Molti cittadini nel seguire le vicende della politica nazionale avvertono un senso di rigetto, nonostante negli anni passati si siano lasciati facilmente incantare dalle promesse dell’attuale premier, personaggio questo che a sentire le dichiarazioni di colui che finora è stato il suo principale alleato, l’on.le Gianfranco Fini, in tutti questi anni di permanenza al governo si è semplicemente “fatto gli affari suoi”; affermazione quella di Fini che per la verità da parecchio tempo è nota a molti, se non a tutti gli italiani.
Vorremmo tentare di delineare i tratti istituzionali del nostro sistema politico odierno, del sistema socio-economico-politico italiano, per capire come esso è catalogabile e a quali valori e principi dovrebbe ispirarsi secondo la Costituzione e a quali regole dovrebbe sottostare nonostante l’odierno livello di instabilità dovuta al deterioramento del quadro politico che persegue a dire dell’on.le Fini “gli affari privati” piuttosto che "il bene comune".
Condurremo l’analisi giovandoci di uno scienziato della politica e della società civile di due secoli fa e che nonostante il tempo trascorso è ancora oggi definibile il padre del sistema organizzativo politico in cui viviamo: il Liberalismo apparentato con la Democrazia, quel connubio tra il valore della libertà e quello dell’eguaglianza. Ci riferiamo a Alexis de Tocqueville, il fondatore, se così si può dire, della Liberaldemocrazia.
Costui è vissuto ed è stato ministro degli esteri di Napoleone III; era un repubblicano formatosi negli anni del dopo Rivoluzione francese e pur essendo personalmente un ateo, un non credente, sostenne l’opportunità, anzi la necessità di valorizzare la religione in quanto deposito di valori cristiani indispensabili per rafforzare l’individualismo liberale e fargli agganciare la possibilità di una società solidale. Oggi Tocqueville sarebbe definibile un “ateo devoto”, personaggi alla Giuliano Ferrara e alla Marcello Pera, tanto cari, nessuno si stupisca, al Cardinale Ruini.
Cosa teorizzano, ancora oggi, gli “atei devoti” ?
Identificano i tre valori della Rivoluzione Francese (liberté, égalité, fraternità) con una liberaldemocrazia cristiana, garantita da una Chiesa nettamente distinta dallo Stato, priva di poteri temporali e libera di propagare la propria dottrina e la propria concezione morale.
Ma torniamo al nostro Tocqueville, i cui riferimenti intellettuali affondano nell’Illuminismo ed in particolare su Pascal, Montesquieu e Rosseau, personaggi assolutamente differenti fra loro e che tuttavia gli facevano profeticamente temere circostanze che noi oggi vediamo col massimo della nitidezza negli avvenimenti che caratterizzaano l'odierno “Potere”:
1) La Chiesa Cattolica non mostra di voler rinunciare al potere temporale e su più temi, per non dire su ogni tema, tiene prigioniere le scelte politiche del nostro paese con inframettenze ordinarie. Offre amicizia a politici che, indipendentemente dai loro comportamenti nella vita privata, baciano gli anelli dei "prelati" e organizzano Family-Day a cui non credono.
2) Le forze economiche (Confindustria, banche, borse) usano il Liberalismo per ottenere privilegi e disparità sociali insopportabili per la sensibilità della gran parte della popolazione. Questo tipo di pressione, di tirare la giacca di un legislatore privo di orientamenti nitidi, è addirittura esercitato dalle organizzazioni malavitose, se è vero che in questi giorni si parla di trattativa Stato-Mafia.
3) La spinta verso l’eguaglianza, dopo la palese crisi del sindacalismo e della concezione socialdemocratica della società, conduce verso l’omologazione delle istituzioni e cancella le indispensabili differenze fra le istituzioni intermedie: i “poteri forti” in pratica riescono nel tentativo (feudale) di rompere l’equilibrio fra il legislativo, l’esecutivo ed il giudiziario, quell'equilibrio che come sappiamo bene è il preliminare dello “stato di diritto”.
Fedele agli ideali di “laicità” e di democrazia, Tocqueville, da ministro degli esteri del governo francese, tentò di convincere Pio IX a concedere l’aministia ai sostenitori del fallito tentativo di instaurazione della Repubblica Romana e, soprattutto, di modernizzare lo Stato Pontificio introducendo istituzioni liberali e rappresentative in quello che continuava ad essere l’ultimo stato assolutista d’Europa; sostanzialmente proponeva di separare la gestione dello Stato dalle “prelature”. Il Papa, come ancora oggi ci ripetono certi “prelati”, non era aperto nei confronti del liberalismo, né lo Stato della Chiesa era una democrazia, e Tocqueville per non nuocere al suo paese, alla conclusione dei tentativi, preferì di dimettersi da ministro degli esteri.
Il suo pensiero era assertore di una società repubblicana, democratica e liberale dove non solo tutti i cittadini siano eguali di fronte alla legge e nessuno possa arrogarsi il diritto di pretendere leggi ad personam (come nel 2010 personaggi ridicoli sfacciatamente esigono) ma possa realizzare i propri talenti e difendere i propri interessi senza la necessità di “raccomandazioni” e/o di “favori” e dove la Chiesa possa contribuire a fortificare la coscienza morale, affermare il messaggio della Fede e propagare i principi religiosi senza volere interferire nella politica e nella legislazione, che come è evidente a tutti non riguarda solamente i credenti cattolici ma anche i diversamente credenti ed i non credenti.
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