di Nicola Graffagnini
L’Italia multiculturale
L’Italia multiculturale
Il termine multiculturale è il termine comunemente usato per dare l’immagine dell’odierna società nella quale convivono etnie, lingue, culture fra loro diversissime.
Per dare una idea della nostra attuale società multiculturale richiamerò alcuni dati relativi alla situazione italiana (ricavati anche dal Dossier Statistico immigrazione Caritas Migrantes ).
Gli immigrati sono oggi in Italia oltre 4 milioni e 400 mila unità ( 7,2 ogni 100 abitanti, 6,2 è la media europea) più o meno equamente distribuiti tra i due sessi e con una diffusione territoriale così all’incirca distribuito per macro regioni:
Regioni del Nord: 62,00%, Regioni del Centro: 25 %, Regioni del Meridione: 13 %.
La maggiore presenza di nazionalità:
nell’ordine: Romeni, Albanesi, Marocchini, Cinesi, Ucraini, Filippini e ancora un centinaio di altre meno numerose comunità.
In quali settori lavorano ?
Circa 2 milioni di lavoratori sono occupati nell’industria (35 %), nell’agricoltura (il 7 %) e soprattutto nei servizi (54 %), come sapevamo un po’ tutti.
Ma vi è un dato nuovo emerso da poco, almeno 180 mila risultano tra i titolari di impresa e versano allo Stato italiano un gettito fiscale di circa 5,5 miliardi di € (il 9,4 % del PIL nazionale) e non solo, inviano ai loro paesi d’origine, come già facevano i nostri emigrati in Germania e in Belgio, ben 6 miliardi di rimesse utili a sfamare milioni e milioni di famiglie d’origine nel terzo mondo.
Di questi lavoratori quasi un milione sono iscritti al sindacato ( 12 % dei lavoratori attivi, escludendo in tale categoria i pensionati iscritti).
Quali sono le caratteristiche che ci aiutano ancora a leggere il fenomeno, del quale si parla a volta per partito preso e senza conoscere perfettamente i dati in continua evoluzione.
E partiamo dal bene rifugio per eccellenza che è la casa, almeno 1 immigrato su 10 ne è proprietario, e il dato tende ad evolversi in positivo dimostrando che vi è una tendenza al radicamento per il solo fatto dei figli nati in Italia e presenti nelle nostre scuole, a volte nelle scuole di montagna, la loro presenza si è dimostrata essenziale per il mantenimento dei servizi, quali l’asilo, la scuola materna e l’elementare, fino alle medie, ma non solo, per non andare lontano, a Palermo nel centro Storico occorre mettere mano a nuovi strumenti urbanistici che davano per spopolati quartieri del tipo l’Albegheria che invece risultano abitati prevalentemente da extracomunitari.
Il dato è conseguente alla crescente ricomposizione delle famiglie ( a partire dalle storiche badanti filippine che pian piano hanno cercato di ricomporle, col richiamo graduale dei mariti e dei figli maschi, a Palermo alcune strade ormai hanno i cartelli nella lingua delle comunità che vi abitano).
Un’altra novità in continua evoluzione appare il fenomeno dei matrimoni misti con un partner italiano, il dato del 2008 si attesta quasi a 24.000 matrimoni.
Di contro l’Italia presenta un basso tasso di natalità e un aumento medio della popolazione, con crescita graduale di servizi e cura alla persona al domicilio, il dato è confermato dal triennio 2005/2007 in cui sono state avanzate ben 500 mila istanze di assunzione presentate da famiglie ed aziende.
Dove studiano ?
I figli dei lavoratori immigrati frequentano le nostre scuole, dicevo più sopra, contribuendo a volte a salvaguardare l’organico delle scuole di montagna dei Comuni minori.
In totale la popolazione scolastica si attesta intorno ad una cifra di 630 mila alunni, circa il 7% del totale, di questi alunni almeno 4 su 10 risultano nati in Italia, per questo negli ultimi tempi la polemica sulla cittadinanza si è andata ad acutizzare in presenza di cittadini/non cittadini, che sono presenti a scuola ad esempio ma non hanno la cittadinanza ancora riconosciuta, il dato del 2008 parla di 53 mila cittadinanze riconosciute ma l’iter risulta ancora complicato.
Degli alunni richiamati più in alto almeno 5000 studenti si laureano ogni anno e 2 mila frequentano un dottorato di ricerca.
Che cosa leggono ?
Si pubblicano in lingua italiana almeno 150 testate (60 giornali cartacei, 60 trasmissioni radiofoniche, 30 trasmissioni televisive).
Le lingue parlate da comunità più o meno ampie sono ben 150 e si può immaginare l’impatto di diversità ma anche di difficoltà di mediazione linguistica che si scarica sull’istituzione scuola in Italia che attraversa problemi di decurtazione di organico proprio nel settore dei profili di sostegno alla diversità e addirittura all’handicap.
Diverse letture del fenomeno immigrazione.
