mercoledì 30 giugno 2010

In cosa consiste la figura del Delegato Pontificio ? Cosa non va a Piana degli Albanesi ?

Per rendere facile, in soldoni, il significato di questa figura, della figura del Delegato Pontificio, possiamo partire da quanto ebbe a dire Mons. Francesco Pio Tamburrino il giorno dell’8 settembre ultimo scorso, durante l’omelia nella Chiesa Maria SS. Della Favara. Allora Egli rivestiva il ruolo di ‘visitatore apostolico’. Egli spiegò che la sua presenza poteva essere vista come la figura di un poliziotto, che tuttavia non recava armi, la pistola, con sé ma la buona parola e lo spirito di comprensione. In pratica spiegò che aveva ricevuto l’incarico, la missione, di fare un quadro sullo stato di salute dell’Eparchia e di riferirne alla Santa Sede.
Mons. Tamburrino ha, conseguentemente, presentato il quadro della situazione in cui versa l’Eparchia ed ha, per questo scopo, redatta una Relazione con tutti gli elementi raccolti. Evidentemente alla Congregazione per le Chiese Orientali non devono essere rimasti soddisfatti del quadro che è venuto fuori. Ed in effetti non è difficile accorgerci, anche noi laici, che l’Eparchia non sta bene.
I pessimisti addirittura arrivano ad affermare che l’Eparchia non esiste più da un pezzo.
Quale che possa essere stata la diagnosi emersa dalla Relazione del “visitatore apostolico” una cosa è certa, al di là delle impressioni e delle sensazioni dei fedeli-osservatori (non esiste purtroppo altro ruolo nella Chiesa per il singolo laico che quello dell’osservatore), in Vaticano quella rappresentazione ha allarmato chi di dovere.
La visitazione apostolica, promossa dal Vaticano nei mesi scorsi, ha accertato qualcosa che a noi non è dato conoscere, ma che possiamo intuire almeno per le due questioni, quelle più visibili e più eclatanti, che sono  platealmente manifeste a chiunque abbia occhi per vedere.
-Da un paio di anni l’Eparchia non è in condizione di nominare un parroco nella Chiesa di rito bizantino di Mezzojuso. Stando all’evidenza, non perché manchino i sacerdoti, ma per uno stato di disordine “economico-patrimoniale” che pare esista in quella realtà.
-Da un anno l’Eparchia è ammutolita, è assente sull’incresciosa situazione venutasi a creare a Contessa Entellina, dove un sacerdote raccogliticcio -da non si sa dove- è stato nominato tamburo battente prete e quindi parroco di rito latino da Mons. Sotir Ferrara e adesso costui –con speciale spirito evangelico- chiude il portone della sua chiesa parrocchiale alle processioni e alle preghiere secolari che i fedeli bizantini in alcune circostanze dell’anno sono soliti fare nella Chiesa della Madonna della Favara. Il massimo del comportamento scorretto lo si è avuto nella prima quindicina di agosto 2009 quando la Paraklisis alla Madre di Dio è stata celebrata all’esterno della chiesa perché il “padrone di casa”, il prete “autonomo”, non ha inteso aprire il portone.
Non c’è dubbio che sia a Mezzojuso che a Contessa Entellina i protagonisti che sono riusciti a mettere in crisi, a confinare nell’inerzia più assoluta, il ‘troppo mite’ Eparca avranno pure delle ragioni. Ma una cosa è certa; a Mezzojuso non è data cogliere, fra i fedeli, l’autorevolezza dell’Eparchia e a Contessa Entellina un prete, un semplice prete, senza attendere che un giudice, un’Autorità, un Tribunale riconoscesse la fondatezza delle sue ragioni ha deciso di farsi giustizia da solo chiudendo il portone in faccia ai fedeli di rito bizantino che si proponevano di pregare, per mezz’ora al giorno e per tutta la prima quindicina di agosto.
Sta tutta qui la nostra avversione ai comportamenti di Don Mario Bellanca; nell'avere Egli fatto valere le eventuali sue ragioni da sè, prescindendo da un verdetto, una sentenza, una decisione emessa dalle competenti Autorità, proprio come in Sicilia sono soliti fare i componenti di una certa onorata associazione.

Adesso, ad un anno dalla nomina del “visitatore” è arrivata dal Vaticano la nomina di un Super-Commissario (Delegato Pontificio) che avrà tutte le competenze per affrontare in via definitiva lo stato di inerzia in cui sembra morire l’Eparchia.
Il Delegato Pontificio ha le competenze per risolvere i mali che stanno all’origine del malessere eparchiale; Egli conosce infatti da lungo tempo la natura e le condizione dei cattolici-bizantini d’Italia avendo avuto più di un incarico, nel tempo, in ciascuna delle tre realtà ecclesiali di Piana degli Albanesi, Lungro e Grottaferrata. La scelta operata dalla Santa Sede su Mons. Francesco Pio Tamburrino indica l’intenzione del Vaticano di analizzare a fondo non solo la vita spirituale e gli aspetti canonici dell’Eparchia, ma anche gli aspetti materiali (dai bilanci alle questioni economico-patrimoniali) e quelli umano-formativi di certo clero che del Vangelo ha concezioni personali.
L’obiettivo di fondo, della nomina del Delegato Pontificio, resta comunque quello di aiutare l’Eparchia ad uscire dalla sonnolenta empasse che da lungo tempo è colta da chiunque, fedeli ed agnostici.

martedì 29 giugno 2010

Nella giornata di ieri 28 giugno Mons. Francesco Pio Tamburino si è immesso nelle funzioni di Delegato Pontificio nell'Eparchia di Piana degli Albanesi

Pubblichiamo l'informativa dell'Eparca al clero ed ai fedeli
Eparchia di Piana degli Albanesi
Curia Vescovile
P.zza San Nicolò, 1
90037 Piana degli Albanesi
Prot. 6/10

   Al reverendo clero, alle Religiose, ai Religiosi ed ai fedeli dell'Eparchia
   Comunico che S.E. il Nunzio Apostolico in Italia Mons. Giuseppe Bertello il 12 maggio ultimo scorso mi ha comunicato che, su richiesta dell'Em.mo Sig. Cardinale Leonardo Sandri, Prefetto della Congregazione per le Chiese Orientali, con decreto N. 226/93 del 4 maggio 2010 il Santo Padre ha prolungato il mandato dell'Ecc.mo Mons. Francesco Pio Tamburrino, Arcivescovo di Foggia-Bovino, nominandolo Delegato Pontificio dell'Eparchia di Piana degli Albanesi e dotandolo delle facoltà speciali derivanti dal suddetto incarico.
   Nel ringraziare dal profondo del cuore il Santo Padre, abbiamo il dovere, solleciti del bene spirituale e del sereno sviluppo della Comunità eparchiale di Piana, di collaborare sinceramente con il Delegato Pontificio nel delicato compito affidatogli dalla Santa Sede.
   Augurando a ciascuno di voi ogni bene in Cristo Signore vi saluto con grande affetto.
   Piana degli Albanesi. 6 giugno 2010
                               +Sotir Ferrara, vescovo
il cancelliere vescovile
(Papas Eleuterio F. Schiadà)

Maria Bonafede, moderatore della Tavola Valdese: Un punto di vista cristiano sulla "corruzione" diverso da quello del cardinale Sepe

Perché giustifichiamo la corruzione?

I giornali di oggi ci ricordano che secondo i dati della Corte dei conti, la corruzione costa complessivamente al paese 60 miliardi di euro l’anno ovvero mille euro a testa, lattanti compresi.
L’informazione passa veloce e si passa a discutere di altro: se la Padania esista davvero o se non sia solo una fantasia geografica, se Lippi abbia sbagliato la formazione nelle prime partite del mondiale sudafricano, se le Camere debbano fare gli straordinari per votare – oltre che la manovra finanziaria – anche le nuove norme in materia di intercettazioni. Insomma la questione della corruzione sembra essere una tra le altre e non necessariamente la più rilevante sotto il profilo politico e morale, vera “questione nazionale” dalla quale dipende la qualità e la solidità del nostro sistema politico.
La penso diversamente: in Italia la corruzione non è un incidente di percorso ma un “sistema” che attraversa partiti, associazioni, organismi religiosi ed arriva ai singoli individui. Il “sistema” è forte perché genera una cultura che lo legittima e che manda assolti corrotti e corruttori semplicemente perché è normale “arrangiarsi” e “oliare” meccanismi farraginosi e lenti. E così diventa normale corrompere per agevolare una pratica, costruire una mansarda, guadagnare un favore. E ovviamente diventa normale farsi corrompere perché “una mano lava l’altra” e “dove c’è domanda c’è sempre offerta”. Nasce così una catena della corruzione che stringe e soffoca la democrazia, dai livelli più alti a quelli più bassi.
In Italia questa catena è più forte e invadente che in altri paesi: perché? A parere mio perché ciò che in altri paesi è la cultura della responsabilità in Italia diventa cultura della giustificazione. Nessuno è mai responsabile di niente (“non ho colpa, sono stato costretto…”) e tutti sono sempre pronti a invocare una giustificazione. Certa politica giustifica l’evasione perché troppo alta è l’imposizione fiscale; la famiglia giustifica il pargoletto indisciplinato perché troppo stressato, la Chiesa cattolica giustifica il peccatore perché è madre amorevole. Altre culture ed altre tradizioni religiose, quelle che più che alla Chiesa guardano a Dio, hanno una più alta cultura della responsabilità: proprio perché figli di un Dio d’amore portiamo la responsabilità del dono che ci viene fatto. E ne rispondiamo di fronte a lui e di fronte agli altri uomini e alle altre donne. Essere responsabili significa saper pagare, dover risarcire, sapersi tenere alla larga da cricche e comitati d’affari, saper rinunciare a gratifiche e guadagni illeciti. Altra cultura, diversa da quella prevalente tra noi italiani, popolo di giustificati e di giustificanti.
dal blog 'Il Fatto Quotidiano"

