace”

di Nicola Graffagnini
Dionigi Tettamanzi è l’italiano dell’anno per il settimanale Famiglia Cristiana
Proviamo a conoscere meglio la persona e l’uomo di Chiesa. Che cosa ha fatto per meritarsi l’attenzione del settimanale dei paolini che in quest’ultimo anno non è stato molto indulgente per la chiesa apparato ricercando invece di valorizzare la Chiesa militante e oppressa in tutto il mondo.
Risponde ai nostri interrogativi il Numero Speciale dei fatti 2010 del settimanale che riporta in copertina l’immagine del Cardinale Tettamanzi e poi una serie di ritratti del personaggio.
Il Cardinale ha messo in vendita tutti i presepi e le icone ricevute in dono in questi anni per devolvere il ricavato al Fondo Famiglia-lavoro della Diocesi, questa azione secondo il Direttore Don Antonio Sciortino “ci ha profondamente toccati in special modo per la situazione di crisi che sta vivendo la Nazione”.
Il Fondo assiste le famiglie in special modo quelle monoreddito che hanno perso definitivamente il lavoro.
Al proposito racconta il cardinale: “Nel Natale 2008 mi sono posto una domanda, che cosa posso fare per la crisi, e ho chiesto che ciascun fedele si lasciasse inquietare e convertire da questa stessa domanda . La risposta della gente è stata straordinaria, sono stati raccolti finora oltre 10 milioni di euro, ma soprattutto si sono attivate tantissime relazioni di prossimità verso chi è in difficoltà umana. Ai politici serve uno sguardo più attento ai bisogni veri delle persone”.
Per Tettamanzi San Carlo fu un Santo e un grande Vescovo a cui ispira da tempo la Sua opera, infatti seppe vivere in mezzo al “suo popolo” in special modo durante la peste del 1576. Si spese per annunciare il Vangelo rimanendo dalla parte degli “ultimi”.
La fedeltà al vangelo anche quando è scomodo e impone un prezzo da pagare, anche quando relega a posizioni di minoranza o porta a incomprensioni, derisioni, rifiuti.
La peste di oggi, secondo Tettamanzi è “il progressivo e veloce disfacimento della società, provocato dalla ricerca della comodità e del successo, dai poveri lasciati senza cura, dalla manipolazione dell’opinione pubblica per strapparle il consenso, dal mancato impegno per cercare il bene comune e progettare il futuro”.
Invece ciò di cui la politica tratta, dice, “non è ciò che serve alla gente che deve ogni giorno fare i conti con tanti bisogni urgenti, oggi la politica pare diventare l’arte delle parole”.
Quando vien meno la fedeltà a Cristo, continua Tettamazi, “anche nella Chiesa si sviluppano le logiche mondane del potere, della visibilità, del consenso. Anche nella Chiesa, senza amore le relazioni rischiano di degradarsi sino a divenire manipolazione, controllo, possesso, tradimento, abuso. Credibile è la Chiesa quando quest’amore lo ripropone con umiltà, fiducia, coraggio e gioia, ogni giorno”.
Nelle ultime riflessioni, si notano gli accenti storici e mistici del Cardinale Martini, Suo grande maestro e predecessore sulla cattedra di Milano. Dionigi Tettamanzi, viene ordinato sacerdote nel 1957 dall’arcivescovo di Milano Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI. Il 23 Settembre 1989 riceve l’ordinazione episcopale nel Duomo di Milano dall’arcivescovo Card. Carlo Maria Martini. Il 14 Marzo 1991 viene nominato segretario generale della Conferenza episcopale italiana, il 20 aprile 1995, il Papa lo nomina arcivescovo di Genova. Nel Concistoro del 21 febbraio 1998 viene creato cardinale e l’11 luglio 2002 viene nominato arcivescovo di Milano, dove fa il suo ingresso il 29 settembre 2002.
Nicola Graffagnini

domenica 30 gennaio 2011

Rapporto fra gli italiani e il loro patrimonio monumentale, artistico e culturale

di Nicola Graffagnini
Certamente si lega al nuovo corso dei privati nei restauri dei Beni Culturali, la ricerca che in questi giorni un Istituto Specializzato sta effettuando in tutta Italia, mediante lanci mirati in Internet che inondano le caselle postali degli addetti ai lavori
L’indagine in questione ha un titolo significativo: il rapporto fra gli italiani e il loro patrimonio artistico e culturale ed è divisa in tre gruppi di domande a tema.
E’ promossa dal gruppo Marilena Ferrari, FMR, impegnato a promuovere i valori dell’arte e della cultura italiana.
Nel primo blocco si tende a verificare una graduatoria relativa ad alcuni monumenti italiani tra cui il Colosseo, da cui dovrebbe emergere una classifica dei più rappresentativi del nostro patrimonio artistico.
Vi sono elencati anche: la Basilica di S. Marco, Fontana di Trevi, Piazza Navona, il Pantheon, Piazza della Signoria, il Duomo di Milano, il Duomo di Firenze, La Scala di Milano.
Il secondo gruppo di domande tende a verificare il grado di percezione tra gli italiani dell’importanza rivestita dai Beni Culturali posseduti dalla Nazione e richiede alcune risposte significative relative alle azioni da intraprendere per la buona conservazione del patrimonio.
Il terzo gruppo riguarda la sollecitazione di risposte relative alle strategie di gestione economica ed efficiente dei siti monumentali.
Per avvalorare la serietà scientifica della ricerca, l’Istituto dichiara che si svolge con la supervisione del Dipartimento di Scienze Statistiche dell’Università di Bologna.
Nicola Graggagnini

Diego Della Valle restaurerà il Colosseo

di Nicola Graffagnini
Andata deserta la gara di Ottobre bandita dal Ministero dei Beni Culturali, alla ricerca di uno Sponsor privato, i 25 milioni necessari al restauro li metterà Diego Della Valle, Patron della scarpa TOD’S.

