lunedì 23 agosto 2010

Ma noi siamo cattolici di rito bizantino

Il blog scrive, scrive … ma non otterrà alcun risultato, ci scrive, dedicandoci molta attenzione e premura, padre Giovanni Capparelli.
Il problema è di chiarire cosa si intende per risultati.
Scrivendo ci proponiamo di perseguire una linea tesa alla riflessione, all'attenzione su certi fatti e all'approfondimento, per meglio comprendere tutto ciò ci sta attorno, attorno all’ambiente in cui viviamo.
Perché no ? proviamo a porre limiti alle ingiustizie più eclatanti.
Fra i nostri obiettivi non c’è, e riteniamo non debba mai esserci, quello di mettere in dubbio la secolare fede cattolica degli antenati, quella da sempre professata in questi ultimi cinquecento anni dalle comunità arbërëshe.
Stiamo seguendo con impegno e vorremo dire con dedizione quanto accade a Contessa Entellina ai danni dei fedeli “cattolici” di rito greco e quanto viene fatto dalle Gerarchie ai danni della sua guida spirituale, Papas Nicola Cuccia. Il tutto accade all’interno della Chiesa Cattolica, dove oggi, domani e sempre ci saranno i padre Mario Bellanca di turno che per carenza culturale si affideranno ora all’avvocato, domani al filosofo e dopodomani ancora allo stregone, per rivendicare spazi di presunto potere nei “comitati” delle feste, motivi di orgoglio da spandere fra i cortigiani che li invitano a pranzo e a cena. Niente di nuovo sotto il sole, viene da dire. Tutto ciò non ha nulla a che spartire con la Fede, con il Mistero che ci è stato insegnato.
Detto quanto sopra, non significa che tutto ciò che accade nel recinto del cattolicesimo ci lascia indifferenti. Proprio perché non abbiamo dubbi sulla Fede ci permettiamo di scrivere sulla sporcizia che ci sta attorno (a cominciare dalla nostra coscienza, ovviamente), sulle ingiustizie che vengono perseguite dall’ottusità delle Gerarchie, sull’ignoranza manipolata ai fini della vanità da voltastomaco.
La Fede unisce noi cattolici (compresi noi di rito bizantino), le “vergogne che ci stanno attorno ci inducono invece a gridare ed a “scrivere” nella convinzione che attirando l’attenzione di chi di dovere qualcosa possa correggersi. Questo è il nostro antidoto al male (o, per meglio dire, a ciò che erroneamente dovessimo giudicare “male”), altri usano altri farmaci come la preghiera, il digiuno ed il sacrificio. Ad ognuno il proprio talento !
Certo non siamo degli illusi e sappiamo bene che la “casta” gerarchica della Chiesa Romana vive in un mondo dove conta il potere, l’otto per mille, l’immobiliare Propaganda Fidei e così via. Ma tutto ciò non ha nulla a che spartire con la Fede che ci sostiene.
Con la convinzione di avere distinto e spiegato le ragioni di Fede dalle ragioni che ci inducono a scrivere e a contestare le decisioni della “Gerarchia”, precisiamo che passare da una confessione all’altra equivale a cambiare partito, casacca. Come dire ieri ero craxiano, oggi sono berlusconiano, domani sarò bossiano e dopodomani vendoliano. E’ come seguire la direzione del vento, come immergersi nel mondo del ridicolo; tutto il contrario della perpetuità della Fede.
Caro Padre Carapelli,
noi le portiamo stima, ma non è nostra intenzione iscriverci ad un nuovo partito. Siamo delusi da tutti i ‘partiti’ in quest’epoca di individualismo esasperato.
Scriviamo delle sporcizie che ci capitano lungo il cammino della Chiesa in cui ci troviamo e senza alcuna riverenza –che sarebbe immeritata- diciamo e denunciamo gli errori e gli abusi dei Mons. Tamburrino di turno. Gente che -priva di sensibilità- giudica allo stesso modo chi intende conservare il rito cattolico-bizantino secolare e pertanto non ha esitazione a pregare dietro un portone che gli viene chiuso in faccia e chi, infischiandosi del Vangelo, della fraternità, della comunione con i confratelli, non ha esitazione a buttare fuori dalla Chiesa chi vuole cantare la Paraklisis.
Non abbiamo pertanto esitazione a gridare l’ingiustizia commessa dall’Eparca, un certo Monsignore latino, essendo da lunghissimo tempo dormiente l’Eparca titolare.
Riteniamo noi che se Mons. Tamburrino ha un attimo, un solo attimo, di riflessione potrà rimediare all’ingiustizia, se invece è assillato dall’idea che da Arcivescovo deve conseguire la berretta di Cardinale e poi da Cardinale deve occupare la sedia di Prefetto di una Congregazione (magari di quella per le Chiese Orientali per imbrigliare i Papas -come Nicola Cuccia- che sono pure sposati) e così via, è chiaro che non gli frega nulla di mettere sullo stesso piano il giusto e l’ingiusto. Questi sono parametri che riguardano i credenti non i Gerarchi. Per la Gerarchia, lo sappiamo bene, benissimo, queste distinzioni, giusto-ingiusto, sono sottigliezze che non meritano attenzione.
Avrai capito bene, caro Padre Capparelli
che le cose su cui siamo impegnati non riguardano la saldezza della Fede. Per noi i padre Mario Bellanca, passeranno come passeranno i Monsignori Tamburrino, mentre la liturgia di San Giovanni Crisostomo, con tutto ciò che prefigura, resterà la stessa anche per i secoli a venire, al contrario della messa latina che cambia ad ogni stormire di papa.
IlContessioto

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