lunedì 28 giugno 2010

Delegazioni di sindaci siciliani hanno incontrato, questa mattina, i prefetti per consegnare simbolicamente e in segno di protesta le fasce tricolori. Sergio Parrino però di consegnare la fascia non ci pensa: non la riconquisterebbe mai più

Dall'agenzia AGI riprendiamo e pubblichiamo
AGI) - Palermo, 28 giu. -
L'Anci Sicilia ha organizzato e promosso questa manifestazione per mantenere alta l'attenzione sui problemi (derivanti dal decreto 78 - oggi in discussione al Senato - e dalla delicata vicenda dei precari) "che stanno mettendo in ginocchio molte amministrazioni locali". In particolare, a Palermo, una decina di amministratori, guidati da Giuseppe Siviglia, Vincenzo Di Girolamo e Mario Emanuele Alvano, rispettivamente vice presidente vicario, vice presidente e segretario generale dell'Associazione dei comuni siciliani, sono stati ricevuti in prefettura facendosi portavoce dei disagi degli enti locali e sottolineando i "gravi problemi di ordine pubblico che si accompagnano ad un progressivo dramma social"e. Durante l'incontro, cui hanno preso parte, tra gli altri, anche i sindaci dei comuni di Corleone, Termini Imerese, Vicari, Petralia Sottana, Prizzi, Lascari e Chiusa Sclafani, Giuseppe Siviglia, anche in qualita' di sindaco di San Giuseppe Jato, ha ribadito: "La manovra finanziaria, oltre ad operare un pesantissimo taglio dei trasferimenti ai comuni, inasprisce il sistema sanzionatorio per chi viola il patto di stabilita', costringendoci a sbattere la porta in faccia ai precari che, da oltre vent'anni, lavorano nella pubblica amministrazione. Non solo tra questi c'e' gente che ha sempre lavorato con grande impegno e professionalita', ma molti di loro sono stati le colonne di servizi importanti come l'anagrafe o la polizia municipale. Non rinnovare il contratto a queste persone significa non essere in grado di offrire alle citta' i servizi essenziali". "Stiamo chiedendo - ha aggiunto Mario Emanuele Alvano - per i comuni siciliani l'attenzione dovuta ad una situazione cosi' drammatica, tenuto conto che oltre al taglio dei fondi e alle sanzioni aggravate, a differenza del resto d'Italia, la Sicilia si trova a fare i conti anche con un bacino di precari che, in molte amministrazioni, garantisce servizi vitali per i cittadini". Al termine dell'incontro i rappresentanti dell'Anci Sicilia hanno ribadito che, in assenza di risposte concrete, sono pronti ad organizzare un'ulteriore manifestazione nella capitale. (AGI)

Nicola Graffagnini: Il terremoto de L'Aquila, mi sento vicino al Sindaco Cialente

Vorrei riflettere, sui fatti del terremoto de L’Aquila, oggi che i riflettori delle Tv sembrano tutti stranamente spenti.
Fin dalle prime battute del terremoto, mi ricordo che il Premier si è voluto misurare con questo drammatico fenomeno naturale, “entrando” dentro la notizia numerose volte, per vicinanza alla popolazione e per indicare le linee di intervento per l’emergenza.
Secondo alcuni guru americani della notizia, …nella notizia serve entrarci dentro finchè è calda, si chiama : "metodo del cucchiaino", il premier se ne è avvantaggiato numerose volte, almeno 30 se non andiamo errati, per sovrintendere alla fase 1.
Ma non solo..per il “metodo” ha sacrificato in un batter d’occhio i progetti costruttivi G8 di La Maddalena, per canalizzare l’attenzione della stampa mondiale sulla ricostruzione di una delle città d’arte più belle d’Italia.
Oggi vorrei riflettere insieme a Voi, dove e perché si è interrotto il canale di comunicazione con L’Aquila ?
Forse è stata la distribuzione del film Draquila e la sua presentazione al festival di Cannes la causa di questa disaffezione ?
Forse è stata il ciclo di manifestazioni domenicali delle carriole per liberare la città dalle macerie ?
Altri dicono che il blocco sia dovuto allo scandalo suscitato dall’inchiesta sui lavori de La Maddalena della Protezione Civile.
Forse, forse … ma non si è sicuri, questo è purtroppo il destino dei regimi che si basano sul leader carismatico che tutto conosce e tutto decide e che non và contraddetto e Fini insegna.
Se vogliamo stare dentro le notizie, forse una delle verità si chiama: "Fase due" della ricostruzione.
Quando si entra nel vivo della materia da ricostruire, secondo l’esperienza richiamata dalle precedenti leggi sulle ricostruzioni, occorre che i processi decisionali si spostino da Roma verso le singole Amministrazioni locali che devono assumere sul posto le decisioni definitive di confermare il destino dei quartieri e delle case con le famose lettere A, B, C, D, ecc, che anche noi abbiamo conosciuto.
E qui misteriosamente il “ gioco del metodo” appare sgonfio, le “casse della Protezione Civile“ trasvolate a Roma e sotto inchiesta …. sembrano molto lontane.
E qui mi sfugge di fare un paragone con i fatti subiti dalla valle del Belice.

Anche da noi tanti Ministri volarono sulla Valle con gli elicotteri e addirittura immaginarono che un Ente, l’ISES, da buon pater familias, si interessasse paternalisticamente di dare una casa ai suoi figli senza chiedere consigli sulla tipologia o altro, sfornando pertanto progetti uguali per tutti i paesi e collocandoli su Aree ricavate dalle foto dei territori riprese dall’aereo.
Ci vollero 8 anni e una serie ininterrotta di sacrifici inenarrabili e di proteste civili per capire che occorreva affidare alla autorevolezza sul territorio dei Consigli Comunali l’assegnazione dei lotti e dei contributi ai privati, per accelerare finalmente la ricostruzione.

E’ ciò che ha chiesto il Sindaco gentiluomo Cialente, decidendo di convocare il Consiglio Comunale de L’Aquila davanti al Senato della Repubblica …. !
Come si vede, quando si entra nel vivo delle difficoltà di affrontare una opera mastodontica come la ricostruzione di una città di centomila abitanti e piena di opere d’arte …. da Roma si stenta di spogliarsi delle competenze a spendere…..!
E per questo mi sento molto vicino a quegli sfortunati abitanti e a quel Sindaco.

domenica 27 giugno 2010

Francesco Di Martino è stato Sindaco per diciotto anni e consigliere comunale di Contessa Entellina dal 1960 al 1990.

Francesco Di Martino è stato consigliere comunale di Contessa Entellina dal 1960 al 1990. Trenta anni dedicati fattivamente al proprio paese natio, di cui è anche stato, per diciotto anni Sindaco.