La società multietnica o multiculturale in Italia ma anche nelle altre Nazioni dell’Europa “matura” non è affatto un fenomeno transitorio o da relegare nei campi per lavoratori riservati come negli anni ’50, il fenomeno ormai è entrato nelle strutture più intime delle nostre società e per prima la Chiesa e la Scuola, ambedue per le loro funzioni di sentinelle nei deserti delle periferie anomiche delle grandi città ma anche dei piccoli nostri paesi di montagna spopolati da una emigrazione di giovani, non sembra esser letto sui libri giusti dalla politica, almeno da tutto l’arco costituzionale della politica, se pensiamo che una delle polemiche aspre che ha separato il Presidente Fini dai suoi alleati, Lega in testa, è stato il cosidetto “ Jus loci “ e cioè il diritto di “cittadinanza per nascita”,così come è riconosciuto dalle più mature democrazie che hanno convissuto con l’immigrazione prima di noi.
Come si vede non è un problema di poco conto che interviene nel mercato del lavoro, producendo nel frattempo, una interminabile serie di lavoratori fantasma, di serie A, serie B ecc. a seconda della paga oraria che riescono a mettere insieme in proporzione al loro grado di regolarizzazione, muovendosi per gruppi e per stagioni.
Il dovere della cultura e non parlo di certo dei salotti televisivi, è quello di ribadire i fondamentali della cultura, e cioè che le culture come le lingue sono innumerevoli e tutte, in quanto parlano del mondo in cui viviamo, hanno pari dignità perché consentono agli individui e ai gruppi di sopravvivere.
E se per un attimo volgiamo lo sguardo alle brutture della seconda guerra mondiale, ci accorgiamo che in periodo di crisi e di guerra, le prime tempeste si scaricano sui diversi da noi, cioè sulle minoranze etniche e linguistiche, è ciò che è successo nei paesi orientali, per le minoranze degli zingari appartenenti alla etnia rom che dai tedeschi furono prima segregati e poi uccisi nei campi con l’altra etnia, quella dei giudei o degli ebrei, per cui verso il crepuscolo dell’Impero, il Nazismo progettò “la soluzione definitiva”, la più grande offesa all’uomo nella storia dell’umanità.
Mi ricordo che al ritorno da un viaggio di studi a Bruxelles, ove mio figlio grande, studente del Liceo, partecipò al Progetto: “Parlamentari per un giorno”, la prima cosa che mi diede furono le fotografie scattate nei campi di concentramento ove vennero portati il primo giorno, che rimasero per lungo tempo oggetto dei dialoghi sui fatti storici della seconda guerra.
Per l’esame della questione dobbiamo dire che le due istituzioni di frontiera e cioè la Chiesa e la Scuola, bene o male hanno cercato di leggere lo strumento ed adeguare le loro modalità e i profili di intervento, legati alla consapevolezza culturale della conoscenza dell’altro mediante lo studio e i grandi momenti di festa e di convivenza sociale ( al proposito non potrò mai dimenticare “Il Natale dei popoli “ che organizzammo nella mia Scuola per accogliere alcune bambine adottate dalla Romania, una di queste era stata iscritta nella mia classe in ragione della statura ma non capiva nulla di italiano, ma alla fine dell’anno il miracolo era avvenuto grazie all’apprendimento orizzontale tra compagni e alla grande solidarietà raggiunta nel mini-gruppo di sostegno, così avvenne recentemente anche per una alunna tunisina e in età scolare, infatti la solidarietà del gruppo può fare miracoli inimmaginabili per noi adulti .. ), in queste occasioni, la scuola e la parrocchia diventano degli anelli sensibili che possono contenere ed espandere modelli di solidarietà, di tolleranza, di rispetto dell’altro, del fratello, del forestiero che poi la nostra religiosità del Natale accoglie e fa proprie con numerose testimonianze e rappresentazioni tradizionali ( “ero forestiero e mi avete accolto “: Matteo25).
Alla luce di queste considerazioni leggo con ottimismo e partecipazione la pastorale dell’accoglienza testimoniata dal Cardinale di Milano Tettamanzi che ha deciso di trascorre il Natale con la comunità di zingari di un quartiere, il Triboniano, che il Comune deve bonificare per l’Expo 2015. Dionigi Tettamanzi, a quattrocento anni dalla sua canonizzazione afferma a tutte lettere e ad alta voce, nel suo libro sul santo che “Carlo Borromeo è quanto mai attuale oggi, nella presente società multietnica e multiculturale”.
Infatti San Carlo credeva fermamente nella forza rinnovatrice della fede e del Vangelo “testimoniato”, nel potere risanatore delle buone leggi e della disciplina, nel fascino attraente dell’esempio virtuoso e con questi strumenti riuscì nell’impresa eroica di generare un “ popolo nuovo”.
“Tutti”, ha ricordato il Papa, “fanno parte di una sola famiglia, migranti e popolazioni locali che li accolgono, e tutti hanno lo stesso diritto a usufruire dei beni della terra".
Nicola Graffagnini
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