L’imprenditore marchigiano si era già fatto avanti in Autunno, ma non aveva formalizzato l’offerta perché riteneva improponibili le condizioni del bando, che accollavano al mecenate eventuale, anche la progettazione, la Direzione e infine l’esecuzione dei lavori.
Incombenze, le prime due, ora interamente a carico del Ministero, perfettamente in grado di esperirle con i suoi esperti degli Uffici Tecnici centrali, mentre il finanziamento verterà solo sull’esecuzione effettiva dei lavori, suddivisi in otto stadi di avanzamento.
Il versamento delle somme verrà erogato direttamente alle imprese appaltatrici sulla base degli stadi di avanzamento lavori sorvegliati e approvati dalla Sovrintendenza di Roma centro.
Per Alemanno, Sindaco di Roma , è “la fine di un incubo” e un segnale dato dai privati per concorrere col pubblico a difesa del Colosseo un’opera che appartiene all’umanità intera.
Della Valle, nel corso della cerimonia ha definito l’impegno assunto, come un “dovere ma anche un piacere, un gesto di riconoscenza verso il paese e un modo per far vedere al mondo che l’Italia funziona, che uno dei simboli del paese viene restaurato da un’azienda che rappresenta il made in Italy nel mondo” e si è detto certo che altri imprenditori imiteranno il suo esempio a partire da un impegno per Pompei.
Come contropartita Della Valle potrà utilizzare la dizione: “Sponsor Unico per i lavori di restauro del Colosseo” in accoppiata ai propri marchi a livello nazionale e internazionale.
Sono serviti mesi di incontri e contatti per giungere ad una intesa che darà nuova luce ad uno dei simboli della Capitale più conosciuti al mondo.
I lavori prenderanno il via alla fine dell’anno con una durata al massimo di 36 mesi. Lo Sponsor potrà promuovere e pubblicizzare i lavori di restauro in esclusiva, che durerà per l’intera durata dei lavori e per i successivi due anni.
Secondo il ViceSindaco di Roma Cutrufo, il Colosseo e i Fori Romani, accolgono ogni anno 4,5 milioni di visitatori, con un incasso di circa 30 milioni l’anno.
Negli ambienti delle Associazioni d’Arte della capitale si eccepisce che il Colosseo o i ruderi di Pompei, se ben gestiti potrebbero finanziarsi in autonomia i propri restauri, viste le cifre che risultano di dominio pubblico, così come i casi di mala gestione dei ruderi di Pompei che hanno fatto scivolare non solo l’immagine dell’Italia nel mondo ma anche quella del Ministro Bondi e del Governo.
A proposito degli incassi del Colosseo, si legge su Repubblica-Roma del 15.08.2001 che sono stati oggetto di uno strano furto in pieno giorno, compiuto da falsi vigilantes a danno degli Uffici di cassa della Sovrintendenza Archeologica centro, sono risultati sottratti dei sacchi valore per un totale di 15 milioni di euro, la metà esatta del gettito annuale di incasso dei biglietti di ingresso, nessun amministratore oculato lascerebbe in cassaforte per sei mesi l’incasso dell’Azienda omettendo di versarlo settimanalmente in Banca per concentrarlo in unico versamento in pieno Agosto.
Nicola Graffagnini

Uno dei tanti messaggi presentati a Papas Nicola

Riportiamo uno fra i tanti messaggi augurali presentati a Papas Nicola

PER L'ANNIVERSARIO DI SACERDOZIO DI PAPAS NICOLA CUCCIA
letto in Chiesa, a nome della Comunità Parrocchiale,
da Daniela Lala

Grazie Signore, per averci donato un Testimone di Fede, Speranza e Carità.
Un Pastore della Chiesa come Papas Nicolino, oggi non più parroco della nostra parrocchia dove tanto manca e tanto ha amato.
Mancano le Omelie che erano e che sono insegnamento della nostra Vita, 'Ci hai insegnato a camminare con Gesù nel Cuore e uniti gli uni con gli altri.
Uniti nella famiglia, nella scuola tra i giovani, eri diventato per noi lo "stare insieme", trovavi e continui a trovarte risposte ai problemi della nostra vita.
Sei un padre per tutti noi, hai condiviso le nostre gioie e i nostri dolori. Oggi che stai per festeggiare il 25° anno di sacerdozio possiamo dirti Grazie;
Hai lasciato un segno a tutti, sia come Parroco che come Amico.
In questo giorno ti ricordiamo nella Preghiera e chiederemo al Signore la forza dello Spirito Santo che ti sostenga ogni giorno nella Vita.
Tu servo per Amore, annuncia a tutti la lieta novella, conduci ogni figlio prodigo alla casa del Signore, consola il volto dei cuori smarriti e continua ad essere un Sacerdote dell'Umanità.
Ti auguriamo che questo 25° anniversario di sacerdozio possa moltiplicarsi sempre più, conducendo ogni uomo a un mondo migliore nell'essenzialità di ogni giorno.
Accetta questo piccolo dono, piccolo, in confronto a quanto hai donato a questa Comunità e preghiamo la Santissima Trinità che ti dia forza e serenità nel tuo cammino sacerdotale.
Tanti Auguri
29.12.2010