IlContessioto dedicherà nelle prossime settimane alcune pagine alla figura di questo figlio illustre di Contessa Entellina e rivolge -al contempo- un invito a tutti coloro che desiderino proporre eventuale testi di trasmetterli all'indirizzo di posta elettronica horacontessa.entellina@gmail.com per la pubblicazione.
Intendiamo iniziare -oggi- con uno scritto che Di Martino indirizzò il 28 marzo 1990 al sindaco del tempo e al Consiglio Comunale di Contessa Entellina con cui rassegnava -dopo trenta anni- il mandato di consigliere in vista della sua partecipazione alle elezioni amministrative del Comune di Palermo, dove sarebbe stato eletto -nel maggio successivo- con grande suffraggio di voti. Svolgerà infatti il ruolo di consigliere comunale di Palermo dal 1990 al 1994.
Nella lettera di dimissione, fra l'altro, si legge:

  Spero che le mie funzioni di amministratore comunale, svolte da quasi un trentennio, abbiano potuto testimoniare il sincero desiderio di lavorare, senza risparmio di energia, nell'esclusivo interesse della Comunità.
  Pur rassegnando le dimissioni, intendo proseguire questo impegno, continuando a sostenere le ragioni della nostra popolazione in tutte le sedi politiche ed istituzionali per contribuire ancora a migliorarne le condizioni economiche e sociali.
  Gli anni trascorsi al Comune di Contessa Entellina coincidono in gran parte con il periodo più significativo della mia formazione; in questo Comune infatti la passione politica ha imparato a convivere con il difficile compito di amministrare e costruire fatti concreti. Per questo -pur nell'inevitabile alternarsi di soddisfazioni, difficoltà, comuni vittorie ed amarezze- saranno anni indimenticabili, contrassegnati da un patrimonio di esperienze, professionalità, umanità e di impegno civile al quale continuerò ad attingere per proseguire, con coraggio e determinazione, gli impegni futuri. L'atto formale delle dimissioni non potrà quindi rescindere un vincolo che appartiene indelebilmente alla parte più profonda della mia esperienza umana e soprattutto, non potrà cancellare un debito di solidarietà radicato nel profondo sentimento di affetto che mi lega alla Comunità nella quale sono nato ed ho trascorso anni così importanti della mia vita.
  Questo debito non cadrà in prescrizione.
  Con la più sincera commozione e con l'orgoglio di aver fatto parte della Municipalità, invio alla Cittadinanza, al Consiglio ed alla Giunta Comunale il mio saluto più affettuoso, augurando ogni bene.
  Francesco Di Martino

Costituzione Repubblicana: Art. 55 e segg. sul Parlamento

di Lorenza Carlassare
NASCITA E DECLINO DELLE CAMERE


Fra le altre gravi distorsioni degli ultimi tempi vi è la trasformazione del Parlamento in un organo sottomesso alla volontà del governo e del Presidente del Consiglio

La seconda parte della Costituzione inizia col Parlamento che in quanto organo della rappresentanza popolare, in un sistema democratico è il centro dell’organizzazione statale in posizione di preminenza. La Corte costituzionale (sent. 106/2002), contro la pèretesa di denominare così altre Assemblee, ha riaffermato che il “nome Parlamento non ha un valore lessicale, ma … anche una valenza qualificativa, connotando, con l’organo, la posizione esclusiva che esso occupa nell’organizzazione costituzionale … in quanto solo il Parlamento è sede della rappresentanza politica nazionale”. Fra le altre gravi distorsioni degli ultimi tempi che hanno molte cause non ultima un’indegna legge elettorale, vi è la trasformazione del Parlamento in un organo sottomesso alla volontà del governo e del presidente del Consiglio.
Il Parlamento –dice la Costituzione, “si compone della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica” (art. 55 ), due camere che esercitano insieme le stesse funzioni in posizione pari: la funzione legislativa “è esercitata collettivamente dalle due Camere” (art. 70); il governo “deve avere la fiducia delle due Camere” (art. 92). Un bicameralismo paritario in discussione da sempre, oggi in particolare, in una fase storica percorsa da spinte riformiste, alla ricerca di nuovi modelli ed equilibri.
Qual è la ragione del bicameralismo ? In altri ordinamenti è la diversità della rappresentanza: di classi sociali diverse in Inghilterra, in un Parlamento che ha origini medievali (Camera dei Lords e Camera dei Comuni); dell’intero Stato l’una, degli Stati membri l’altra negli stati federali: nel senato degli Stati Uniti –organo molto potente- ogni Stato (grande o piccolo, ricco o povero) ha “due” rappresentanti eletti dai propri cittadini. Spesso invece il Senato ha minori (o diversi) poteri: nei sistemi ‘parlamentari’ come il nostro, dove il governo è legato dal rapporto di fiducia al Parlamento verso il quale è politicamente responsabile, soltanto una Camera ha il potere di dare o negare la fiducia ; in Italia, viceversa, entrambe. Il nostro è un “bicameralismo perfetto” cioè assolutamente paritario, difficile da giustificare. I progetti di riforma, da chiunque proposti, pur nelle diversità delle soluzioni tendono a differenziare le funzioni delle due Camere e a costruire il Senato come organo di rappresentanza delle autonomie territoriali: si parla di Senato delle Autonomie, di Senato delle Regioni, di Senato federale.; dizione impropria, quest’ultima, dal momento che la Repubblica Italiana non è una repubblica federale, ma per la forza suggestiva dei nomi sarà forse quellaa vincente. Nella società dell’apparenza più della sostanza, conta la sua “rappresentazione”. Un’altra proposta condivisa, almeno a parole, riguarda il numero dei parlamentari ritenuto eccessivo, ; negli Stati Uniti, con dimensioni territoriali e popolazione ben superiori, il Senato conta appena un centinaio di membri.
“Il Parlamento si riunisce in seduta comune dei membri delle due camere nei soli casi stabiliti dalla Costituzione” (art. 55, comma 2): si tratta di pochi casi, tra i quali l’elezione del presidente della Repubblica. Ciascuna Camera, di regola, svolge i suoi lavori in piena autonomia, non solo nell’esercizio della funzione legislativa –ogni legge deve avere l’approvazione di entrambe- ma anche nel controllo politico sul governo: basta che una sola voti la sfiducia al governo per costringerlo alle dimissioni. In nome del principio di autonomia ciascuna Camera elegge fra i propri componenti il Presidente e l’ufficio di presidenza (art. 63), ciascuna “adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei componenti” (art. 64, comma 1). La maggioranza assoluta , disposta come in altri casi a tutela delle minoranze ad evitare che la maggioranza di governo possa modificare norme e procedure senza il loro concorso, non è più garanzia sufficiente in un sistema tendenzialmente bipolare. Per chi ha vinto le elezioni, grazie al premio previsto dalla legge elettorale, la maggioranza assoluta non è difficile da raggiungere ! Lasciando ad ogni Camera la propria autonomia, la Costituzione detta poche regole: oltre alla maggioranza assoluta per l’approvazione del regolamento interno, la prima è la pubblicità delle sedute in nome della conoscibilità e trasparenza dell’attività parlamentare affinchè i cittadini possano conoscere e giudicare l’operato dei loro rappresentanti., l’altra, non meno importante riguarda i quorum richiesti per le deliberazioni. Sulla necessità di criteri di garanzia per cui una Camera non possa tenere sedute con tre o quattro presenti soltanto insisteva l’on.le Ruini alla Costituente. I quorum fissati riguardano il numero legale richiesto per le sedute e la maggioranza necessaria per la validità delle deliberazioni: ‘Le deliberazioni di ciascuna Camera e del Parlamento non sono valide se non è presente la maggioranza dei loro componenti e se non sono adottate a maggioranza dei presenti, salvo che la Costituzione prescriva una maggioranza speciale’ (art. 64, comma 2). Criteri non sempre rispettati e comunque ammorbiditi dai regolamenti: fra l’altro, mentre in Senato i voti favorevoli devono superare il totale dei voti contrari e degli astenuti (come la Costituzione richiede), nel regolamento della Camera gli astenuti non sono computati ai fini della maggioranza nelle deliberazioni., il che significa che affinchè una proposta venga approvata è sufficiente che i voti favorevoli superino i voti contrari: gli astenuti, anche se numerosi, non si contano. La Corte Costituzionale ha salvato queste norme regolamentari con una dubbia sentenza giocata sulla competenza di ciascuna Camera a disciplinare il procedimento legislativo (art. 72). La ragione politica sottostante certamente è seria: molte leggi, approvate secondo il Regolamento del Senato (fuori dal numero legale dell’art. 64) avrebbero dovuto, altrimenti, essere dichiarate illegittime.

