di Giuseppe Caruso
Mentre la psichiatria e la psicologia moderna, mediante studi scientifici comprovati, iniziano ad affermare il bisogno di appartenenza dell’individuo ad una comunità fatta di storia, cultura, tradizioni, valori, a Contessa stiamo assistendo ad un fenomeno opposto: alcuni Contessioti, con la scusa di sostituire il lievito vecchio con uno nuovo, tentano di distruggere quelle plurisecolari tradizioni che ci appartengono come cittadini di Contessa e non come greci o latini. Ogni uomo è fatto di una storia che lo ha preceduto, una storia familiare, una storia religiosa, una storia comunitaria, e nell’appartenenza a queste “storie” ritrova se stesso, nella scoperta delle sue origini riscopre la sua personalità. Vorrei ricordare a questi contessioti a cui ormai la nostra cultura sembra superata, che molti disturbi di personalità (e lo dico da studente di medicina tirocinante nel reparto di psichiatria del policlinico) hanno come causa una perdita identitaria dovuta ad una carenza di valori alla cui base sta una mancanza del background personale causato da una svalutazione della propria cultura, del proprio patrimonio culturale, delle proprie tradizioni che costituiscono la basa su cui si forma la nostra personalità. Tale bisogno di questo background viene appunto chiamato dagli psichiatri “bisogno di appartenenza”. Da cattolico praticante la cosa mi lascia ancor più perplesso. Mettiamo da parte per un momento, magari ci potremo tornare in un altro intervento, la questione dell’inculturazione della fede così tanto caldeggiata dal Concilio Ecumenico Vaticano II. Quello che mi fa più soffrire è che una comunità parrocchiale, che dovrebbe essere un punto di riferimento per giovani e meno giovani, voglia spazzare via questo bisogno di appartenenza. A questo punto più che aiutare i suoi fedeli, li rende molto più vulnerabili. Per non parlare poi dell’importanza che la Chiesa cattolica ha dato sempre alla storia. Basta pensare come la disciplina “storia della Chiesa cattolica” sia appunto una materia della facoltà teologica. Tutto questo è solo un puro caso? O forse anche la Chiesa dona questa importanza fondamentale al proprio patrimonio culturale e al patrimonio culturale dell’individuo? Sono delle domande che lascio alla riflessione di tutti i contessioti soprattutto in questo momento in cui la Chiesa ricorda il quarto centenario del padre gesuita Matteo Ricci, grande missionario in Cina che non si è posto problemi di pari dignità ad ammettere l’importanza della cultura cinese, a studiarla e ad evangelizzare il popolo cinese non imponendo una cultura europea ma valorizzando e rispettando quella locale, tanto da essere venerato non solo dai cattolici ma anche dai comunisti di Mao che non distrussero la sua tomba ma continuarono a farne meta di pellegrinaggio.
Giuseppe Caruso
Nessun commento:
Posta un commento