Per i 25 anni dall'ordinazione di papas Nicola: festa di popolo

   Mai Santa Liturgia è stata tanto partecipata dalla popolazione di Contessa Entellina, senza che ci fosse necessità dalla usuale, tradizionale, "campaniata" e senza che il portone della Chiesa venisse aperto ai fedeli con l'opportuno anticipo rispetto all'inizio della celebrazione.
   Ieri sera nella Chiesa dell'Annunziata c'era l'intera popolazione di Contessa Entelina, esclusi -s'intende- i fedelissimi di questo o quell'altro ...
   Chiesa stracolma per rendere omaggio a Papas Nicola Cuccia, il parroco dei contessioti (greci e latini) tornato a celebrare nella sua chiesa parrocchiale -degli anni trascorsi- per ricordare fra la sua gente, i suoi parenti, i suoi amici, i suoi fedeli, il 25° dell'Anniversario dell'ordinazione al sacerdozio.
   Si è trattata di una concelebrazione presieduta da Papas Nicola (palesemente commosso) e la partecipazione di Papas Marco Sirchia, Papas Sepa Borzì ed il diacono Rosario Caruso. Erano presenti tanti altri sacerdoti: dal Vicario Generale dell'Eparchia, Archimandrita Vito Stassi, a Papas Janni Pecoraro, a Papas Schiadà Eleuterio, a Papas Giovanni Stassi, a padre Giorgio Ilardi, a padre Enzo Cosentino.
   Avremo occasione di che riflettere su tanta partecipazione di popolo, sulle parole dette da Papas Nicola, dal Vicario Generale e dalle tante ragazze collaboratrici di papas Nicola che si sono alternate -in Chiesa e poi nel locale ove è stata organizzata una cena- per manifestare le ragioni della loro stima nei confronti del festegiato.
  Riportiamo qui alcune foto, riservandoci in prosieguo di pubblicare qualcosa di coordinato.

La Chiesa

sabato 29 gennaio 2011

Flash sulla nostra Storia

Un celebre documento del 1239, periodo di Federico II e della drammatica fine di Entella, permette di includere Castello Calatamauro fra i fortilizi da potenziare secondo le intenzioni dell'Imperatore.
Si tratta della cosiddetta lista dei castra exempta: i castelli, cioè, amministrati direttamente dall’imperatore che ne nominava ed eventualmente rimuoveva i castellani. Si tratta quindi di un elenco che comprende solamente i castelli demaniali, dipendenti dalla Corte regia, e pertanto sottostavano ad uno speciale regime giuridico.
Nella Sicilia citra Salsum i castra exempta erano quelli di Messina, Siracusa, Caltagirone, Milazzo, Aci, Enna, Taormina, Nicosia, Monforte, Rometta, Scaletta, Sperlinga, San Fratello ed un misterioso Palmerium.
Nella Sicilia ultra il gruppo comprendeva i castelli di Palermo, Termini, Calatafimi, Calatamauro e Licata, oltre ai due castra di Bellumreparum e Bellumvidere,  nell’area di Castelvetrano
Rispetto all’età normanna, durante il periodo Svevo, compaiono quindi con certezza come parte
del demanio regio i castelli di Caltagirone, Milazzo, Aci, Monforte, Scaletta, Sperlinga, San Fratello (S. Filadelfo) in Sicilia orientale, Calatafimi, Calatamauro, Bellum vedere e Bellum reparum in quella occidentale.
Il numero complessivo dei castelli demaniali era comunque ben superiore.

venerdì 28 gennaio 2011

Totò Cuffaro, chiuso a Rebibbia si scusa coi siciliani: «Vi ho tradito»

Il parlamentare Pdl Mazzuca ha incontrato l'ex governatore nel carcere romano Salvatore Cuffaro
dal sito del Corriere della Sera

PALERMO - «Non mi sento tradito dalla Sicilia, semmai sono io ad avere tradito la Sicilia». Sono le parole riferite dall'ex governatore Salvatore Cuffaro a Giancarlo Mazzuca, il parlamentare del Pdl che gli ha fatto visita a Rebibbia, pochi giorni dopo la reclusione per la condanna definitiva a sette anni. Mazzuca scrive il resoconto dell'incontro sull'ultimo numero di Panorama. L'ormai ex senatore, scrive Mazzuca, «mi fa vedere il libro che sta leggendo in questi giorni assieme ad altri (La bibbia e il saggio di Papa Ratzinger, Luce nel mondo, che gli ha portato in dono Gaetano Quagliariello): è La luna è tramontata di John Steinbeck». Il deputato racconta di un Cuffaro apparentemente sereno, tanto da chiedersi come sia possibile che abbia accettato una sentenza così dura (7 anni) senza gridare alla persecuzione giudiziaria. «Perché sono un uomo delle istituzioni e accetto la sentenza» gli ha risposto l'ex presidente della Regione. Aggiunge: «Qui sono trattato benissimo» e gli mostra i resti del pasto di mezzogiorno: riso, pesce e broccoli. E gli altri reclusi, quasi tutti extracomunitari, già lo chiamano «presidente». La fede e la preghiera, ricorda Mazzuca, sono un estremo conforto («prega dalla mattina alla sera»). Infine, Cuffaro affida al deputato berlusconiano due pensieri: «Se tornassi a nascere rifarei di nuovo il politico»; «Voglio raccontare la mia disgraziata storia in un libro».