Conoscere il patrimonio culturale-religioso bizantino: V domenica di Matteo

a cura di Giuseppe Caruso
Questa domenica, quinta di Matteo, la Liturgia ci propone l’episodio degli indemoniati gadareni, un brano che ci mostra quanto sia importante l’adesione, il sì dell’uomo, affinchè Dio possa agire nella nostra vita. Gesù si trova nel paese dei Gadareni, un popolo sicuramente non rispettoso della Legge di Dio, in quanto alleva maiali, animali impuri secondo la Torah. Qui incontra due indemoniati che vivevano nei sepolcri. I demoni, riconoscono Gesù, cosa che invece gli uomini non riescono a fare, tanto da pregarlo di andare via dal loro paese, come vedremo in seguito. L’immagine dei sepolcri, la forza di Gesù nei confronti dei demoni e la sua “debolezza” (acconsente a cacciare gli spiriti maligni nel branco di porci là vicino) e la sua “arrendevolezza” nei confronti di quegli uomini che lo rifiutavano, fa di questa scena il chiaro riflesso di una meditazione sulla passione, con tutti i chiaroscuri della potenza del Cristo Signore e del duro e spaventato rifiuto da parte degli uomini. L’espressione dei diavoli “sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?” indica bene proprio questo rapporto tra questa scena e la scena della morte di Cristo, il tempo del compimento, della vera vittoria di cristo sul maligno. Gesù, infatti, nonostante viene “cacciato” fuori dalla città per essere crocifisso sul Golgota, vincerà sul male della morte. Egli è il Signore, il cui potere però è pienamente visibile sulla Croce. Un Dio “debole” dunque, un Dio che sulla Croce chiede da bere, chiedendo in questo modo all’uomo di aiutarLo nella sua missione redentrice, L’uomo, solo se lo vuole, diviene collaboratore di Dio, il suo eccomi è essenziale. A tal proposito vorrei concludere con una breve poesia di Madre Teresa di Calcutta:
Dio non ha mani: ha le tue mani.
L'amore non ha mani: ha le tue mani.
Il pane e l'acqua non hanno le mani: hanno le tue mani.
La musica non ha mani: ha le tue mani.
Il colore non ha mani: ha le tue mani.
Il fratello non ha mani: ha le tue mani...
Tu hai le mani: aiuta Dio che ti ha donato le mani.

sabato 26 giugno 2010

“La misura dell’anima” ed. Feltrinelli, scritto da due inglesi, Richard Wilkinson e Kate Pickett

Tra le vittime dell’attuale crisi economica c’è il “mito del progresso”. Prima della crisi era tutto più semplice: un paese si giudicava in base a quanto aumentava il suo Pil in un anno. Adesso in gran parte del mondo, in quello definito più avanzato, il Prodotto Interno Lordo non cresce più e i governi si interrogano su cosa fare per migliorare la qualità della vita, pur in presenza di un arretramento (o di una mancata crescita della ricchezza complessiva di ciascun paese).
In passato la fiducia nel Progresso era divenuta una divinità certa. Il Progresso era il mito del socialismo democratico, che seppure nato a fine ottocento su presupposti marxiani era stato quasi subito attratto nell’orbita del positivismo, secondo cui tutto è destinato a crescere, accrescere, migliorare in ogni campo, dalla Scienza, all’Economia, alla situazione sociale e relazionale dell’uomo e della società. Lo Stato ha il dovere di ordinare, programmare e assecondare le forze naturali della società che, così guidate, creano condizioni sempre più soddisfacenti per tutte le categorie della società. Proprio la fiducia nel Progresso della società, il cui governo si conquista con i voti elettorali, ha distinto, storicamente, il Socialismo democratico dal Comunismo che il progresso lo vedeva solo come destino glorioso di una classe a discapito di tutte le altre, a cui il governo poteva essere sottratto con la rivoluzione.

La recente crisi, nata nel mondo della finanza, ha assestato un colpo pesante nella fiducia sul “Sol dell’Avvenire”; il Progresso in tutte le sue sfaccettature economiche-sociali-culturali, nei paesi avanzati pare sia scomparso di scena. Le conseguenze si colgono sullo stato di benessere decrescente dei ceti medi, di diseguaglianze sempre più accentuate fra le categorie della società, ma anche nelle difficoltà che in tutta Europa hanno i partiti di ispirazione socialista e di sinistra. Il presupposto della crescita graduale socio-economica della società si è bloccato e la politica del socialismo democratico di programmare, intervenire al fine di redistribuire la spesa pubblica ed i redditi, si è inceppata, con l’ovvia sostituzione nella guida dei governi di quasi tutti i paesi europei con forze politiche ‘conservatrici’, meno sensibili a migliorare il benessere generale e più propense a gestire il presente.

Una cosa è certa, lo si legge in un recente libro “La misura dell’anima” ed. Feltrinelli scritto da due inglesi, Richard Wilkinson e Kate Pickett, il tendenziale accrescimento delle diseguaglianze (chi è ricco diventa sempre più ricco e chi è povero sempre più povero) che caratterizza l’attuale momento storico, crea infelicità perché chi sta in fondo alla scala sociale vorrebbe salire se non in cima almeno nella fascia centrale, e se non ci riesce si irrita e si consegna ai succedanei, dagli psicofarmaci alla violenza.
La Felicità, oltre che uno stato interiore conseguibile per vie culturali, religiose, filosofiche, è anche un insieme di parametri oggettivi del contesto in cui viviamo e su cui lo Stato, il Governo, le Autorità di ogni livello, hanno il potere, e quindi il dovere, di intervenire. Noi, individualmente presi, con i nostri amministratori, con i nostri governanti, siamo responsabili della strada che la società persegue: puntare a potenziare quella che prima veniva chiamata la “classe media” o fare arricchire chi già ricco lo è ?

Sbaglia chi pensa che disinteressandosi della vita pubblica non influisca sul proprio avvenire. Saranno gli altri a determinare l’avvenire di tutti.

venerdì 25 giugno 2010

Contessa Entellina 2010, un paese senza memoria, identità e futuro - Riflessione amara sul perchè del declino

In politica e nelle elezioni amministrative c’è chi vince e c’è chi perde: sono due ruoli correlati e reciprocamente indispensabili. Si può vincere e si può perdere, dunque. Il punto è “come” vinci o come perdi.
Nella vita di comunità ci sono momenti sociali facili e meno facili. Anche qui, molto o tutto dipende da “come” affronti le difficoltà.
Se, alla luce di quanto ora premesso, passiamo ad esaminare il quadro della realtà umana che si dibatte a vivere Contessa Entellina è difficile non convenire che ci troviamo davanti ad una comunità debole, spenta, delusa ed infine pure depressa sia sotto il profilo sociale che economico ed ancora sotto il profilo culturale. Non prenderne atto non ci aiuta a tentare di uscire fuori dal tunnel.
La Giunta Municipale, gli amministratori, i politicanti non sono altro che lo specchio di questa realtà; e non può essere diversamente. La vecchiezza, la fiacchezza di pensiero, contraddistingue amministratori ed amministrati.
Nel nostro amatissimo paese il merito, lo spirito creativo, non vale nulla, esiste l’ipocrisia di chiamare “gruppo” il coro familistico tendenzialmente amorale dei propri accoliti, un po’ come avviene ormai in ogni campo dell’Italia berlusconiana.
Il nostro è un paese, come ci appare oggi, senza memoria, senza identità, senza idee del futuro.
Manca la memoria
All’interno della comunità di tanto in tanto ed in più circostante, come in una litania leggendaria, si recita la vicenda delle origini aërbrëshe, ma -in verità- da noi si è persa la memoria della propria Storia, del cammino percorso nei secoli dagli antenati, della ricostruzione del post terremoto e di tutto quanto hanno fatto alcuni figli di questa terra. Il nostro è un paese dove è dato scrivere sui libri pagati col pubblico denaro che Contessa è stata rappresentata nel Parlamento Siciliano da don Alfonso Cardona (cosa ovviamente falsa, in quanto il Parlamento baronale non esprimeva il popolo) e ci si scorda di scrivere che un figlio di Contessa Entellina, Francesco Di Martino, non solo ha rappresentato la comunità locale al Parlamento Siciliano democraticamente eletto ma addirittura ha portato la sua voce all’interno dell’esecutivo regionale, di cui ha fatto parte.
Da noi si confonde il racconto leggendario con la Storia (quella con la S maiuscola), la Storia vera degli uomini, quella che sa sprigionare idee durature, passioni ed entusiasmi per costruire il futuro.
Manca l’identità
Contessa Entellina non possiede più una identità perché la grandissima parte della popolazione attiva è emigrata. Non è per caso fortuito se oggi è possibile assistere a episodi secondo cui un ignorante qualunque, che arriva da Roccacannuccia, riesce, nell’apatia degli amministratori locali e della collettività tutta, ad imporre i parametri culturali di Roccacannuccia e a mandare in archivio le secolari tradizioni, cosiddette aërbrëshe.
Manca il futuro
Contessa Entellina non spera nel futuro, priva come è di guide culturali e politiche. A Contessa Entellina manca il coraggio per fronteggiare il mondo circostante che, oggi, purtroppo appare come se fosse nelle mani dei cialtroni.
Alla nostra comunità nessuno sa parlarle, nessuno sa dirle che per rischiare di vincere, di sfondare, bisogna anche rischiare di perdere. Contessa Entellina oggi si accontenta invece di perdere senza rischiare; ovviamente perde male, per non dire malissimo.
L’attuale gruppo di amministratori, o per meglio dire l’amministratore comunale -attorniato dalle cuginette-, non sa leggere la realtà e l’unico affanno che appare prioritario -su tutto- è quello di garantire il “mensile” alle comparse, come se tutto fosse solo e comunque la ricerca della propria personale sopravvivenza.
La responsabilità
Da noi nessuno sa spiegare che ciascuno è chiamato a fornire chiarimenti e a rispondere di sé e delle proprie responsabilità. Fino a quando tutto ciò non sarà parte del patrimonio interiore di tutti noi la memoria, l’identità ed il futuro (nel senso vero del loro significato) non potranno dispiegare la loro grande energia né saranno alla portata della nostra comunità.

giovedì 24 giugno 2010

NEO PATRIMONIALISMO, ovvero l'uso privatistico dei beni pubblici - Pigliamo spunto dal manifesto fatto stampare con stemma e denominazione del Comune


Il manifesto di propaganda "Comune di Contessa Entellina" ed Aquila bicipite
Abbiamo con molta severità contestato, da un paio di settimane in quà, il manifesto propagandistico diffuso dai cinque pensionati-amministratori comunali (sindaco e assessori) che per diffondere il grande orizzonte di sviluppo contenuto, a loro dire, nel bilancio di previsione 2010 del Comune, non hanno trovato di meglio che caricare sulle spalle di tutti (ovvero sulle casse comunali) il costo dell'autocelebrazione, facendo uso vergognoso della denominazione "Comune di Contessa Entellina" e dello stemma municipale in un fogliaccio "di parte". In nessuna realtà istituzionale la propaganda dei "politicante" è caricata sulle casse comunali, infatti per questo fine partitario ci sono, dovrebbero esserci, i partiti e le associazioni di supporto. Ad evidenziare la natura di parte e propagandistica del manifesto, caso mai ce ne fosse stato bisogno, ci sono l'elenco dei consiglieri buoni che hanno votato le inesistenti proposte dell'Amministrazione e quello dei consiglieri cattivi che, scritto in maiuscoletto, hanno VOTATO NO all'opera inconcludente dei cinque pensionati-indennizzati di carica.
Prescindendo da questo aspetto, ossia dall'uso arbitrario dei beni essenziali del nostro Ente (denominazione e stemma) la cui tutela dovrebbe essere di tutta la coscienza civica del paese, abbiamo, su un piano più politico, contestato la fondatezza dei contenuti ed in particolare l'insussistenza delle prime due voci di intervento contenute sul manifesto:
-Riqualificazione dell'impianto di illuminazione per €. 500.000,oo
-Ristrutturazione dell'asilo-nido per l'importo poco più consistente di €. 500.000,oo
Nessuna di queste voci infatti risulta disponibile, in termini monetari, all'interno del bilancio di previsione approvato la sera del 21 maggio dal Consiglio Comunale (la sera in cui il Sindaco Sergio Parrino, insensibile a quanto accade attorno a lui, informò che avrebbe assunto due ulteriori "precari"). La prima voce, per trasformarsi in numerario, abbisogna infatti che il Consiglio Comunale autorizzi l'accensione di un mutuo con la Cassa Depositi e Prestiti, la seconda voce non esiste in bilancio se non per una cifra di poco più di €. 40.000,oo (a fronte del fabbisogno di 500 mila, che invece si trova nel bilancio della Regione Sicilia, che guarda caso pubblica la graduatoria il 28 maggio).

Manifesto propagandistico e manipolato, quindi, del bilancio comunale !
La manipolazione è avvenuta anche sulla voce "Manutenzione viabilità rurale" dove, per occultare il mancato inserimento di Contessa Entellina per inettitudine degli amministratori comunali nel perimetro dell'area di calamità-frane di cui al decreto della Regione Sicilia, si sono iscritti sul manifesto importi per quasi €. 100.000,oo, come se nessuno sapesse interpretare le loro disordinate carte che accompagnano il Bilancio e come se non si sarebbe mai evinto che €. 75.000,oo sono i proventi dell'autovelox che -per vincolo di legge- non possono servire per i viottoli e le trazzere di campagna.

Passiamo a capire come ragionano i "politicanti".
La cosa più grave di quel manifesto non è tuttavia la manipolazione propagandistica (che in Italia non è vietata, se fatta con i soldi dei partiti) è invece la convinzione psicologica sottostante al manifesto medesimo, che convenzionalmente chiamiamo del "Neo patrimonialismo".
A Contessa Entellina la lista che ha vinto le elezioni amministrative, col 37% dei consensi, è convinta di avere diritto a poter usare l'Ente (il comune di Contessa Entellina) non per il bene pubblico, a favore di tutti i cittadini, ma per l'uso politico proprio. A questo proposito è significativa l'espressione del sindaco nella seduta consiliare del 21 maggio, quando -più o  meno- asserì di non volere delegare i suoi assessori a rappresentare il Municipio nelle Unioni di Corleone e Piana degli Albanesi,  circostanza che avrebbe consentito di recuperare il costo delle indennità di carica, perchè ogni assessore costa "nulla", cifre irrisorie, e per "ragioni politiche" non meglio precisate.

La logica
Gli odierni "politicanti" ritengono che l'Ente sia un bene "conquistato" e possa essere usato come una clava contro gli avversari politici. Quando questi chiedono l'uso della SALA RAI (pochi giorni prima era stata liberamente usata per fini ricreativi) per lo svolgimento di una assemblea cittadina -dove trattare gli aumenti folli del + 160% in materia di Tarsu- essi, gli oppositori, non ricevono nessuna risposta che possa chiarire loro, per esempio, che quel locale in base alle vigenti disposizioni è idoneo ad ospitare solamente fino a 199 persone. Non ricevono nessuna risposta, nè scritta nè verbale, perchè il "padrone" ritiene gli avversari non meritevoli di riscontro.
Quando i componenti la Giunta pubblicano un manifesto propagandistico avvalendosi dei beni essenziali e distintivi della comunità, la denominazione e lo stemma, essi effettivamente ignorano che quei beni appartengono ai cittadini in quanto tali (indipendentemente se abbiano vinto o perso le elezioni).
Essi effettivamente ignorano che la fattura fiscale di quei manifesti (che, lo ripeteremo altre mille volte, fanno uso della denominazione "Comune di Contessa Entellina") non può essere pagata da altri che dal Comune di Contessa Entellina e che il Revisore dei Conti potrebbe avere più di qualcosa da obiettare, non essendo prevista fra le spese comunali il manifesto che possa "in maiuscolino" evidenziare il NO al bilancio dei consiglieri "cattivi", ossia degli oppositori.
La propaganda di parte si fa -infatti- usando lo stemma e il simbolo del partito di appartenenza.

Un pò di storia
Quando esisteva lo stato assoluto, quello che dall'Ottocento in poi ha ceduto il passo allo stato di diritto, il patrimonio dei feudatari, dei baroni, dei nobili, si confondeva, si mescolava, in un terribile conflitto di interessi, in una costante dilapidazione del bene collettivo e del bene pubblico; in questo modo veniva alimentata la crisi fiscale dello Stato e delle Università (cioè, dei Comuni).
Oggi, dopo la parentesi dello stato di diritto, siamo ritornati a una situazione percui ciò che dovrebbe appartenere ai cittadini, sovrani gestori di questi beni, è invece espropriato dalle classi dei politicanti (a Contessa dai "vincitori" delle elezioni amministrative).