E' passata la settimana sull'ecumenismo. I gravi interrogativi.

Iniziativa ecumenica a Palermo
La prospettiva di fede di qualsiasi comunità  è determinata dalla propria identità e dalla propria origine. Agli occhi di un Monsignor Tamburrino, o di un Cardinale Sandri, l'attaccamento dei contessioti al rito greco-bizantino può sembrare strano e fuori dal tempo. Il fervore e l'entusiasmo rappresentano invece una tradizione antica ed autentica del Cristianesimo bizantino che è sicuramente più vicino e aderente al periodo apostolico (sia pure sotto l'influsso ellenistico) di quanto lo sia l'approccio romano e peraltro non ha nulla da spartire con le pratiche devozionali, sentimental-pietistiche e falso-mistiche di tanti segmenti  (non tutti, per fortuna) del sentire "latino". 
Oggi le tre realtà greco-bizantine d'Italia sono sistematicamente umiliate dall'essere "senza fine" commissariate. A decidere il Commissariamento sono cardinali e prelati "romani", forti del non saper interpretare.
L'unità è intesa, da costoro, come primato latino (Cardinale Sandri, Monsignore Tamburrino, ...) sulle minoritarie chiese bizantine. Pensiamo un poco: mai ci sarà, mai assisteremo ad un Eparca Bizantino o Melchita che, nominato "Delegato pontificio" per esempio a Monreale andrà ad imporre a quell'arcivescovo il rispetto della Bolla di Giovanni XXIII con cui Santa Maria del Bosco è stata, negli anni sessanta, inclusa nella giurisdizione di Piana degli Albanesi.

Cosa ci sta a fare un delegato pontificio a Piana degli Albanesi ? Siamo in tanti a chiedercelo.
Alla gente non è mai stato spiegato, non è mai stata data alcuna spiegazione; i sussurri fra le strade dicono molte cose, attendibili e meno attendibili, credibili e meno credibili.
L'unità romana, l'unità imperiale pontificia, viene intesa a Roma come estinzione, subordinazione dell'identità bizantina. Il fanatismo, l'ignoranza, addirittura la provocazione di un Don Mario Bellanca a Contessa Entellina ai danni dei greco-bizantini hanno attendere tre anni per essere rese innocue.
Ma, ed è questo un punto grave, si è dovuto pure pagare un prezzo:
la vittima della mancanza di amore, dell'orgoglio e del disprezzo coagulate dal sacerdote "romano" nella sua "Teologia delle porte chiuse") ha dovuto pagare col trasferimento ad altra sede la sua "debolezza" e la sua "mitezza". Papas Nicola Cuccia, colpevole di avere frapposto la preghiera continua, per quindici giorni, nei gradini esterni della Chiesa della Favara, alla brutalità del portone sbarrato è stato trasferito.
Il prete latino, il teologo, continua a vivere, a carico dell'8 per mille, a Contessa Entellina senza che abbia mai pensato di adeguarsi al decreto eparchiale che lo vuole presso la Chiesa di San Vito, a Piana degli Albanesi.
Il risultato di una Eparchia che non ha ben percepitpo cosa significhi "unità", intendendola come subordinazione inoperosa, stanca, avvilita, rinunciataria alla curia Romana, è che da parte di noi tutti si debba oggi ammirare le Chiese Ortodosse che hanno ben capito, più di noi sicuramente, cosa intenda la Chiesa di Roma quando discute di unità delle chiese.
Con questo scritto non intendiamo alimentare di certo sentimenti di diffidenza o di ostilità nei confronti della arrogante gerarchia "romana", che come tutti rileviamo si fonda unicamente sull'arroganza economica. No, noi condividiamo l'unità, purchè la si intenda come comunione di "alterità", comunione fra diversi, comunione senza subordinazioni autoritarie, comunione nella carità e nel rispetto reciproco.
Le tre realtà greco-bizantine d'Italia non possono morire per soffocamento, per il peso di "delegati pontifici" che di tutto sono esperti, tranne di saper interpretare e rappresentare una identità che non gli appartiene.
Quanto da noi qui scritto non esclude l'inettitudine di chi dovrebbe rappresentare le tre comiunità e per misteriose ragioni non ardisce muovere parola.

Giorni del terzo millennio

Sotto i nostri occhi
Caso Ruby, c'è un'altra minorenne brasiliana; Iris Berardi, partecipava alle feste di Arcore (l'interrogativo dei curiosi: "era la nipote dell'ex presidente  Lula ?").
A) La Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio ha deciso che la richiesta di perquisire alcuni uffici del premier, venga respinta al mittente, tenuto conto della asserita competenza del Tribunale dei ministri.
B) Berlusconi prapara la "vendetta": manifestazione il 13 febbraio a Milano. Nell'inchiesta arrivano anche la cocaina e i depistaggi.
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Casa di Montecarlo -
Il Ministro Frattini con il bacino del Mediterraneo in subbuglio (Algeria, Tunisia, Egitto, Albania) trova il tempo per dichiarare in Senato: vere le carte di Santa Lucia.

Conti pubblici
Evasione, scoperti nel 2010 €. 50 miliardi di redditi "occultati".
 