Come dovrebbe funzionare e non funziona
Le classi politiche (o, dei politicanti) dovrebbero essere solamente chiamate a regolare l'uso di quei beni, così da riconsegnarli, ogniqualvolta  ce ne fosse il bisogno, intatti ai detentori della sovranità. Ma per far ciò occorre una cultura dei beni pubblici sostenuta da una vocazione alla politica vissuta come servizio al bene comune.
La realtà odierna è che i politicanti vivono di 'politica', intesa come percorso di carriera-indennità di carica e non di vocazione. Di qui la convinzione che il patrimonio dell'Ente (denominazione, stemma, aula consiliare etc.) sia loro proprietà privata da usare contro gli avversari. Da qui la diffusa dilapidazione, in Italia,  dei patrimoni pubblici, caduti in mano alle "cricche" ed ai "furbetti dei quartierini".
Da questi politicanti, che pensano di poter conseguire il consenso elettorale mediante i "manifesti" propagandistici posti a carico del Comune (nessun privato infatti potrà osare pagare l'uso della denominazione "Comune di Contessa Entellina"), non è possibile attendersi l'efficenza del bene pubblico, perchè essi espropriano ciò che è di tutti.
Ecco perchè abbiamo definito "Neo patrimonialismo" partitocratico l'uso dei beni pubblici per fini di propaganda di parte (Stemma, denominazione etc.); neo patrimonialismo che non ha nulla da spartire con la politica intesa come servizio al bene pubblico e con l'economia produttiva, intesa come valorizzazione dei beni per migliorare la qualità della vita di tutti.

mercoledì 23 giugno 2010

Chiesa locale e chiesa universale - Una panoramica con gli occhi puntati su Contessa Entellina

Che dopo il Concilio Vaticano II ci sia stato un vero e proprio crollo della vita religiosa e della presenza ecclesiale nella vita della società civile è un fatto assodato in tutta Europa.
Se ci limitiamo all’orizzonte contessioto ci accorgiamo che la crisi è immediatamente rilevabile al livello di istituti religiosi (hanno chiuso battente sia le case delle suore basiliane di Santa Macrina che le suore collegine; le prime collaboratrici della parrocchia greca e le seconde di quella latina) che di congregazioni (oggi queste hanno solamente la funzione di vendere, o comunque di assicurare, loculi cimiteriali). La chiesa, nell’odierno mondo secolarizzato, ha perso inoltre l’importante monopolio che per millenni deteneva in materia formativa-culturale (sessant’anni fa i giovani che avevano completato la formazione elementare e venivano destinati, dalle famiglie, a proseguire gli studi non trovavano davanti a sé altro che la via del seminario –Piana degli Albanesi, Monreale, Mezzojuso-). La scuola media dell’obbligo statale è arrivata infatti nel 1963.
Oggi, a Contessa, constatiamo e riconosciamo tutti -con stima e rispetto- il grande impegno che viene profuso da Papas Nicolino Cuccia sul fronte della formazione dei ragazzi e dell’assistenza spirituale dei malati e degli anziani. Egli si muove sulla base di un indirizzo di natura pastorale, evangelico, caritativo e catechistico che coinvolge anche un discreto numero di catechisti laici. Nella sostanza l’intera sua azione si iscrive, pertinentemente, nell'orizzonte che vuole “il cristianesimo tutt'altro che una pratica esteriore".
Papas Janni Di Maggio e Padre Antonino Lala (che da noi vengono assunti a modelli per rievocare i tempi di 60-50 anni fa) spaziavano invece in campi molto più vasti e in particolar modo in quello socio-economico. Essi insieme al maresciallo dei carabinieri, al medico del paese ed al sindaco costituivano il ristretto circolo che decideva delle cose pubbliche e private dell’intera comunità. Papas Janni animava, ad esempio, il funzionamento della locale Cassa Rurale e Padre Lala ebbe un ruolo decisivo, nell’immediato dopoguerra, nella trasformazione in enfiteusi dei feudi del Principe di Giardinello che -con quell’iniziativa- furono sottratti all’incombente riforma agraria. Entrambi i parroci erano riferimento quasi esclusivi di tutta la corrispondenza burocratica e/o familiare che partiva o arrivava in paese. Scrivere per conto delle famiglie contadine lettere ai parenti emigrati o tradurre dall’inglese la corrispondenza dei parenti residenti a New Orleans era una incombenza che impegnava buona parte della giornata di Papas Janni.
Da loro dipendevano importanti strutture e mezzi sociali che avevano incidenza significativa nella vita della Comunità: Opere Pie, Congregazioni non ancora secolarizzate che includevano tutte le famiglie del paese, borse di studio da far valere per la prosecuzione degli studi dei giovani nei seminari.
Sono passati sessant’anni, ma sembrano due secoli.
(Continua)

Manovra fiscale: lacrime e sangue per i pensionati e le fasce deboli che dovranno contribuire con €. 25 miliardi. Non un solo Euro da parte delle fasce forti alla Berlusconi.

Il nostro Blog viene consultato non soltanto perchè espressivo della realtà locale contessiota ma anche perchè mediante le circolari del Patronato Inca-Cgil riporta annotazioni di natura previdenziale-assistenziale.
Riteniamo pertanto utile la pubblicazione della seguente scaletta in materia di pensionamenti dopo il varo della manovra economica governativa che si propone di raccimolare 25 miliardi di euro.
1) Addio alla pensione dopo 40 anni di contributi indipendentemente dall'età anagrafica. A causa dell'introduzione della "finestra unica" i lavoratori dipendenti potranno andare in pensione dopo 12 mesi il raggiungimento del requisiti minimi, mentre i lavoratori autonomi dopo 18 mesi. Dunque si andrà in pensione dopo 41 anni di contributi;
2) Raggiunti i 40 anni lavorativi, i contributi previdenziali successivi contribuiscono in maniera infinitesimale ad aumentare la propria pensione;
3) Le pensioni di anzianità e di vecchiaia salgono a 66 anni per gli uomini e 61 anni per le donne;
4) Le rendite d'anzianità dei lavoratori dipendenti passano da quota 96 a 97. Attualmente è possibile andare in pensione già a quota 96 (ad esempio 61 anni di età e 35 anni di contributi previdenziali) mentre dal prossimo anno la quota minima sarà di 97 (ad esempio 63 anni di età e 34 di contribuzione previdenaziale);
5) Le rendite d'anzianità dei lavoratori autonomi sono elevati a quota 98,5. Attualmente è possibile andare in pensione già a quota 96 (ad esempio 61 anni di età e 35 anni di contributi previdenziali) mentre dal prossimo anno la quota minima dei lavoratori autonomi sarà di 98,5 (ad esempio 64 anni di età e 34,5 di contribuzione previdenaziale);
6) La pensione di anzianità delle donne che lavorano nel pubblico impiego sarà elevata da 60 a 65 anni entro il 2016 anzichè il 2018 come inizialmente previsto. Anche a questa categoria sarà comunque applicata la finestra mobile che come abbiamo visto al punto 1) e 2) comporterà un anno di lavoro aggiuntivo senza beneficiare in modo significativo dei contributi pensionistici di quell'anno;
7) Il TFR dei lavoratori pubblici sarà rateizzato in due rate per i buoni uscita da 90 a 150 mila euro e in tre rate oltre i 150 mila euro;
8) Infine dal 1 gennaio 2015 l'età pensionabile sarà legata all'aspettativa di vita media. Ciò significa che maggiore sarà l'aspettativa di vita media in Italia e più tardi si andrà in pensione. L'incremento stimato è di oltre un mese all'anno, ossia ogni anno l'età pensionabile si allungherà di oltre un mese. In base a questo metodo di calcolo si prevede che nel 2024 si andrà in pensione oltre i 67 anni.

martedì 22 giugno 2010

Sabato 26 giugno 2010: II° edizione del Premio BESA 2010

Alle 16,30 di sabato prossimo, a Mezzojuso, si terrà la II° edizione del Premio Besa. Come si ricorderà la scora edizione ha visto premiato Kadarè, il maggior scrittore albanese vivente. Quest'anno destinatario del premio sarà Giuseppe Schirò Di Maggio, scrittore-poeta di Piana degli Albanesi.
Nel corso della manifestazione interverranno:
-Massimo Diano, dell'Unione Comuni Besa,
-Nicolò Cannizzaro, sindaco di Mezzojuso,
-Francesco Altimari, dell'Università di Calabria,
-Mario Giacomarra, dell'Università di Palermo,
-Matteo Mandalà, dell'Università di Palermo,
A conclusione
Giuseppe Schirò Di Maggio terrà la Lectio Magistralis del Premio.

Alle 18,30 è previsto, sotto la direzione artistica di S. Di Grigoli il "Concerto dei canti devozionali e popolari della tradizione arbërëshe e siciliana di Mezzojuso, a cura della Coop. "A. Scarlatti" di Mezzojuso.

Alle 21,oo sarà possibile degustare prodotti tipici delle Comunità Arbërëshe.