I politici goderecci e la crisi diseguale per tutti
Il primo febbraio scatterà il nuovo listino prezzi della società di gestione che si è aggiudicata l'appalto per il servizio di ristorazione dell'Assemblea Regionale. Un caffè costerà ai novanta privileggiati del terzo millennio solo 0,36 centesimi, un pranzo completo appena 8 euro. Il tutto contro gli oltre 13 euro del Senato o i 38 euro di un ristorante medio di Palermo.

giovedì 27 gennaio 2011

Il giorno della memoria

di Nicola Graffagnini
Il giorno della memoria è una ricorrenza civile istituita con la legge N. 211 del 20 Luglio 2000 del Parlamento italiano, che in tal modo ha aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 Gennaio come giornata di commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell’Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.
Il 27 Gennaio corrisponde infatti all’abbattimento dei cancelli del campo di Auschwitz, da parte dell’esercito russo.
Voglio ricordare questa giornata, con due estratti da articoli pubblicati dai miei allievi su: Cronaca in classe del Giornale di Sicilia, dedicata alla giornata.
“Tenente Onorato – Lo studio dell’Olocausto attraverso gli scritti della piccola vittima ebrea. Il Diario di Anna Frank, lettura per riflettere il disastro della Shoah. In questi giorni in classe, nell’ora di religione, abbiamo parlato del popolo ebraico e soprattutto della loro persecuzione durante la seconda guerra mondiale, anche perché il 27 Gennaio è il giorno dedicato alla memoria delle vittime dell’olocausto. Mentre approfondivamo l’argomento, abbiamo scoperto la storia di una ragazza tedesca di origine ebraica di nome Anna Frank. Nel Giugno del 1942, Anna insieme con la sua famiglia e pochi altri si nascose sotto il tetto delle fabbrica del padre per sfuggire alle persecuzioni naziste. In occasione del suo compleanno, ricevette un diario su cui scrisse tutte le sue disavventure vissute in quel periodo triste per lei e per tutti gli ebrei. Dal suo diario, come ci raccontò la maestra di religione, si evince che Anna pur giovanissima di età,dimostrò di essere matura per la sua età e anche molto coraggiosa, perché non sarà stato facile affrontare con forza qui momenti angosciosi per una ragazzina che semmai a quell’età ha bisogno di giocare e divertirsi con i suoi coetanei.
Sfortunatamente il 4 Agosto del 1944,  Anna e i suoi familiari furono scoperti e deportati nel campo di concentramento di Auschwitz. Anna aveva appena quindici anni, dopo poco meno di un anno, nel 1945 insieme alla sorella Margot morì dio tifo nel campo di sterminio di Bergen-Belsen.
Anna Frank divenne famosa per il linguaggio vivace e tenero che ha toccato i cuori di tantissimi lettori di ben cinquantacinque nazioni del mondo. Oggi si dice che il suo Diario è uno dei libri più venduti e tradotti al mondo. Giovanni Polizzi.”
“Un film da vero Oscar. Il 27 gennaio abbiamo visto per l’occasione il film: - La vita è bella - di Roberto Benigni. Si tratta di un vero capolavoro che riesce a far ridere anche in un momento drammatico come quello dei campi di sterminio. Tutto comincia nel 1938, Guido era un giovane ebreo che andando a lavorare incontrò Dora in un modo divertente, poi dovunque andava la trovava davanti per coincidenza fino a quando un giorno si sposarono ed ebbero un figlio di nome Giosuè. Un giorno, dopo lo scoppio della guerra e l’inizio delle persecuzioni degli ebrei, tutta la famiglia venne deportata in treno. In quei momenti terribili Guido iniziò a raccontare al figlio che la guerra era tutto un gioco e che si dovevano totalizzare fino a mille punti per vincere un carro armato vero. Un giorno Guido, durante la ricerca della moglie nel campo,viene sorpreso e ucciso da un soldato, alla fine Giosuè riesce a incontrare la madre nel momento della liberazione del campo da parte dei soldati americani. Abbiamo imparato che la parola Olocausto in ebraico vuol dire sacrificio levitico. Questo termine è stato indicato dagli storici per indicare lo sterminio di sei milioni di ebrei attuato dai nazisti tedeschi, guidati dalla follia omicida di Hadolf Hitler. Il nazismo adottò il sistema dei campi di concentramento fin dal 1933. In Francia i tedeschi presero come scusa l’assassinio di un segretario dell’Ambasciata di Parigi per arrestare 20 mila ebrei e bruciare 267 sinagoghe. Nei tre anni successivi gli ebrei reclusi nei campi furono sterminati con ogni mezzo : gas cianidrico, monossido di carbonio, iniezioni al fenolo , lanciafiamme, bombe a mano . Salvatore Tumminello e Paola Vassallo.”

Auguri a papas Nicola Cuccia: 25 anni di impegno per la comunità contessiota

Sabato pomeriggio nella Chiesa dell'Annunziata papas Nicola Cuccia, oggi parroco dei greco-bizantini di Palazzo Adriano, celebrerà una solenne liturgia di ringraziamento all'Eterno per ricordare i 25 anni dall'ordinazione sacerdotale, avvenuta proprio nella Chiesa Madre di Contessa Entellina con la partecipazione dell'allora Eparca Ercole Lupinacci.
L'avvenimento è molto atteso dai fedeli che gli sono sempre stati vicini in tutti questi anni: fino alla fine dello scorso agosto, quando papas Nicola è stato immotivatamente trasferito a Palazzo Adriano per soddisfare il superficiale  senso di giustizia di Mons. Tamburrino, delegato pontificio.
Come si ricorderà il prelato benedettino dopo aver adottato, con colpevole ritardo diciamo noi, gli opportuni provvedimenti intesi a porre fine all'anticristiana "teologia delle porte chiuse" trasferendo da Contessa l'artefice, Don Mario Bellanca, colui che aveva ritenuto di trattenere fuori dalla Chiesa della Favara i fedeli bizantini che, come da quattro secoli, si accingevano a cantare nella prima quindicina di agosto 2009 la Paraklisis alla Vergine Maria, ha ritenuto di completare l'opera trasferendo anche colui che di quella pestifera teologia ne è stato la prima vittima, papas Nicola, rimasto a pregare per l'intera quindicina con i fedeli fuori dal portone evangelicamente sbarrato dal caritatevole padrone di casa.
La miope giustizia di Mons. Tamburrino non ha fatto altro che tramutarsi nell'assurdo messaggio, ai fedeli, secondo cui "Non posso scontentare solo i fedelissimi di Mario Bellanca, devo lasciare intendere che Madre Chiesa, da me rappresentata, non fa discriminazioni fra greci e latini". Per il prelato, in buona sostanza, la ragion di Chiesa-istituzione deve superare il Senso di Giustizia.
Cosa dirà questo prelato il giorno in cui, il più lontano possibile, dovrà presentarsi dietro l'uscio di San Pietro ? Dirà forse che in Seminario, o meglio nella Curia Romana, gli hanno insegnato che la Giustizia viene dopo la Ragione di Potere ?
Più volte a Mons. Tamburrino sono state chieste, da singoli cittadini, le motivazioni della punizione inflitta a papas Nicola e la risposta è sempre stata che la Chiesa non è una democrazia dove le Autorità sono tenute a dare spiegazioni ai fedeli (meglio dire, ai sudditi). Oltre a precisare, per la verità, che non esiste un provvedimento disciplinare.
Comunque debba concludersi questa vicenda (che ancora oggi vede il Bellanca -da libero cittadino, come è suo diritto, retribuito con i soldi dell'8 per mille- fra noi, senza che abbia mai raggiunto la Chiesa di San Vito, a Piana), oggi sentiamo di unirci alla stragrande maggioranza dei contessioti per ringraziare papa Nicola per quanto egli ha operato in 25 anni di impegno cristiano, religioso, sociale, culturale, umano fra noi. Gli rivolgiamo i più affettuosi auguri perchè ulteriormente e per lunghi anni ancora possa diffondere il messaggio secondo cui Cristo opera ed è presente nei travagli di ogni giorno, fra noi, in questo mondo in cui vengono sempre meno i riferimenti di Giustizia e Solidarietà.
Papas Nicola e noi tutti che gli vogliamo bene sappiamo, comunque, che la Verità alla fine sarà sempre la vincitrice.

Fermiamoci prima che sia troppo tardi

L’economia del sistema Italia è paralizzata, per colpa dei problemi di uno solo, di Berlusconi.
La stampa internazionale, i vescovi, la Confindustria ci inseriscono, in quanto sistema Italia, da qualche settimana in qua nell’elenco dei paesi a rischio di collasso per l’entità del debito pubblico (dopo Portogallo, Irlanda, Spagna …).
Eppure, se vogliamo comprendere quanto sta accadendo in Italia - nel pieno di una crisi morale, politica ed economica senza precedenti - occorre per un momento cambiare il punto di osservazione.
In Belgio domenica scorsa s'è svolta un'imponente manifestazione spontanea contro i politici per protestare contro un vuoto di governo che dura ormai da sette mesi.
In Irlanda il partito di maggioranza s'è sciolto come neve al sole nel giro di una settimana e quel paese si ritrova in ginocchio a causa delle scelte scellerate del sistema bancario. Anche lì c'è un problema morale che non coincide con la questione delle escort, ma sulla concezione della libertà come diritto di agire a proprio piacimento in contrasto con la consigliera di sempre che è la coscienza di ciascuno.
I banchieri che tradiscono la società civile ed i politici che si comportano pubblicamente come accadeva nel Basso Impero romano mostrano di avere una concezione "moderna", ma non per questo significa che si muovano nella giustizia, nella libertà e, soprattutto, in aderenza col bene comune.
«Il mondo degli adulti, secondo le diverse responsabilità - sostiene il presidente della Cei, cardinale Bagnasco - è in debito nei confronti delle nuove generazioni, in debito di futuro. I giovani - prosegue - non vogliono certo essere accarezzati come degli eterni adolescenti, desiderano essere considerati responsabili e quindi trattati con serietà, ma chiedono di non sentirsi soli, gettati nella vita e privi di possibilità».
La disoccupazione giovanile e la desertificazione morale sono temi che esigono un impegno corale e massiccio. Le "guerre civili", i veleni per abbattere l'avversario politico lasciano nel Paese ferite difficilmente rimarginabili.
Escort di Berluscono, case di Montecarlo per i cognati, appalti del servizio sanitario per i mariti, contributi comunitari alle moglie dei governatori di regione, monopoli editoriali su quella che dovrebbe essere la libera stampa, ….. . E' questa la modernità ?
E allora quei politici che si professano alleati della Chiesa e gli altri (di destra e di sinistra) che in questi giorni l'hanno assunta a paladino di moralità potrebbero prendere sul serio l'invito del cardinale Bagnasco: «E' necessario fermarsi - tutti - in tempo, fare chiarezza in modo sollecito e pacato, e nelle sedi appropriate, dando ascolto alla voce del paese che chiede di essere accompagnato con lungimiranza ed efficacia senza avventurismi, a cominciare dal fronte dell'etica della vita, della famiglia, della solidarietà e del lavoro».