Da Contessa Entellina è prevista la partenza di un pullman per Mezzojuso alle ore 15,30, messo a disposizione dall'Unione dei Comuni "Besa".

lunedì 21 giugno 2010

La manovra finanziaria del governo: Circolare dell'INCA - RIDUZIONE DELLA SPESA IN MATERIA DI INVALIDITA'

Sede Centrale
Area tutela del danno alla persona
Area delle politiche dei diritti e del benessere
00198 Roma - Via Giovanni Paisiello 43
Telefono 06-855631 - Fax 06-85352749


Prot. n. 94 Roma, 21 giugno 2010

Oggetto: dl 78/2010, art. 10: riduzione della spesa in materia di invalidità

l'articolo 10 del decreto legge 78 del 31 maggio 2010 interviene in materia di invalidità civile, cecità, sordità, handicap e disabilità prevedendo:
1. l'aumento dal 74% all'85% delle soglia minima di invalidità prevista per l'assegno mensile di cui all'articolo 13 legge 118/71;
2. l'estensione alle prestazioni di invalidità civile, cecità, sordità, handicap, disabilità e alle invalidità di natura previdenziale della “rettifica per errore” già prevista per le malattie professionali e le rendite per infortunio;
3. sanzioni nei confronti dei medici (esercenti una professione sanitaria) che attestano falsamente uno stato di malattia o handicap che dia luogo a trattamenti economici di invalidità civile handicap o disabilità che vengono successivamente revocati per accertata insussistenza del requisito sanitario;
4. il proseguimento delle verifiche sui requisiti sanitari e reddituali fino al 2011;
5. il congelamento degli organici di sostegno per alunni in condizione di handicap.
In attesa delle eventuali modifiche in fase di conversione in legge del decreto-legge 78 citato e delle circolari applicative che saranno emanate dall'Inps, inviamo alcune prime osservazioni.



1. Aumento della percentuale di invalidità per il diritto all'assegno mensile
Il comma 1, dell'articolo 10 DL 78/2010 stabilisce una nuova percentuale di invalidità per il diritto all'assegno di invalidità civile elevando quella già prevista allo stesso fine dall'articolo 9, comma 1, del D.Lgs 509/88.
La nuova percentuale di invalidità, che aumenta di 11 punti quella previgente portandola dal 74% all'85%, si applica alle domande di invalidità civile presentate dal 1°giugno 2010.
Per le domande presentate prima del 1° giugno continuerà a trovare applicazione la previgente disposizione di cui all'articolo 9, comma 1, decreto legislativo 509 (74%).
L'individuazione del regime applicabile, quindi, secondo la nuova previsione, è opportunamente attribuito alla sola data di presentazione della domanda amministrativa, diversamente da quanto avvenne con il passaggio dalla riduzione di due terzi della capacità lavorativa al 74%, disposto dal d.Lgs 509 citato.
Tale norma infatti fece salvi solo i diritti acquisiti dagli invalidi che, alla data della sua entrata in vigore, già beneficiavano della prestazione o di quelli che già avevano ottenuto il riconoscimento dei requisiti sanitari da parte della competente commissione medica.
Solo con l’intervento della Corte Costituzionale furono fatti salvi anche i diritti acquisiti dei cittadini che, pur in presenza di domanda antecedente all’ entrata in vigore della norma di elevazione della percentuale di invalidità, fossero stati sottoposti ad accertamento sanitario in data successiva ad essa e l’insorgenza dello stato di invalidità secondo il previgente criterio si collocasse temporalmente prima dell’entrata in vigore della norma di elevazione della percentuale. (Corte Cost. sentenza n. 209 del 29 maggio 1995).
Sebbene la disposizione dell'articolo 10 in esame disponga l'applicazione della nuova e più restrittiva percentuale d'invalidità alle domande presentate dal 1° giugno, è doveroso sottolineare che in alcuni casi la sola presentazione della domanda entro il 31 maggio 2010 non garantisce la possibilità di accedere all'assegno con un'invalidità del 74%.
Infatti, oltre alla domanda presentata nei suddetti termini, è necessario che, in sede di accertamento sanitario, il requisito risulti esistere alla data della domanda. Diversamente, nei casi in cui la preposta Commissione medica differisca l'insorgenza dell'invalidità in data successiva al 1° giugno, per accedere al diritto all'assegno, sarà necessario ottenere la nuova percentuale di invalidità dell'85%. In tale caso, oltre al differimento della data di insorgenza dell'invalidità, occorrerà contestare l'esito dell'accertamento sanitario .
Inoltre, anche se il requisito sanitario è accertato come esistente a far data dalla domanda (presentata entro il 31 maggio 2010) ma la concessione della prestazione è negata all' origine, con decreto di reiezione notificato all’interessato, per insussistenza del requisito reddituale, sussistendo l'obbligo di una nuova domanda amministrativa e quindi di un nuovo procedimento che involge anche la fase dell'accertamento sanitario, in sede di nuovo accertamento, si terrà conto della nuova percentuale d'invalidità dell'85%.
In tali fattispecie, nonostante l'orientamento della Cassazione, riteniamo non debba essere necessaria la nuova domanda amministrativa dovendosi ritenere che il diritto alla prestazione sia rimasto sospeso, e non sia cessato in conseguenza del temporaneo superamento della soglia reddituale.
La nuova domanda amministrativa coinvolge anche i casi di revoca dell'assegno mensile per superamento del limite reddituale a causa esclusivamente di eventi che incidono in maniera costante sul patrimonio dell’interessato, come ad esempio l’erogazione di altre prestazioni a carico dell’Inps o di altro Ente o Stato estero. In tali casi, infatti, secondo le indicazioni dell'Inps ,l’eventuale istanza di “riesame” negli anni successivi assume valore di nuova domanda amministrativa e quindi nuovo accertamento sanitario con conseguente applicazione della nuova percentuale di invalidità. Anche i questi casi, seppur rari, riteniamo che il superamento del limite reddituale per eventi di natura costante deve dar luogo alla sospensione e all' eventuale successivo ripristino della prestazione, senza la necessità di nuova domanda, così come avviene quando la causa del superamento dello stesso limite è da riferire a redditi di natura temporanea visto che nessuna norma pone un discrimine tra i suddetti redditi ai fini della loro individuazione per il diritto alle prestazioni di cui si parla.
Per quanto relativo all'accertamento sanitario sulla sussistenza dei requisiti che hanno dato luogo alla prestazione, è indiscutibile che lo stesso accertamento debba essere espletato con riferimento alle disposizioni di legge vigenti all'epoca della concessione del beneficio. Tale principio, sostenuto dalla Corte Costituzionale con la citata sentenza 209, consente al titolare di assegno mensile di assistenza, riconosciuto invalido parziale nel regime previgente e sottoposto oggi a visita di revisione, di continuare a percepire la prestazione in caso di conferma dell'invalidità al 67% (se riconosciuto invalido in vigenza dell'art.13, co.1, L.118/71) ovvero al 74% (se riconosciuto invalido in vigenza del D.Lgs 509/88). I casi valutati dalle Commissioni mediche in senso opposto alle affermazioni della Corte Costituzionale, come già da noi sottolineato, saranno contestati in sede giudiziaria (vedi circolari 148/2008, 11 e 51/2009).
Di fronte alle forti reazioni sociali suscitate dall'incremento della percentuale minima di invalidità necessaria per ottenere il diritto al riconoscimento dei benefici economici, secondo notizie di stampa il governo sarebbe intenzionato a fare marcia indietro, avendo anche verificato con l'Inps che persone prive di arti, affetti dalla sindrome di down o con patologie gravi si collocherebbero al di sotto dell' 80% di invalidità.
2. Estensione alle prestazioni di invalidità civile, cecità, sordità, handicap, disabilità e alle invalidità di natura previdenziale della “rettifica per errore”
La disposizione prevede l'applicazione della revisione per errore di cui all'art. 9 del dlgs 38/2000 - relativa all'assicurazione infortunistica INAIL - alle prestazioni economiche che conseguono ad un riconoscimento del requisito sanitario di minorazione civile, handicap ed disabilità. Come per l'INAIL, la disposizione si dovrebbe applicare soprattutto nel caso di errore riguardante requisti amministrativi (es. età anagrafica, convivenza, ricovero in istituto, limite reddituale, incompatibilità tra prestazioni, ecc.).
Non è chiaro se e come si possa applicare tale dispositivo a quei riconoscimenti che non danno luogo direttamente all'erogazione di una prestazione. Ad esempio, il riconoscimento della disabilità non dà, come noto, diritto a prestazioni economiche, ma, in base al collocamento mirato, può aver comportato l'assunzione del lavoratore disabile, garantita dalla legge 68/99.
Da una prima analisi, effettuata anche con la consulenza legale e medico-legale, derivano alcune considerazioni:
1. una verifica per errore effettuata entro il decennio comporta, in caso di errore accertato, l'annullamento della prestazione o del riconoscimento, o la riduzione della percentuale precedentemente accertata; questo può creare la perdita o il cambio del titolo del beneficio economico o, nel caso di annullamento del riconoscimento di grave handicap, la perdita del diritto alle agevolazioni lavorative previste dalla legge 104/92.
2. l'errore non è rettificabile quando viene accertato per una prestazione o un riconoscimento che risalgono oltre il decennio, e comporta il mantenimento della prestazione economica in godimento, salvo i casi di dolo o colpa grave giudizialmente accertati.