mercoledì 26 gennaio 2011

Mezzojuso. Spigolature dall’Archivio della Parrocchia di S. Nicolò: Papàs Lorenzo Perniciaro

a cura di Nino e Nicola Perniciaro
Nell’Archivio della Parrocchia di rito bizantino di S. Nicolò di Mira di Mezzojuso si trovano conservate le carte dattiloscritte della Cronologia degli Arcipreti di questa Venerabile Maggiore Chiesa Madre San Nicolò di Mira, frutto del lavoro certosino e dell’opera meritoria che don Lorenzo Perniciaro nei lunghi anni della sua arcipretura ha dedicato allo studio dei registri parrocchiali da lui custoditi, dove i papas, che si sono succeduti nel tempo, annotavano tutte le celebrazioni di battesimi, matrimoni e morti dei loro propri parrocchiani.
Pur se in parte lacunosi, questi registri, che vanno dalla fine del XVI secolo ad oggi ricoprendo quasi completamente lo sviluppo cronologico della vita del nostro paese, sono in grado di fornire dati di gran lunga più completi e più abbondanti di quelli che si possono ricavare dagli atti dello Stato civile esistenti nel nostro Comune che, avendo avuto inizio solo nel corso dei primi decenni dell’800, dopo che le riforme napoleoniche avevano dimostrato l’importanza di questo genere di annotazioni, coprono solo l’età più recente della nostra storia.
Fermamente convinti che la conoscenza degli eventi del passato e di quello che hanno fatto gli uomini che ci hanno preceduto serva a renderci più forti ed a meglio prepararci ad affrontare i problemi della vita, da tempo si cercava di realizzare il proposito di diffondere e far conoscere al maggior numero di persone, in un modo quanto più comodo ed accessibile, quello che hanno rappresentato e fatto le personalità più ragguardevoli che si sono distinte nella storia della nostra cittadina.
E’ parso perciò opportuno cogliere l’occasione fornita dalla disponibilità della Redazione di Eco della Brigna per dare inizio al suaccennato proposito con la creazione di una rubrica alla quale ora si dà inizio, cominciando con la pubblicazione delle notizie raccolte dall’arciprete Perniciaro, relative alla biografia degli Arcipreti di rito bizantino che si sono succeduti del nostro paese.
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Cronologia degli Arcipreti di questa Venerabile Maggiore Chiesa Madre San Nicolò di Mira in Mezzojuso, compilata per cura del reverendissimo papàs Lorenzo Perniciaro protopapàs di questa colonia albanese,
sulla scorta dei registri e dei documenti esistenti in quest’archivio parrocchiale.
Mezzojuso settembre 1936 - XIV.