3. l'errore non è rettificabile, entro il decennio, se si utilizzano metodologie e strumenti di indagine che non erano disponibili al momento dell'accertamento del requisito sanitario da parte della Commissione Medica.
Sembrerebbe dunque chiaro che in sede di verifica sanitaria, straordinaria e ordinaria, qualora venga riscontrato un errore di valutazione riferibile al primo accertamento effettuato dalla Commissione Asl, si debba applicare tale norma sulla rettifica e quindi non si può procedere a una modificazione peggiorativa della prestazione, se non nei limiti previsti di 10 anni. Tale criterio non è applicabile nel caso di dolo o colpa grave che rimane perseguibile anche oltre il decennio.
Naturalmente la norma ribadisce il principio consolidato secondo cui se per errore si intende uno sbaglio di diagnosi, esso non potrà essere dimostrato utilizzando metodiche strumentali non esistenti all'epoca del primo accertamento.



3. Sanzioni nei confronti nei confronti dei medici
Nel caso di accertata insussistenza dei requisiti sanitari sono applicate le norme sanzionatorie, già in vigore per i pubblici dipendenti che giustificano l'assenza dal servizio con una certificazione medica falsa o una certificazione che attesta falsamente uno stato di malattia. In questi casi, prevede il comma 1 dell'articolo 55-quinquies del Dlgs 165/01 così come modificato dal Ministro Brunetta con lo scopo di contrastare il fenomeno dell'assenteismo nella pubblica amministrazione, il dipendente pubblico è punito con il carcere e con una multa. Al medico e a “chiunque concorra alla commissione del delitto” viene applicata la stessa sanzione.
del comma 3 del dl 78/10 stabilisce che le sanzioni saranno comminate a chi intenzionalmente attesta falsamente uno stato di malattia o di handicap, cui è conseguito il pagamento di trattamenti economici. Trattamenti economici successivamente revocati per accertata insussistenza dei requisiti prescritti con immediata sospensione cautelativa del pagamento degli stessi.
Pertanto, l'accertamento dell'insussistenza del requisito sanitario comporta l'applicazione a questa casistica della disciplina già esistente disposta dall'articolo 55-quinquies del Dlgs 165/2001.
Il comma 3 riespone i principi generali in materia di responsabilità professionale già in vigore ricordando che alle sanzioni penali si aggiungono anche sanzioni accessorie di carattere amministrativo.



4. Potenziamento del programma di verifica
Il comma 2 dell'articolo 20 della legge 102/2009 viene così modificato:
“L'INPS accerta altresì la permanenza dei requisiti sanitari dei confronti dei titoli di invalidità civile, cecità civile, sordità civile, handicap e disabilità. Per il triennio 2010-2012 l'INPS effettua, con le risorse umane e finanziarie previste a legislazione vigente, in via aggiuntiva all'ordinaria attività di accertamento della permanenza dei requisiti sanitari e reddituali, un programma di 100'000 verifiche per l'anno 2010 e 200'000 verifiche annue per ciascuno degli anni 2011 e 2012 nei confronti dei titolari dei benefici economici di invalidità civile”.
Con tale modifica viene cassata la previsione che individuava nell'applicazione dell'articolo 5 comma 5 del DPR 698/94 le modalità di sospensione e revoca del trattamento in caso di comprovata insussistenza dei requisiti sanitari. Tale ultima disposizione comunque non è stata mai abrogata, tant'è che è riportata al comma 3 dello stesso articolo in esame, laddove si prevedono le sanzioni per i medici che hanno attestato falsamente una malattia o un handicap da cui sono scaturite prestazioni economiche, successivamente revocate ai sensi della disposizione de cui al DPR 698 appena citata.
Una ultima osservazione nel merito riguarda quanto già illustrato precedentemente rispetto alla rettifica per errore che, pensiamo, possa essere attivata anche in sede delle 500'000 verifiche previste dal 2010 al 2012.



5. Alunno in condizione di handicap
L'accertamento dell'handicap di un alunno, in base al DPCM 185/2006, (in vigore dal 3.6.2006) è effettuato dalle commissioni mediche della Asl. Il riferimento per accertare uno stato di handicap di particolare gravità è alle classificazioni OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità).
L'accertamento collegiale deve accertare se l’alunno è soggetto in situazione di handicap ed è propedeutico alla redazione dell’analisi funzionale, cui provvede l’unità multidisciplinare, composta dal medico specialista nella patologia, dal medico specialista in neuropsichiatria infantile, dal terapista della riabilitazione e dagli operatori sociali della Asl.
Gli operatori sanitari della Asl, il personale docente curricolare e di sostegno, il docente operatore psicopedagogico (ove presente) redigono il profilo dinamico funzionale e il piano educativo individualizzato (PEI) dell’alunno e definiscono il numero delle ore di sostegno da assegnare. E' quindi l'unità multidisciplinare che deve segnalare il numero delle ore di sostegno necessarie all'alunno.
Per coordinare gli interventi e per la definizione dei provvedimenti relativi al funzionamento delle classi, gli enti locali, gli uffici scolastici regionali e le direzioni sanitarie delle Asl stipulano specifici accordi.
Infine, i direttori regionali possono autorizzare ulteriori posti di sostegno in presenza di handicap particolarmente gravi, in deroga alle norme vigenti.
Quali sono le novità introdotte dal dl 78/10 :
1. anche nel caso di accertamento collegiale dell'handicap, i componenti del collegio medico sono “responsabili di ogni eventuale danno erariale proveniente da un errata valutazione di handicap o di handicap grave”;
2. quando viene formulato il PEI, i genitori dell'alunno, gli operatori della ASL, il personale insegnante specializzato della scuola e l'insegnante operatore psico-pedagogico, devono anche individuare le risorse necessarie e il numero delle ore di sostegno finalizzate esclusivamente all'educazione e all'istruzione;
3. le ulteriori risorse professionali e materiali previste dal PEI sono a carico di altri soggetti istituzionali (comune, regione, provincia? Altri?)
In tema di alunni con disabilità va ricordata la recentissima sentenza della Corte Costituzionale (n. 80/2010) che ha stabilito l'illegittimità costituzionale della norma (art. 2, comma 413) che fissa un limite massimo al numero dei posti degli insegnanti di sostegno ed esclude (art. 2, comma 414) la possibilità di assumere insegnanti di sostegno in deroga quando nelle classi vi sono alunni con disabilità gravi.
Secondo l'Alta Corte, l'amministrazione scolastica non può compromettere il diritto del disabile ad una effettiva assistenza didattica. Nella sentenza viene inoltre ricordato che la legge 449/97 (art. 40) dispone che venga assicurata l'integrazione scolastica agli alunni disabili con interventi adeguati al tipo ed alla gravità dell'handicap, compresa la possibilità di assumere, in deroga al rapporto docenti alunni, insegnanti di sostegno con contratto a tempo determinato quando vi sono alunni con handicap particolarmente gravi.
Questa disposizione è in linea con lo spirito della legge 104 poiché considera che ad un maggior livello di disabilità debba corrispondere un maggior grado di assistenza; mentre le disposizioni della legge 244/2007 (finanziaria 2008) hanno modificato l'articolo 40 al punto da non garantire il diritto all'integrazione scolastica ai disabili che versano in condizioni di maggiore gravità.
La manovra proposta con dl 78/2010 prevede un congelamento degli organici di sostegno 2009/2010 anche per il nuovo anno scolastico stabilendo l'esclusione dal computo di ogni eventuale richiesta di adeguamento dell'organico in relazione all'aumento delle richieste.
Inoltre, al comma 5 dell'articolo che stiamo analizzando, è inserita una disposizione dedicata ai collegi medici deputati all'accertamento della condizione di handicap che è all'origine del percorso di individuazione delle cattedre di sostegno. Questa disposizione potrebbe comportare una netta diminuzione dei riconoscimenti di handicap, anche nei casi più gravi, con la conseguente netta diminuzione degli insegnanti di sostegno. Ciò è vissuto con grande apprensione dalle famiglie che hanno figli con disabilità più o meno gravi.
Inoltre, va osservato, che il rispetto della sentenza della Corte Costituzionale potrebbe comportare una tutela più garantita agli alunni con handicap avente carattere di gravità, ed una tutela inferiore nei confronti degli alunni con handicap meno gravi, cioè con disagi minori.



Conclusioni
Pur non avendo ancora conoscenza di come si evolverà la norma, è chiaro che ci troviamo ancora una volta di fronte a provvedimenti dal sapore “intimidatorio” che mirano a ridurre la tutela nei confronti della categoria dei disabili, inibendo il diritto dei cittadini a proporre domande di riconoscimento del requisito sanitario e minacciando sanzioni nei confronti dei medici.