INTRODUZIONE
Una prima cronologia dei papàs di questa Colonia, i quali hanno ricoperta la carica di Arciprete di questa maggiore Chiesa di San Nicolò di Mira, la troviamo nel volume secondo dei “Documenti grecanici manoscritti”, trascritti dal signor Carmelo Figlia Spata fu Leonardo da Mezzojuso.
In detto manoscritto, che si trova in questo Archivio parrocchiale segnato col n. 14, a pag. 178 leggiamo difatti che il rev. papàs Salvatore Franco, Vicario Foraneo e Protodiacono di questa terra albanese di Mezzojuso, dopo aver letto diligentemente (!) i registri ove sono annotati i nomi dei fanciulli battezzati in questa Maggiore Chiesa S. Nicolò, trascrisse in ordine cronologico i nomi dei papàs Arcipreti della Colonia.
La cronologia del Vicario Franco però, oltre ad essere incompleta, è imperfetta perché egli si limitò solamente a trascrivere una data qualsiasi degli anni di arcipretura ed i soli nomi e cognomi degli Arcipreti risultanti dai registri dei battezzati.
Ho creduto perciò cosa opportuna anzi necessaria, perché oggi gli atti ancorasi leggono abbastanza bene, rifare la detta Cronologia e renderla completa, per quanto possibile, aggiungendo anche qualche notizia ricavata dai manoscritti esistenti in archivio, e formare in tal modo un piccola biografia di ciascun Arciprete.
Il più antico dei registri che tuttora si conserva nell’Archivio parrocchiale, e che purtroppo si trova mancante di parecchi fogli, è quello ove sono annotati i battezzati dal 3 giugno XI indizione 1598 al’11 aprile 1612. Ho
detto purtroppo mancante di parecchi fogli. Difatti, da un manoscritto tramandatoci dall’arciprete Lorenzo
Cavadi, leggiamo così: “come rileverà da un libro antichissimo di battesimo avente la data del 1589 sino al
1609…”, sappiamo che detto registro principiava dal 1589 e non dal 1598. Gli atti sono vi scritti in lingua italiana o in dialetto siciliano ad eccezione di alcuni, nel primo foglio, scritti il lingua greca. In esso registro leggiamo i nomi di tre soli papàs:
1.“3 giugno XI indizione 1598. Io prete Paulo Papadà hebdomadario di questa maggiore ecclesia
di Santo Nicolao di questa terra di Mezojuso, ho battizzato et cresimato una fanciulla nata di primo…
da Augostino et Helena Macaluso jugali, cui fu posto nome Maria, li patrini furo hercoli belloxi et Gioannella moglie…
2. “21 giugno 1598. Io Previti Andrea Lascari capelano de la majuri ecclesia di questa terra di MenzoJuso [ho battezzato et cresimato1] lu figlio di Andrea Franco et Maria Franco jugali [gli fu posto] nome mariano et li [patrini foro] Andrea princivali di la cità di Corleone et la cumari fui…………. di rinaldo moglieri di 'reditto
di rinaldo”.
3. “A di 8 settembre 1602. Io don Marco Lascari “ho batizato e crizzimato allo figlio di marco barbatto [cui
fu posto] nome mercurio et li patrini foro paulo barchia et la moglieri di vicenzo curdari”.
Nel su riferito Registro dei battesimi nessuno dei tre papàs si dà il titolo di Arciprete. Il Vicario foraneo Salvatore Franco (luogo citato a pag. 178) dice che nel Registro ove sono annotati i battesimi e precisamente nell’atto del 12 marzo 1611 il primo dei papàs che si dà il titolo di Arciprete è don Andrea Lascari.
L’atto di battesimo (foglio n. 45) invece è del presente tenore: “A 12 marzo 1611. Io don Andrea Lascari ho battezzato lu figlio di Giuseppe et Dominica Cosanni poverelli [manca il nome del battezzando] li patrini forono mastro rocco di amato ferraro di Caccamo et la mogleri di polito …”
Purtroppo manca poi il Registro dei battezzati dal 1612 al … e così non si può dare un giudizio esatto sul riguardo.
Che il Lascari però abbia ricoperto con certezza tale carica, lo dimostra il decreto del 1616, emanato da S. E. il cardinale Giannettino Doria, Arcivescovo di Palermo, col quale un certo don Pietro Borgia, da Piana dei Greci, in seguito alla morte dell’arciprete e Vicario foraneo don Andrea Lascari, viene nominato Arciprete di questa Colonia.
Un’altra fonte, che ci può indicare il nome di un altro dei primi papàs della Colonia sono i decreti di Sacra Visita, che mons. Cesare Marullo, Arcivescovo di Palermo, tenne in questa terra di Mezzojuso a
’ 15 luglio XII indizione 1584 e 13 ottobre II indizione 1588.
In essi decreti leggiamo che oltre dei papàs don Andrea Lascari e don Paolo Papadà vi era allora anche papàs don Salvatore de Alessi “et primo Ill.s Dominus visitavit Ecclesiam Maiorem S. Nicolai Graecorum, in qua resident tres Sacerdotes graeci orientali conjugati, vivunt ex primitiis et oblationibus dicti populi graecorum, quorum primitiae ascendunt ad summan unciarum viginti trium annui redditus… Sacerdotum nomina sunt haec, videlicet: Pater Andrea Lascaris, Pater Paulus Papadàs et Pater Salvator de Alexi. Etc.”
In detti due decreti non risulta chi dei tre sacerdoti allora copriva la carica di Arciprete. Intanto il papàs de Alexi non si trova fra i sacerdoti che amministrano i battesimi in questa Madre Chiesa dal 1598 al 1618 (Registro citato).
Ciò può far credere che il de Alexi sia stato uno dei primi papàs Arcipreti della Colonia?
Questa supposizione però è da escludersi perché nel su riferito di Sacra Visita del 1585 leggiamo che Salvator de Alexi ordinatus fuit in recente a quodam Episcopo graeco…”. “In recente” perciò è il più giovane
dei tre papàs e, come tale, è da credersicredersi che non sia stato Arciprete prima del Lascari. Questi poi viene nominato sempre prima degli altri due papàs.
Precedenza onoris causa? Chi rivestiva perciò la carica di Arciprete prima del Lascari? Sul riguardo si dovrebbero leggere i decreti di Sacra Visita e quelli della nomina che, credo, esistano ancora presso la reverendissima Curia arcivescovile di Palermo. Lavoro questo però non poco laborioso, che lasciamo ben volentieri ad altri studiosi e appassionati ricercatori di cose antiche.
Concludendo quindi, per mancanza di registri parrocchiali più antichi e di altri documenti, siamo costretti ad iniziare la serie degli Arcipreti di questa Madrice con il rev. don Andrea Lascari, benché gli Albanesi vennero
in terra prima assai della celebre Capitolazione del 3 dicembre V indizione 1501 e cioè verso il 1460. (Cfr.
Arciprete O. Buccola, opuscolo 1909, pagg. 9-19).
Premesse le superiori osservazioni, ecco la Cronologia dei papàs Arcipreti e degli Economi spirituali di questa Madre Chiesa di S. Nicolò di Mira.
1599 Arciprete don Andrea Lascari
1627 Arciprete don Paolo Papadà
1641 Arciprete don Giuseppe Reres
1642 Arciprete don Ignazio Dimarco
1665 Arciprete don Girolamo Cuccia
1681 Arciprete don Silvestro Schirò
1697 Arciprete don Anzelmo Schirò
1728 Arciprete don Nicolò Figlia
1770 Econ. Sac. don Melchiorre Masi
1775 Arciprete don Francesco Cuccia
1821 Arciprete don Nicolò Dragotta
1839 Arciprete don Lorenzo Cavadi
1886 Arciprete don Antonio M. Figlia
1904 Arciprete don Onofrio Buccola
1926 Arciprete don Lorenzo Perniciaro
1975 Arciprete don Francesco Masi
(1)  I nostri papàs fino al 1843 subito dopo il santo Battesimo, conferivano anche la Cresima giusta la prescrizione dell’Euchologio (rituale) dei greci. Solo con la bolla “ Etsi pastoralis “ di Benedetto
XIV fu loro proibito di amministrarlo in avvenire riservandolo al solo Vescovo.
Articolo ripreso dal n. 79/2011 della rivista ECO DELLA BRIGNA